V. “Le poesie sono di chi se le beve”- Dome Bulfaro
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Dome Bulfaro ha interpretato la mia richiesta di luogo, di scelta di luogo della poesia come una vera e propria necessità del corpo, come un’urgenza del corpo nella parola.
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Dome Bulfaro ha interpretato la mia richiesta di luogo, di scelta di luogo della poesia come una vera e propria necessità del corpo, come un’urgenza del corpo nella parola.
A giudicare dal ritardo, seppur breve, ritratto sul volto di un anziano assessore che siede in seconda fila proprio accanto a me,ma soprattutto dal vociare diffuso che riempie la sala conferenze del centro studi italo-francese di Roma,
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La critica della contemporaneità, come cardine e come necessità di una nuova poesia civile, assume nei testi della poetessa Lidia Riviello un carattere ibrido di critica e trasformazione del linguaggio, del linguaggio del potere,
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Ridare dignità al respiro, misurarsi con la voce. Riscoprire il corpo come medium, come strumento. Il suono ancor prima del senso, il rumore della lingua. La materia sonora della parola che va oltre la pagina creando unità di senso e di suono. Un significato intrinseco, interno, viscerale.
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Un limite. È sempre un limite quello attraversato dai versi di Laura Pugno, poetessa e scrittrice romana. Una ricerca linguistica, materica, interiore. Scovare, a tratti scavare.
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Nasce così questa rubrica, come nascono le cose belle, per un caso voluto, per un idea folle, per un gioco visionario ma lucido, in cui il giornalismo culturale si meticcia con le arti visive e la poesia,
ha pubblicato con Einaudi, Rizzoli e Sellerio
con La Dragunera, Il Saggiatore (2020)
con L’ironia delle scelte obbligate, Il ciliegio (2020)
con Radio tenebre, Il seme bianco (2020)
con Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina, Astoria (2020)
con Ma non il vizio, La Caravella (2020)