Dino Kappa si racconta: il bassista di Venditti, Cocciante, Martini e non solo

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Oggi incontriamo Dino Kappa il bassista di grandi interpreti della musica italiana come Antonello Venditti, Riccardo Cocciante, Mia Martini e non solo. Ci presenta il suo progetto editoriale  relativo alla sua esperienza lavorativa.

Oggi incontriamo Dino Kappa il bassista di grandi interpreti della musica italiana come Antonello Venditti, Riccardo Cocciante, Mia Martini e non solo. Ci presenta il suo progetto editoriale  relativo alla sua esperienza lavorativa.

Storie e racconti di fatti accaduti tra palchi e tournée  anticipati  per Omero in questa intervista.

Comincia a parlare intanto di come ti sei avvicinato al mondo della musica?

“Già da sette anni ho avuto una certa predisposizione per la musica, mia madre, quando ascoltava la radio, si accorgeva che accompagnano spesso i brani battendo le dita a mo di tamburello su un armadio come fosse una grancassa. Da li a breve infatti mi regalarono una fisarmonica, iscrivendomi anche ad una corso a nove anni. A dodici sfruttati gli insegnamenti  per esibirmi  nei paesetti e nei matrimoni fuori Torino con altri musicisti improvvisati, pensa la paga consisteva a volte in un piatto di pasta. In seguito ho scoperto il mondo delle chitarre scoprendo gruppi alla ribalta come i Beatles e gli Shadow. Provandone una non ebbi una grande simpatia, ma a casa di una amico provai un basso di marca Davoli di strana forma. Lo provai e vidi che ero portato a suonarlo.  A l’ epoca non c’erano maestri di basso in quanto nei gruppi era ancora diffuso il contrabbasso, infatti il mio primo insegnate era un maestro di pianoforte. Si può dire quindi che alla fine sono stato un autodidatta. Alla terza lezione (avevo 14 anni) l’insegnante mi chiese se conoscevo Over the Rainbow, dopo la mia affermazione, con grande stupore mi invitò ad esibirmi con lui in varie serate, quindi mi dividevo tra lavoro in fabbrica e musica.”

Come ha fatto il tuo stile ad affascinare cantanti e musicisti per poi chiamarti a lavorare con loro?

“Lo stile l’ho trovato da solo sperimentando tecniche, Tutto è venuto fuori dal fatto che ho iniziato a suonare con il plettro (una volta il basso si suonava sempre con il plettro). Volendo passare al suono con le dita, mi sono imposto comunque l’uso dell’indice e l’anulare in quanto il suono risultava più pulito e malleabile.”

Parliamo del progetto editoriale perché hai deciso di raccontare storie e vicissitudini di personaggi come Venditti,  Cocciante,  Martini etc.?

“I media purtroppo sono pieni di gossip e storielle a volte inventate per fare scandalo o pubblicità, a me piace raccontare solo spezzoni di vita reale come esperienza vissuta. Molti cantanti o gruppi infatti mi hanno sempre delegato ad essere il loro portavoce, per serietà e competenza.”

Anticipaci qualche chicca.

“Iniziamo con Wess  (bassista e secondo cantante di R. Roberts),  Wess nasce come trombettista,  poi trombonista.  Passo al basso elettrico  in quanto la chiave di trombone e di basso. Poi conoscendomi mi chiese di suonare con lui per dedicarsi solo al canto. Mi ingaggiò anche perché il suo gruppo suonava una musica un po’ stanca, insomma portai un sound che lo affascinò. Suonai con lui fino al successo con Dori Ghezzi (e non ci lasceremo mai).”         

“Altro racconto riguarda Rita Pavone, qui chiaramente parliamo di musica italiana. Per un caso fortuito abitavo a 300 metri da casa sua a Torino. Già negli anni sessanta era una regina delle vendite, mi capitò di andare a casa sua quando lei ancora  non mi conosceva ed ero stato invitato dal fratello Fausto Tozzi in quanto anche lui aspirante cantante. Dal momento in cui eravamo io e Rita sotto contratto con la RCA, mi chiesero di fare gli arrangiamenti per i suoi brani, in pratica visto il lavoro positivo che feci, diventai si può dire un collaboratore fisso.”

“Mi ricordo una volta facemmo delle prove presso lo studio di registrazione  e nel cantare mi accorsi che la voce di Rita  non era al top in quanto non aveva fatto esercizi di riscaldamento, glielo feci notare e contrariata mi disse che andava bene, alla fine risentendosi in missaggio, senza darmi ragione, ripetette il brano. La registrazione terminò il giorno dopo. Da li in seguito per il periodo della collaborazione diventai il suo mentore.”

A livello internazionale che mi racconti?

“Tramite il gruppo Libra dal 1974 al 1977 approdai a Los Angeles per una serie di concerti, mi ricordo che il leader del gruppo della serata “the images”, famoso nello ambiente in quanto musicista di Frank Zappa e di altri autori noti, non avendo un bassista, mi chiese di suonare con loro. Dopo aver cercato di rimediare il mio basso chiuso nei camerini finalmente salii sul palco per  un’ora e mezza pensando che questo fu la svolta della mia vita. Infatti ebbi un’ ottima recensione da parte di vari magazine musicali. Collaborai anche con Buddy Miles, il batterista di Jimi Hendrix.”

“Dopo l’esperienza Americana tornai nel Paese nostrano collaborando con Rino Gaetano, ma ebbi problemi con il produttore tanto è vero che non fini il lavoro, ma quattro dei brani (sombrero, ping pong, ed io ci sto e michele o pazzo) portano sempre il mio arrangiamento.  Rino era un vero professionista e serio, mentre al di fuori del lavoro era scherzoso e divertente, poi purtroppo la collaborazione si interruppe anche per l’incidente ormai noto, dove intorno si sono dette tante cose, dal complotto massonico a quello mafioso.”

Attualmente con chi stai collaborando?

“Da dodici anni con Canto Libero e Volo a Planare con Stefania Caracciolo brava cantante che esegue le cover della Bertè. Altra collaborazione è stata con il gruppo emergente Fabrizio Servidio Band, ex Paradisi Artificiali.

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