Vite sospese

di

Data

Non ho voglia di parlare col genere umano a quest’ora del mattino. E tanto meno con una donna che se ne sta ferma sul cornicione del palazzo mentre tutti si agitano. Che scocciatura. E poi…

Non ho voglia di parlare col genere umano a quest’ora del mattino. E tanto meno con una donna che se ne sta ferma sul cornicione del palazzo mentre tutti si agitano. Che scocciatura. E poi soffro di vertigini. Aspetto ancora un po’. Magari qualcuno lì sotto riesce a convincerla e io me ne posso stare in santa pace, qui dove sto.
Perché mai ha deciso di salire alle sette del mattino sul cornicione di questo vecchio palazzo mentre avrebbe dovuto essere a casa a deliziarsi con un corroborante caffè e soprattutto evitare di invadere il mio spazio?
Penso al caffè. Una bella tazza ora ci starebbe bene. Il trambusto diventa più forte e un grido dalla strada mi scuote. Sembra che la donna abbia fatto un passo in avanti sul cornicione.
Con un sospiro mi srotolo dal sacco a pelo che mi accoglie ogni sera, mi scrollo senza far rumore e mi avvicino lentamente. Lei non si accorge della mia presenza. È esile, con un vestito rosa che le svolazza intorno al corpo, un cappello verde e un ombrello tra le mani. Cosa ci fa con un ombrello se non c’è una nuvola in tutto l’orizzonte? Lo tiene stretto come fosse un ancoraggio e ondeggia, un movimento costante. Decido che dovrà aspettare almeno che io prenda il caffè.
Torno verso il sacco a pelo. Lo ripiego con cura e accendo il fornellino a gas. La moka l’ho preparata ieri sera. La mattina sono troppo scorbutico e preferisco fare pochi gesti. Ci vorrà qualche minuto. Il borbottio del caffè che fuoriesce fa un rumore insolito. Mi giro a guardarla ma lei non si accorge di nulla. Molto bene, penso soddisfatto. Immergo il cucchiaino nella caffettiera per amalgamare il liquido. Afferro la tazza e verso il caffè fumante. Me l’ero immaginata diversa questa domenica. Mi avvicino di nuovo e con voce chiara ma pacata chiedo:
“Ne vuole una anche lei?”
La donna trasale ma resta ferma sul cornicione, le mani ancora più serrate sull’ombrello. Lentamente gira la testa. Spalanca gli occhi ma non dice niente. È la parte più divertente quando mi vedono. Sono alto un metro e novanta, ho i capelli brizzolati raccolti in una coda di cavallo, indosso sempre gli stessi jeans e un maglione nero. Anche perché ho solo questi. Vivo sul terrazzo di questo palazzo ormai da tre anni. Sono un clochard da dieci. Prima ero… Non ha importanza cosa ero.
“Ne vuole una tazza?” ripeto. La donna mi guarda sorpresa, poi accenna un no con la testa.
“Giornataccia, eh?” le dico avvicinandomi, con il caffè in mano. Mi sporgo leggermente. “Però, un bel salto, non c’è che dire.”
Lei mi osserva esterrefatta. Ha dei grandi occhi neri, profondi, su un viso minuto. Non ha ancora detto una parola. Sotto di lei, il brusio si è interrotto. Si sono accorti della mia presenza. Sono a un metro da lei e ne avverto il profumo: violetta, con una nota di sandalo. È immobile, ma sento i suoi occhi che mi seguono attenti. Mi siedo ad una certa distanza, senza parlare e comincio a prepararmi una sigaretta con gesti precisi. Apro la scatola del tabacco, lo annuso; ne metto un po’ sulla cartina, la arrotolo con cura e la bagno leggermente per sigillarla.
“Ha sbagliato il quantitativo di tabacco!”
L’esclamazione mi coglie di sorpresa.
“Ne ha messo troppo poco e non dovrebbe mai pigiare così, ne altera il sapore.”
Sono così esterrefatto da non riuscire a replicare subito. La donna è sempre sul cornicione, con il busto leggermente ruotato verso di me. La voce è nitida.
“Mi scusi, non volevo essere invadente.”
Una sonora risata mi esce dalla gola.
“Questa poi. Non mi era mai successo che una futura suicida mi riprendesse sul come fare le sigarette.”
Stavo ridendo davvero.
Lei accenna un debole sorriso.
“Mi piacciono le cose fatte bene”
“Ah, una precisina. Allora forse è suo marito che avrebbe dovuto suicidarsi!” Vedo il volto irrigidirsi.
“Battuta infelice, mi scusi, ma deve ammettere che la situazione è alquanto bizzarra.”
Continuo accendendomi la sigaretta malfatta e tirando una profonda boccata. Espiro facendo tanti piccoli cerchi, senza fretta.
“Sì, lo è.”
E accenna un nuovo sorriso che evidenzia le fossette. La osservo, mentre gusto la sigaretta. Faccio un tiro, poi un altro, socchiudo gli occhi continuando a sbirciarla.
“Mi scusi se l’ho disturbata, non era mia intenzione” dice sempre guardando avanti a sé, nel vuoto.
“Si figuri! Non capita mai niente di interessante quassù” le dico mentre un altro anello di fumo mi esce dalla bocca. Accenna un nuovo sorriso.
“Lei è strano. È l’unica persona che non mi ha chiesto perché…”
Non conclude la frase. Altro anello di fumo. Devo stare attento. Non voglio prolungare troppo la questione. È domenica e ho altro da fare. È stranamente calma per una che sta per fare ciao ciao alla vita.
“Francamente non mi interessa. Lei è una donna adulta e se ha scelto di essere qui, in questo preciso giorno, avrà le sue motivazioni. Siamo così tanti su questo pianeta, che uno in più o in meno che differenza vuole che faccia? Almeno per me.”
“È quello che penso anche io.”
Dice più a sé stessa che a me. Guardo l’orologio. Sono già le dieci.
“Pensa di impiegare ancora molto?”
Chiedo spegnendo il mozzicone di sigaretta.
“A far cosa?”
“A fare il salto, a buttarsi, insomma.”
Mi guarda stralunata e poi scoppia a ridere.
“Lei crede che mi voglia suicidare?”
“Ah, no? Una donna, su un cornicione, alle sette di mattina, con la polizia e il marito sotto al palazzo che gridano, cosa ci farebbe?”
Si gira completamente verso di me con un gran sorriso.
“Io veramente non ho la più pallida idea di chi sia quell’uomo in strada e perché urlino verso di me. Non mi è mai successo. Eppure, salgo sui terrazzi ogni domenica. Sto cercando il cornicione perfetto, la distanza corretta tra terrazzo e terrazzo, l’altezza ottimale. Sono una funambola” conclude, scendendo con un balzo agile e atterrando proprio di fronte a me. La sorpresa mi si legge sul viso. Chi è allora tutta quella gente lì sotto e quell’uomo che continua a chiamare e soprattutto chi è questa donna che ogni domenica sale sui cornicioni e, al diavolo, non ho voglia di farmi troppe domande. Faccio un sorriso e le chiedo: “Lo vuole ora quel caffè?”.

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