Sul potere

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Contro la gerarchia e il dominio di Andrea Staid
Quanto il potere sia fatalmente legato al desiderio è una difficile lezione impartita da Michel Foucault e trasmessa al mondo poco tempo dopo da Gilles Deleuze. A ricordarci la profonda relazione tra i due concetti è oggi, invece,

Quanto il potere sia fatalmente legato al desiderio è una difficile lezione impartita da Michel Foucault e trasmessa al mondo poco tempo dopo da Gilles Deleuze. A ricordarci la profonda relazione tra i due concetti è oggi, invece, Matteo Meschiari, nell’introduzione di un libro piccolo, ma densissimo, scritto dall’antropologo Andrea Staid: “Contro la gerarchia e il dominio. Potere, economia e debito nelle società senza Stato” (Meltemi).
«Viviamo in una società aggressiva e competitiva, dove veniamo allenati fin da bambini alle asimmetrie uomo/donna, autoctono/straniero, padrone/salariato. Il problema della gestione del potere, insomma, ha intimamente a che fare con il desiderio delle persone».
Ma cosa desideriamo realmente? E a cosa siamo disposti a rinunciare pur di ottenerlo? La risposta hobbesiana ricadeva sulla sicurezza e sul relativo patto sociale, capace, quest’ultimo, di svelare il lato oscuro della forza. Esiste però un’altra forma di supremazia, distante dalla visione coercitiva occidentale, che non risiede nella potenza, bensì nell’anima stessa della società. L’oppressione è solo l’inclinazione che il potere ha assunto in un preciso momento storico e culturale. Osservare qualcosa di diverso significa, perciò, allontanarsi dai luoghi rassicuranti, per addentrarsi nelle geografie misconosciute che hanno saputo declinare il dominio in nuove forme. Lontana dalla visione naturale elaborata da Lévi-Strauss, la tesi di Andrea Staid utilizza lo sguardo etnografico per decostruire l’immagine oppressiva del potere e la sua mitologia. Ciò che crediamo innato è, in realtà, il risultato di una riflessione culturale, indissolubilmente legata ai «nostri concetti più intimi di onore, proprietà e libertà». Esiste un modo tradizionale in cui osserviamo il potere, un modo che abbiamo incastonato nel pensiero come fosse «una pietra miliare nella conoscenza dell’uomo», per usare le parole che Simone de Beauvoir utilizzò per descrivere il peso dell’influenza levi-straussiana sul mondo. Ne siamo rimasti ammaliati eppure, come ci ricorda Andrea Staid in questo libro, basterebbe volgere lo sguardo altrove per osservare nuove forme di potere.

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