Arrivo il sesto giorno, a giochi e racconti quasi fatti.
C’è il sole, i fullisti si mimetizzano, travestiti da villeggianti, eppure li riconosco. Alcuni siedono in disparte, chini sui portatili; altri formano gruppetti gesticolanti, si dicono ‘bravo’ e ‘brava’ a vicenda; altri ancora si torcono le mani e camminano avanti e indietro, in attesa di sapere se il racconto va bene o se dovranno lavorarci ancora. Un bassotto nero cammina in mezzo a loro. Io bevo un aperitivo, li guardo, li invidio un po’.
A pranzo scambio due parole con questo, due con quello. Ascolto brevi cronache degli esercizi fatti durante la settimana, ascolto stralci di racconti, ascolto storie in divenire, storie sulle quali c’è ancora da mettere le mani. Annuisco, sorrido, capisco poco o niente di ciò che mi dicono, ma non importa, so che il giorno dopo tutto sarà più chiaro.
Pomeriggio: c’è chi va al mare, o in piscina, o a fare due passi, ma la maggior parte dei fullisti resta, che ci sono i racconti da finire. I racconti sono importanti. Il tempo è poco. Li guardo, di nuovo chini sui portatili, e inizio a sentirla. La magia. La creatività stimolata che diventa parola su carta o su schermo e l’insieme di quelle parole che diventano abbozzi di storie e poi racconti veri; le emozioni degli insicuri e degli ansiosi che si mischiano con quelle degli spavaldi, l’adrenalina che sale al pensiero del domani. Io bevo un altro aperitivo, li guardo, penso che mi piacerebbe aver assistito alle lezioni ed essere anche io china sul portatile.
La notte si va a letto tardi. Qualcuno rimanda alla mattina le ultime correzioni, ma la maggior parte dei racconti sono pronti. C’è il tempo per le sigarette e le chiacchiere. Resto ad ascoltare altre storie, quelle non scritte, ipotesi di amori neonati e aneddoti sui primi giorni.
L’indomani l’atmosfera cambia, avverto nell’aria l’elettricità della tensione che sale. Una tensione bella, l’attesa del far ascoltare agli altri la fatica di giorni pieni e creativi. Molti dei fullisti si trasformano, smettono di mimetizzarsi. Le donne si truccano, mettono i tacchi e un bel vestito. Gli uomini si cambiano la maglietta. La lettura dura tutto il pomeriggio. Ascolto voci sicure dare forza ai testi e voci incerte farsi via via più decise. Voci che dicono: questo sono io. Ascolto una voce amica e familiare leggere un racconto meraviglioso. Scatto foto a quella voce. Applaudo, in mezzo agli applausi. Il bassotto va a caccia di bottigliette di plastica. I fullisti si abbracciano, si congratulano col vincitore, ridono, la tensione si slabbra, è il tramonto, poi è notte. Bevo un altro bicchiere di vino rosso. Li guardo. Penso ‘chissà, magari l’anno prossimo’.
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