Roberto Pace: Patto con il Diavolo

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Qualche tempo fa un’amica mi ha regalato un libro intitolato L’uomo nero, scritto da Roberto Pace e pubblicato nel 2001 da Fandango Libri.

Qualche tempo fa un’amica mi ha regalato un libro intitolato L’uomo nero, scritto da Roberto Pace e pubblicato nel 2001 da Fandango Libri. Una favola postmoderna che inizia con il topos letterario del pedofilo, il corruttore di bambini vestito di nero, basso e tozzo, con il cappello a falde larghe (vi ricordate M. il mostro di Dusseldorf?), e finisce con un carnevale grottesco e fantastico al cui centro c’è la Chiesa cattolica oggetto di sottile satira. Complimentandomi con la sopraccennata amica del regalo fattomi, ella mi rivelava di avere un affair amoroso con il figlio dell’autore. Detto-fatto: venerdì mi ritrovo con una telecamera in mano, fradicio di pioggia, nell’elegante casa del Pace, vicino alla Piramide Cestia, per fare un’intervista. Questa non è un’intervista come le altre. Roberto Pace non è mica uno scrittore qualsiasi, di quelli sempre squattrinati e sfigati: è un pesce grosso, un autore cinematografico, uno sceneggiatore. Se fosse a Los Angeles scriverebbe le sceneggiature per il gotha dei produttori hollywoodiani, qui in Italia si deve accontentare delle popolarissime fiction televisive che, comunque, lo retribuiscono profumatamente.
Subito corregge i miei avventati giudizi sulla sua opera prima. Il suo romanzo è un noir-gotico con un linguaggio non usuale nella contemporanea narrativa italiana. Grottesco? Si va bene. Ci ha messo due anni a scriverlo, tra una sceneggiatura e l’altra. Ma la sua vena artistica continua: mi parla con passione del suo prossimo libro, un giallo risolto, inverosimilmente, con il metodo di Cesare Lombroso, l’inventore della criminologia moderna e della meno accreditata frenologia, quella pseudoscienza che basava il riconoscimento dei criminali sulla misurazione delle teste. Pace è colpito da questo antropologo che personalmente aprì più di 800 teste di criminali morti per trovare la ghiandola fisica del male e scrisse una intero atlante sui tratti fisionomici dei criminali. Il suo terzo libro, invece, sarà il racconto di un’autobiografica estate nell’Italia del boom economico (il Pace è del 1952). Prima di diventare sceneggiatore e poi scrittore, Roberto Pace mi racconta la sua avventurosa vita. Per un caso fortunoso ha recitato come attore in 12 film negli anni settanta. Interpretava sempre lo stesso personaggio in uno schema fisso: il ragazzetto scemo che si innamora di una donna più grande di lui che alla fine conquista. Dopo la breve carriera da attore, si trasferisce a Londra dove studia cinema e inizia al collaborare con il primo network indipendente d’Europa, Channel 4. Tornato in Italia è uno dei più accreditati serialisti e Rai e Mediaste se lo contedono. Dopo aver lavorato nel reparto Fiction della Rai, approda a Canale 5 dove è vicedirettore dal 1998 al 2002. Poi si stufa, parte, va a New York, frequenta una scuola di scrittura creativa tenuta da Jane Radcliff, pubblica una short story e parte per l’Asia. Quando torna in Italia è diventato un libero professionista della sceneggiatura: spedisce i suoi lavori e i produttori lo assumono. Il suo primo lavoro è “Domani”, un “Saranno Famosi” nostrano.
Mi spiega che il lavoro di stesura di una serie televisiva e lungo e forse più faticoso di quello di un libro con tutte le modifiche che vanno apportate. Tutte le fiction hanno una “bibbia”: un testo canonico dove sono scritte minuziosamente tutte le caratteristiche e le relazioni dei personaggi. Uno strumento fondamentale per scrivere nuove puntate e non cadere in contraddizione con il proseguo della storia. La metafora del textum per le fiction è calzante: bisogna intrecciare le storie dei singoli personaggi in orizzontale, con gli eventi in verticale.
A telecamera spenta (senza più pile), chiedo a Pace se non si sente di aver fatto un patto con il diavolo con questo lavoro per la tv. Va bene che la scrittura è un mestiere, ma non ci si sente imprigionati da un mezzo che ti censura, ti vincola e ti fagocita? Il Pace mi risponde confrontandomi i guadagni che ha ottenuto dal suo libro e quelli dalla sua prima fiction. Gli rispondo con un’altra domanda: dove si deve firmare?

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