A Quiet Passion di Terence Davies
Terence Davies, con la sua macchina da presa, ci invita a prendere il tè a casa Dickinson.
Terence Davies, con la sua macchina da presa, ci invita a prendere il tè a casa Dickinson.
Il Ballo delle Debuttanti è l’evento omerico più atteso dell’anno. Dove i migliori racconti scritti durante la stagione si sfidano di fronte a una giuria di editor di case editrici…
L’omino entra nel bar con lo sguardo fisso sul pavimento. Il suo “buongiorno” detto con un tono di voce troppo basso per essere sentito, si perde tra le chiacchiere dei clienti.
Il paltò marrone che indossa è troppo grande per lui e pesante per le temperature di questi giorni.
Li avevo già trovati lì. Chissà in quale stazione erano saliti. Lei era ansiosa, temeva che il ritardo facesse saltare il loro appuntamento. Lui la rassicurò. Avevano tutto il tempo.
È notte? È giorno?
Un rumore mi ha strappato al sonno.
Rimango ferma sotto il piumone.
Al caldo.
In ascolto.
Giornata di pioggia. Umido. Freschezza. Purezza. Poi il sole. La rugiada che scorre tra le foglie. Lascia un serpeggiante rivolo d’acqua. Un minuscolo torrente che viaggia tra le sinuose increspature dei miei rami.
Cosa vuol dire quando un pesce ti attraversa la strada? Vuol dire che sei in Sri-Lanka, ce lo illustra Sandro Russo con immagini e parole
Niente più di una stanza, una sedia, un pezzo di carta, una finestra e un prete.
La sedia di legno piuttosto robusto accoglie il prete concentrato nel leggere un foglio di carta sottile, a prima vista una pergamena antica o antichizzata,
Ho un pappagallo irascibile con la sindrome di Tourette.
La mattina mi sveglia: “Alza il culo! Alza il culo!”
Quando esco di casa: “Vaffanculo! Vaffanculo!”
Eravamo in pochi, molti meno del giorno in cui finì la guerra, cinquant’anni prima. Leggevamo i nomi dei caduti in battaglia lungo il muro di marmo nero del mausoleo, riconoscendone il suono, tornando all’istante immediatamente prima a quello in cui sapemmo che la guerra era finita.
Gli agenti di spionaggio come me dormono poco. Più che altro di giorno con un occhio rosso sempre allertato per individuare all’occorrenza una via di fuga. Di sera, come a tutti, gli piace darsi una botta di vita, non so…
Non è sempre vero che “come le nuvole e i fiori, certi pensieri vanno goduti ‘al momento’. Il giorno dopo sono vecchi e sbiaditi”…
Dieci anni fa mio padre ha avuto un ictus. Si è svegliato una mattina e non riusciva a parlare e a muovere il braccio destro. Mia madre lo ha portato al Pronto Soccorso e noi figli siamo accorsi quello stesso giorno.
Eppure hai detto ti amo. È durato il tempo di una primavera a Madrid.
Madrid era il nostro venirci incontro. Io portavo il sole di Palermo, tu la neve di Amsterdam.
Entro nella stanza illuminata male. Fa freddo. La luce è incerta, quasi blu. Il cuore mi batte forte, ma non lo sente nessuno. La testa è come svuotata. Al centro della stanza c’è lui, mio padre. Mi tremano le gambe, gli vado incontro.
Nel 1987, lavoravo da poco, ebbi uno scontro con il direttore. Poi si venne a sapere che il disgraziato aveva combinato dei guai ed era al momento già “attenzionato” come si dice oggi, dalla Zona; sarebbe la direzione, noi la chiamavamo così.
Spezie e aromi: come hanno superato la barriera tra l’immaginazione e la realtà e sono entrate nella vita di Sandro Russo.
Parte della mia adolescenza profuma di Firenze. Marmo bianco, poroso, che ricopre scale ampie e androni con alti soffitti. I corrimano, le porte, gli infissi, sono di legno spesso e scuro. Il legno e il marmo d’inverno dormono di profumi barricati, ma d’estate respirano insieme emanando un fiato aspro e fresco, maschile, erba e sale.
Salgo velocemente al settimo piano del palazzo. La porta della casa è aperta e la donna è ancora lì. Ferma. In bilico tra vita e morte, tra speranza e follia. “Devo intervenire, non posso lasciare che succeda una simile disgrazia”.
“La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita.”
Il problema, quando leggi Joan Didion, è che ti entra sottopelle.
L’incipit de L’anno del pensiero magico è uno di quei passaggi che non riesco a togliermi dalla mente.
Amava così tanto la musica che decise di fondersi con uno spartito per pianoforte. Si narra che se decidi di suonare “Chiaro di luna” di Debussy potresti notare un omino in smoking che scappa da un La bemolle e una chiave di violino intenzionati a picchiarlo.
Sono l’amico immaginario di Max e, da che ho memoria, siamo grandi amici. Litighiamo spesso ma ogni volta riusciamo a perdonarci, o per lo meno era così fino a tre mesi fa. Era settembre. Inizia la scuola, Max ha cominciato la terza elementare.
Si può essere debitori della mimosa? Sandro Russo se lo chiede.
Per risolvere i problemi, scomponili in pezzi. Gliel’aveva detto lei, quand’era ancora tutta intera.
La quarta sala del cinema aveva pochi posti e non si riempiva nemmeno mai tanto. Del velluto blu ricopriva poltrone e pareti di quell’unico ambiente dal pavimento leggermente inclinato. La sala era stata riaperta da qualche minuto per il secondo spettacolo pomeridiano.