Adesso ci sono i pappagalli a Primavalle, e non è uno slang per un nuovo tipo di droga. Ci sono proprio i pappagalli a Primavalle. Sono colorati e cinguettano spensierati come se quella fosse la loro casa da sempre. Non so per quale motivo ma quando ho visto un piccolo stormo di pappagalli arancioni sorvolare il commissariato di Primavalle, passando proprio davanti al bar Lupone, mi è venuta in mente una frase di una canzone, non ricordo né il titolo, né l’autore ma sono comunque certo che facesse così: “Cresciuto sulle scale, queste scale quante ne hanno viste, potessero parlare starebbero comunque zitte”.
Se effettivamente questi pappagalli fossero nati e cresciuti a Primavalle, lo saprebbero, sarebbe probabilmente un tratto dominante del loro codice genetico, l’unica specie al mondo alla quale non sarebbe mai possibile insegnare a parlare, tanto meno a cantare.
Però per ogni legge assoluta che governa e regola il cosmo, anche il microcosmo che è quello scorcio di quartiere romano, esiste un’eccezione.
Magari esiste proprio un pappagallo, nato e cresciuto tra i rami di pino che vivono sereni all’interno dei lotti, che si è ritrovato suo malgrado invischiato in affari che non competono agli uccelli. Polveri sottili che inquinano e degradano quel posto dimenticato da Dio.
Magari dopo aver visto mamma pappagallo piangere per l’ennesima bolletta che non riusciva a pagare, magari dopo averla vista versare lacrime sul rincaro dell’affitto del loro striminzito nido, beh magari il pappagallo ha deciso di fare qualcosa.
Magari ha deciso di sporcarsi le piume con quel bianco di cui tutti parlano, ha deciso di farsi coraggio, perché la via più breve non è sempre quella più facile, perché magari non è la codardia a spingere il giovane pappagallo a spingere, forse però ha contribuito alla decisione un malriposto senso di superiorità, un’arroganza alimentata da una furbizia che, diciamocelo, non è propria agli uccelli.
Forse colto in fallo il pappagallo ha deciso di vuotare il sacco, magari proprio pensando alla madre, magari questo particolare pappagallo ha finalmente cantato. Una melodia maestosa, nostalgica e colorata si è diffusa tra quei palazzi grigi, tra quelle scalette coperte dagli aghi di pino, dai culi di ragazzi in comitiva, da cadaveri di sigarette, una melodia ha risuonato tra le bottiglie di birra, tra i cassonetti ribaltati, tra i fossili dei giochi del parchetto, tra le catene che reggono inutilmente altalene vuote. Una melodia bellissima e terribile.
E magari il giorno successivo una mamma pappagallo si è trovata senza figlio, e magari del pappagallo morto non è rimasto alcun segno.
A Roma nessuno fa caso ai piccioni morti sul marciapiede, è normale, succede. Magari un pappagallo è solo un piccione che ci ha creduto troppo, magari tutti i piccioni prima di venire a Roma erano pappagalli colorati, magari i pappagalli diventano piccioni col tempo.
Magari un giorno ho sorpassato quel giovane pappagallo senza neanche accorgermene, pensando che fosse solo un altro piccione morto, lo sguardo troppo preso da ciò che stava in alto, catturato dalle coreografie dei suoi fratelli colorati nei pressi del commissariato.
Magari non ero nemmeno a conoscenza della sua tragica storia, magari se lo fossi stato non me ne sarebbe nemmeno importato.
Magari in realtà siamo tutti piccioni, tutti uccellacci grigi intenti a beccare le molliche che troviamo sull’altrettanto grigio marciapiede, a confonderci con il suolo, perché è a quello che apparteniamo.
Magari i pappagalli invece sono quell’élite di piccioni che ce l’hanno fatta, che hanno scavalcato il muro, e ci guardano dall’alto agghindati e sprezzanti, come se si fossero scordati le loro origini, o magari solo a noi sembrano così, mentre rancorosi attaccati al suolo sbattiamo maldestri le nostre deboli ali, grigi dall’invidia.
Magari se poi riuscissimo a elevarci tutti a pappagalli riusciremmo a vedere dietro le crepe, dietro una mano di colore sbiadito, magari se diventassimo tutti pappagalli ci accorgeremmo di essere solo piccioni che mentono a loro stessi.
Magari poi in realtà ho solo visto dei pappagalli sorvolare i palazzoni di Primavalle e banalmente ho pensato alla bellezza nascosta nei posti più improbabili.
Magari.