Il momento era giunto. Non era una sorpresa. È scritto nelle regole della natura, dall’attimo in cui ti sei incarnato prima o poi quel momento arriva. E non puoi farci niente. Non puoi opporti. Non dipende da te. Per quanto tu ti possa essere preparato non sei mai pronto. Non sai quello che ti aspetta.
I sensi adesso percepiscono poco. Oscurità. Suoni ovattati. Nella tua mente si affastellano immagini. Il sorriso dei tuoi genitori. Ti aspetti che ci siano anche ora, ad accoglierti, ad accompagnarti in questa nuova forma di vita: dicono che funzioni così, i tuoi cari si prenderanno per sempre cura di te, sorridenti. Vedi i denti. Che impressione. Non ci sono. Crescono. Cadono. Ricrescono. Ricadono. L’inizio e la fine senza denti. A guardare una bocca solo nel momento iniziale e in quello finale sembra che non sia mai accaduto niente. E invece.
Senti agitazione intorno. Respiro affannato, ma sempre ritmico. Altre immagini. Il primo gelato, il primo bacio, la prima ragazza, ma quella poi non l’hai sposata. Neanche la seconda. Hai sposato la decima. Vi siete conosciuti al circo. Lei una trapezista. Volteggiava leggera, sembrava un angelo. C’è un medico in sala? avevano chiesto. Era inciampata camminando e cadendo si era fatta male a un polso. Le creature del cielo sono a disagio sulla terra. Tu ti sei presentato, senza essere medico. Lei è medico? Quasi. Ma non era vero. Bisogna portarla in ospedale, deve fare i raggi, qui non posso intervenire. La porto io. Sai anch’io volteggerò leggero. Le avevi detto. Diventerò astronauta. E lei aveva riso.
Intorno nessuno ride, non è il momento di ridere. Qualcuno ti ha scosso, ti muovi di un movimento che non è partito da te. Ti sembra quasi di fluttuare. Il primo giro in ottovolante. Non vedevi l’ora. Ci sei salito da solo. Tanto si è sempre soli, questo ti era chiaro. Si nasce da soli, si muore da soli. In mezzo c’è tutta una vita in cui cerchi di non sentirti solo, ma quello che fai, succede proprio a te, quello che provi, lo provi solo tu. Tenti di condividere, ma l’altro rimane sempre l’altro, provi a superare la barriera del corpo ci provi, e per un attimo forse ti illudi, ma sei sempre solo con te. Le ricorderai queste cose? Non lo sai.
Il medico sta facendo tutto quello che deve. Senti la sua voce che impartisce istruzioni, secche, rapide, risolute. Adesso hai un po’ paura. Non vorresti che accadesse. Vuoi rimanere lì, dove sei abituato, con quello che conosci. Altre immagini. Le feste di compleanno. I regali. Le torte. Il tuo cane, che hai scelto da una gabbia al canile, il suo naso umido contro il tuo polpaccio d’estate, la sua lingua, no, no sulla bocca no, e ti scansavi facendo una smorfia. Il disgusto di tuo figlio per quella medicina amara, storceva anche lui la bocca e solo sua madre, con mille acrobazie, riusciva a fargliela aprire. Le tue medicine. Varie pastiglie, di vari formati e colori, avevano sostituito via via le caramelle. Le caramelle adesso le mangiava tuo nipote. Nonno giochiamo con le costruzioni? In quello eri bravissimo, alla fine eri diventato un architetto.
Le infermiere sono sempre più presenti e vicine. La paura aumenta. Altre immagini, arrivano altre immagini. Gli applausi alla tua laurea, gli occhi di tua figlia, i tramonti d’estate, solo cose positive, tanto la vita quelle negative non le nega.
Un tunnel buio e in fondo una luce. Allora era proprio come si dice. Il momento era davvero arrivato. Ancora poco e avresti saputo.
Il tuo vagito risuonò nella sala.