Questo racconto è stato scritto nell’ambito di un laboratorio di scrittura creativa
“Progetto scuola-lavoro 2022/23”, tenuto presso il Liceo Scientifico Tullio Levi Civita di Roma
dalla Scuola Omero
«Tos è il videogioco più innovativo a cui abbia mai giocato negli ultimi anni, provalo!» Allegato c’era un link. Chissà con cosa se ne era uscito questa volta Marco, un ragazzo abbastanza imponente conosciuto al liceo tre anni prima, sempre su internet a smanettare con file e programmi – che ora a ripensarci non vedevo da quattro mesi. «Che roba è?» scrissi svogliato sulla tastiera. «Fidati, è davvero qualcosa di incredibile.» Mi rispose lui quasi istantaneamente. Non era il tipo da far scherzi del genere, perciò misi a scaricare il gioco e andai a cercare informazioni a riguardo su qualche forum. Ogni pagina ne parlava bene e per quanto cercassi commenti negativi non ne trovavo uno. Deve essere proprio un giocone pensai tra me e me mentre scrollavo le recensioni. Continuai così per qualche altro minuto, poi misi il casco a realtà aumentata e avviai l’applicazione. Non c’era nessun menù o schermata di caricamento, mi trovavo già in una stanza spoglia e monocromatica; in mano non avevo nessun’arma e non c’era l’ombra di un nemico. “Solo i migliori sopravvivono”. Questa scritta rossa apparsa sullo schermo aveva rotto la monotonia dell’ambiente. Davanti a me ora spuntò quella che sembrava una figura umana: aveva una testa, due braccia e due gambe tutte stranamente stilizzate. Cominciò a muovere gli arti inferiori poligonali verso di me e a posizionare quelli superiori a difesa della testa spoglia. I movimenti erano piuttosto goffi e bastò un pugno ben sferrato per farla stramazzare a terra. Passarono alcuni secondi e lo schermo si fece nero. “Ottimo lavoro”. L’ambiente era cambiato. Ora mi trovavo in quella che sembrava una stazione ferroviaria e i miei nemici erano già piazzati sulla mappa. I loro movimenti erano certamente migliorati ma riuscì ancora, senza difficoltà, a metterli fuori gioco uno dopo l’altro. Livello dopo livello venivo portato nei meandri più strani di quel luogo ma l’obiettivo rimaneva sempre lo stesso: rimanere l’ultimo in vita.
“Continua”. “Il sistema odia i deboli”. “Sollevati fino alla cima”. Le frasi, una dopo l’altra, mi spingevano a continuare. Questa volta ero armato di pistola. Difronte a me, quello che sembrava essere un casolare: tre bersagli. Non esitai a sparare. Passarono alcuni secondi e mi ritrovavo ancora lì: qualcuno doveva essere ancora in vita. Nessuno, girai tutto l’edificio più volte ma non c’era nessuno. Ero l’unico in vita ero io, eppure continuavo a rimanere confinato in quelle stanze.
“Il tuo corpo ti limita”. Schermo nero.
Ancora schermo nero. Il gioco si era arrestato. Provai a riaprirlo più volte ma fu tutto inutile. Non mi restava che chiedere a Marco.
«Ho provato Tos ma ha smesso di funzionare, hai una versione aggiornata o roba del genere?»
«Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Tieni.» Allegato c’era un altro link. Cliccai. “Aggiornamento in download, tempo richiesto 1 ora”. Dopo aver avviato la patch, non avendo nient’altro da fare, decisi di lasciare la mia stanza e di fare un giretto. Stavo giusto attraversando l’ingresso quando la voce di mia madre mi interruppe: «Visto che esci, una volta ogni tanto, vai a fare la spesa per me». Mi aveva già messo l’elenco della spesa in mano, ormai non mi rimaneva alternativa se non che mettere le scarpe incamminarmi verso il supermercato.
Lungo il tragitto percorsi diverse viuzze, le solite che percorrevo da sempre, eppure qualcosa sembrava esser cambiato. Sentivo gli occhi di tutte le persone addosso, ma non importava quanto velocemente alzassi lo sguardo, loro riuscivano per poco a girarsi altrove. Affrettai il passo nervosamente. Perché mi fissavano? Continuai a pormi questa domanda, ma solo quando arrivai al supermercato cominciai a capire: erano solo delle persone inutili, senza uno scopo. Io ero il solo ad essere rimasto in vita. Uscì di scatto dal supermercato senza aver comprato niente e ripercorsi la strada al contrario. Gli sguardi ormai non mi facevano più alcun effetto, chiunque intorno a me era momentaneo. Io, invece, ero eterno.
Quando ritornai a casa, ancora prima di varcare la porta, mia madre venne verso di me urlando qualcosa. Non distinguevo bene le sue parole e la lasciai parlare per alcuni minuti. Poi alzai lo sguardo e davanti a me comparve una figura umana: aveva una testa, due braccia e due gambe. Bastò un pugno ben sferrato per farla stramazzare a terra. Tornai al computer e avviai il gioco, il download era completato. Un nuovo ambiente si stava generando proprio in quel momento. Ero di fronte a una rampa di scale. Cominciai a salire e più salivo più tutto mi sembrava familiare. Nonostante quella strana sensazione raggiunsi finalmente una stanza, per terra giaceva una persona accasciata. Continuai a camminare e aprì la porta che dava sulla stanza adiacente. In quella stanza, seduto su una sedia, c’ero proprio io. Indossavo il casco a realtà aumentata e sugli schermi erano proiettati entrambi i me. Uno intento a giocare, l’altro armato di pistola.
“Libera la tua mente”. Ora puntavo la pistola verso l’altro me stesso. “Rinuncia al tuo corpo”.
Lo sparo fu l’ultima cosa che sentì.
Schermo nero. Ancora schermo nero. La mia mente è libera. Sono parte del gioco. Sono in cima.