Il buio e la luce

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Madar negli ultimi tempi ha cambiato voce, Zero lo percepisce dal tono e dalla strana inclinazione con cui gli ripete "Tranquillo, Zero, ci sono io, è tutto sotto controllo"… di Teresa Francesca Magarò

Madar negli ultimi tempi ha cambiato voce, Zero lo percepisce dal tono e dalla strana inclinazione con cui gli ripete “Tranquillo, Zero, ci sono io, è tutto sotto controllo”.
Nella navicella le luci hanno cambiato la loro intensità: si accendono, si spengono e spesso è buio. “Io non sopporto il buio, mi fa sentire solo e io non sono mai stato solo”.
Uno e Due me lo hanno sempre detto “Sei arrivato in un mattino di luce, ti abbiamo trovato davanti alla navicella sporco e sorridente. Eri strano, avevi buchi a forma di mandorle viscide e circondate da peli, muovevi contorni per esprimere suoni.
Ti abbiamo preso e sei diventato nostro. Ti muovevi senza lampeggi, solo spostando gli strati di pelle sotto le mandorle umide.
Zero ricordava quei momenti. Era solo, piccolo e, nel buio, era in panico, gli mancava il respiro, gli sembrava che dalla bocca ai polmoni non arrivasse nulla.
Era buio, buio pesto.
Il respiro arrivò solo quando Uno e Due aprirono le porte della navicella.
Lì arrivò la luce.
“Madar, dove sei? Di solito ci stai sempre intorno. Perché ora ti isoli?”
Zero non era solo, c’erano Uno e Due intenti a guidare la navicella, ma l’assenza di Madar era strana, come strana era lei da qualche giorno.
“Tranquillo Zero, ci so..è tutto s…o con….lo”
Di nuovo quel suono strozzato, di nuovo Madar non riesce a terminare la frase con cui lo aveva sempre tranquillizzato.
Anche Uno e Due sono diversi. Ora, proprio ora, si sono avvicinati a Zero, ma all’improvviso sono caduti. “Dai, alzatevi! Se è uno scherzo, siete i soliti stronzi! Dai! Guardate che capisco, anche se non sono fatto di circuiti e metallo come voi! Con la pelle le cose si capiscono lo stesso!”
Uno e Due sono a terra e il buio era sul loro schermo “Madar, Madar, vieni!”
Uno e Due si sono spenti, lo schermo è buio!”
Anche Madar non risponde, neanche con le intermittenze degli ultimi giorni, neanche con le frasi a metà o la voce strana.
Zero ha paura.
Corre, va da una parte all’altra, dal pannello di comando al magazzino dei ricambi dove di solito andava Madar per sostituire le luci o qualche filo rotto del suo circuito ormai datato. “Madar! Madar!” La sua voce si fa sempre più ingolfata, sempre più tremolante. Inizia ad avere sempre più paura Zero, inizia a sentire un liquido caldo che gli attraversa il corpo e gli ostruisce la gola, finché non la trova lì Madar, a terra, vicino alla porta.
È completamente buia Madar: non c’è nessuna luce ad illuminare il suo interruttore, non ci sono segni sullo schermo.
“Madar, Madar!” Zero grida, spera che la sua voce umana arrivi nel posto in cui Madar si è cacciata, ma non serve a nulla. Le lacrime di Zero bagnano la plastica di quel corpo alieno senza volto.
Pian piano anche la navicella si oscura e diventa buio.

Zero apre gli occhi, la luce è tornata, ma lui non è più sulla navicella. Non capisce dove si trovi, ma ha sognato di essere stato prelevato dalla sua navicella e di essere stato portato in una più grande insieme a tanti con i buchi a forma di mandorla come lui. Faceva caldo, erano stipati e tutti attaccati. Alcuni erano piccoli come lui. Altri no, erano grandi, alti e tristi. Stavano attaccati, si sentiva un odore strano, simile a quello che lui, Zero, faceva quando usciva dalla navicella e da un altro buco tirava fuori una cosa melmosa “l’impasto dei suoi giorni”, lo chiamava.
Apre gli occhi, si trova su una cosa umida e verde che gli accarezza il braccio. È una sensazione strana, gli fa quasi il solletico. Non gli era mai capitato di sentire una cosa così che gli attraversava la pelle, non era abituato a sentire morbidezza o il liquido che scivola sul corpo. Nella navicella era tutto solido, dritto, fermo. Un misto di plastica e di piombo. Freddo e duro.
“Madar, Madar!” Sei qui? Sono venuto a prenderti! Ho pregato di arrivare da te ed eccomi qua!”
Grida queste cose Zero, è convinto che la sua preghiera abbia raggiunto ILGAI, il grande capo delle intelligenze artificiali, quello che controlla tutto e da cui dipende ogni cosa: la luce o il buio; se vivi nella navicella α o in quella ω; se stai con Madar β o Madar υ.
Zero non riceve risposta. Rimane là, fermo, immobile, ma sente delle voci “Tu di dove sei? Io vengo da ω, io vengo da α”.
Zero si gira e vede i suoi stessi contorni che si muovono per parlare e buchi a forma di mandorle viscide che si aprono e si chiudono come le sue.
Non capisce, ha paura, sempre più paura.
Chi è lui? Dove si trova? Dov’è Madar? Allora chiude le mandorle, è spaventato, prega ancora ILGAI.
D’un tratto sente che qualcuno lo tocca, apre le mandorle, è uno come lui.
Non parla e lo porta con sé.
C’è una grande stanza, ci sono tutti i suoi simili e tutti gridano “Madar, Madar!” Alcuni litigano “Madar è mia! Madar sono io!”
Poi un boato. “Sono il grande ILGAI, il vostro mondo non esiste più, è stato distrutto dal consumo eccessivo, dallo sfruttamento! C’era troppa luce e troppa luce non va bene. La luce va maneggiata con cura, ha i suoi tempi. Questo è il risultato di tanto spreco”.

“Un campione di voi umani era stato mandato in quel mondo nel 6030 per vedere se la vostra presenza avesse potuto cambiare qualcosa e favorire un consumo più virtuoso di luce, ma così non è stato. Il mondo dei Madar è finito.
Ora dovrete imparare a vivere qui” continua ILGAI.
Zero è impietrito, guarda l’orizzonte e sogna di spegnersi come la sua “Madar”. Ora ama il buio.

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