
In movimento
«Ho il blocco dello scrittore.»
«Perché, sei uno scrittore?»
Non portiamo con noi solo un corpo, ma interi luoghi, spazi, distanze e vertigini.
«Bisogna essere consapevoli di cosa si sta facendo quando si racconta una storia.»
«Quindi secondo te bisognerebbe già conoscere la storia che si vuole scrivere.»
Esiste nel dialetto qualcosa di inafferrabile per la lingua italiana. Enfasi e tormento. È quel campanello che fa rumore in una stanza ben riassettata.
Quand’eravamo bambini scrivere era un atto sacrale. Ogni tentativo di mettere su carta il nostro modo di pensare il mondo includeva due versioni: la “brutta” e la “bella”. Poi siamo cresciuti.
Come raccontare l’enfasi, la palpitazione improvvisa, l’incrinatura dell’umore? A quali parole o perifrasi ricorrere? Quali sono i gesti più appropriati per muove il dolore tra le mani, sporcando le righe, cambiando foglio?
«Ci sono artigiani e artigiani.»
«Naturale. Ma che c’entra adesso?»
«No, è che stavo ragionando sul concetto di bellezza…»
Come in tutti i generi letterari, anche il Natale è dipinto di una sua particolare atmosfera. Credenti o non credenti, consumisti o meno, questi giorni di dicembre sono in grado di provocare comunque in ognuno di noi un sussulto. Un richiamo.
Quando ti accingi a scrivere un racconto o un romanzo stai per entrare in una terra inesplorata. Ancora non sai quali leggi fisiche o culturali regoleranno questo nuovo universo. Ancora non conosci bene il tuo personaggio.
x + y = 2
1 personaggio + 1 antagonista = 2 realtà in conflitto
x2 ÷ y = 1
1 personaggio ben caratterizzato ÷ il suo antagonista = 1 finale certo
[…]
«Senti un po’, ma ho visto che molti vostri allievi stanno pubblicando.»
«Vero.»
«Nonostante il Covid e il resto.»
«Già.»
«E dimmi, qual è il vostro segreto?»
Cosa abbiamo imparato dal mondo che ci circonda? A volare come gli uccelli o a nuotare come i pesci ma a non essere fratelli, come diceva qualcuno? Non ne sono sicura.
Lettore,
ormai quasi nessuno scrive lettere. O se si scrivono, in formato e-mail, tante volte risultano prive di sostanza. Lettere in cui si pensa che basta cominciare con “Caro/a…” per dar vita a una narrazione intima. Ma, lettore, quante volte tu credi a quelle parole?
Scrivere un romanzo è una montagna da scalare. Trovandoci ai suoi piedi e osservandone la cima, sentirsi intimiditi è quanto c’è di più normale. Quella è materia solo per uccelli dalle grandi ali, ci diciamo. Sarà vero?
Ti senti a un bivio. Hai una miccia nella tasca della giacca pronta a esplodere. Sei a un bivio. Da una parte puoi disinnescare la miccia e tornartene indisturbato a casa. Dall’altra…
C’è una voce interna che abita ognuno di noi. Una voce che di punto in bianco si rivolge a noi con parole chiare, inaspettate. C’è chi la sente distintamente; chi molto poco; chi fin troppo e chi per nulla. Ma lei c’è e continua a parlarci.
«Ho un blocco serio, sai? Non riesco a trovare alcun tipo di ispirazione in questo periodo.» «Interessante…» «Cos’è interessante? Ti sembrano allettanti le mie tragedie?» «Uh, che paroloni. Tragedie?» «Sì, tragedie.»
Che cosa succede quando una corda suona? Resiste a una pressione, modulandola. Ne segue una vibrazione che dalle mani del musicista giunge fino al corpo dell’ascoltatore. E non accade forse lo stesso nella letteratura?
In cosa consiste l’essenza dell’artista? Nella capacità di leggere e sentire il mondo? Nella spontaneità di cogliere i movimenti che lo circondano attraverso occhi puri
È trascorso del tempo. Le mattine assolate ci hanno riportato a ritmi, scorci e abitudini che abbiamo abitato o imparato a scoprire. Al termine di queste vacanze mi è capitato di chiedermi che fine fanno tutti i momenti che passiamo da soli
Calcinacci. Pietre arroventate. Giardini chiari. Muri bassi. Cespugli e steli sulla terra brulla che cuoce adagio sotto la luce estiva e la salsedine soffiata dal mare.
Mare. Sale. Vento. Vento mare sale. Sale e risale un pensiero in un meriggio ventoso. Una barca galleggia. Una barchetta di carta si inzuppa. Il vento. La rotta non è ancora segnata.
Vestire i panni di qualcun altro è cosa ardua e affascinante. È una sfida di non poco conto, come sa bene lo scrittore che si arrovella e riarrovella tra una stesura e l’altra di una scena.
Il bisogno di esprimersi è un bisogno primario, come bere o mangiare. Non è posticipabile, non è un desiderio che può passare in secondo piano, ma è essenziale come l’aria che respiriamo e che ci permette di restare vivi.
ha pubblicato con Einaudi, Rizzoli e Sellerio
con La Dragunera, Il Saggiatore (2020)
con L’ironia delle scelte obbligate, Il ciliegio (2020)
con Radio tenebre, Il seme bianco (2020)
con Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina, Astoria (2020)
con Ma non il vizio, La Caravella (2020)