Sì, sentivo fastidio, con rispetto ma fastidio. Anche se ciò che mi infastidiva di più era il non riuscire a indovinare come si sarebbe palesato. Il motivo per il quale sarebbe arrivato ora diveniva sfocato in confronto al come.
Volendolo trattare con tutto il rispetto speravo non sarebbe apparso facendosi precedere da colpi sordi nell’altra stanza come accade soprattutto in TV.
Avrebbe potuto usare solo la voce, declamare dei versi magari: è un poeta, sebbene non proprio classico, un poeta del dopoguerra comunque.
Però mi era chiaro che avrei preferito anche una immagine, per lui non so ma per me era importante. Poteva bastare un’ombra: poterne seguire il profilo sul muro, l’ondeggiare sulle forme asimmetriche della libreria, vederla sparire inghiottita dalla porta aperta della stanza …
Ma non arrivava ancora ed era andato via il sole.
O ombra o omo certo … Per la mente mi passò Dante, chissà perché.
“Si, sono un poeta”: l’ombra era seduta su una delle sedie della cucina, se ne vedevano bene i contorni.
Era ora ho pensato. Nonostante prima provassi fastidio per il ritardo, mi sono alzata dal divano e mi sono avvicinata.
“Oh benvenuto,buongiorno. Sono davvero felice che lei sia qui. La aspettavo e mi chiedevo quali potessero essere i motivi che fanno tardare un fantasma ….”
Nessuna risposta al mio infantile tentativo di iniziare uno scambio verbale.
“Così lei è una medium… Ieri sera ha alzato la mano quando la donna che guidava la seduta ha chiesto chi volesse tentare un colloquio a due con me, in privato.”
“ No, no. Non sono una medium: ho partecipato per caso alla seduta. Ultimamente ne faccio parecchie di cose a caso o mi abbandono a seguire l’istinto.”
“E l’istinto la porta a rivolgersi ad un modesto poeta di fine Beat Generation?”
“Sa mi piace quello che scrive e anche ciò che è stato detto ieri sera . Ma la mia mano si è alzata perché … perché la poesia è eternatrice e questo fra tutto mi attira: vorrei poter guardare ciò che ho intorno, camminare, parlare come mero intelletto, senza corpo. Senza l’angoscia del male fisico, senza il terrore di provare dolore, senza la paura di morire ad ogni attimo.
Sono disposta a perderla una buona volta la vita per rimanere a girovagare fantasma, finché si potrà, pur di percepire il mondo da puro spirito.
Come avviene, come si fa?”
Si muoveva di più e non riuscivo a capire se fosse per quello che i contorni della sua ombra perdevano di nitidezza. La voce invece non aveva perso il tono sicuro.
“Sì, sono arrivato tardi. I motivi che fanno tardare un fantasma non li conosco, conosco i miei: vado dove sono atteso ma nel frattempo indugio e guardo le persone da vicino nei loro corpi, osservo sguardi ed espressioni.
Mi fermo in un bar cercando di evocare la sensazione della birra che scende giù per la gola, di aspirare il residuo del profumo di tabacco da un posacenere. Qualcuna, qualcuno a volte li abbraccerei così, senza motivo. Oppure sì, perché ridono o piangono.
Io percorro una strada senza bivi ai quali scegliere . So dove devo andare oppure non lo so ma anche prima era così. In vita, intendo.
Arrivato qui mi sono seduto nella tua cucina, si sta bene. Sperando di trovare anche qualcosa di alcolico. Sì, non posso bere ma puoi farlo tu. Beviamo una birra. Hai una birra? ”
“Sì, forse sì. Sì.”
“Ecco gusta per me ogni sapore, tu che puoi scoprire che più muovi il corpo nel mondo più usi quell’intelletto di cui vuoi essere unica espressione. Balliamo, mia cara, balliamo.”