Effetti speciali

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Illustrazione di Agrin Amedì
Italo custodiva un segreto. A partire dal primo innamoramento adolescenziale aveva avvertito una sorta di fenomeno visivo che riguardava il viso della ragazza che lo affascinava. L’immagine che percepiva era come iperrealista, catturava i minimi particolari del volto, ma senza alterarne le proporzioni… Rossana Carta tratteggia un mondo dove si può “vedere” solo a patto di “sentire”.

Italo, da bel ragazzo qual era aveva sempre riscosso un discreto successo con le donne. Alto e longilineo, contava su un viso aperto e proporzionato, con zigomi e mascella pronunciati nella giusta misura, occhi scuri e curiosi, e soprattutto una bocca suadente nella quale i denti grandi e regolari riempivano perfettamente lo spazio lasciato dalle labbra schiuse nel sorriso.
All’età di quarant’anni conduceva una vita da scapolone inveterato con l’eleganza e la sobrietà dovute al suo passato senza troppe ombre e al suo ruolo prestigioso in uno studio di avvocati. Custodiva però un segreto che non aveva mai svelato a nessuno. Si trattava di una particolare reazione visiva che temeva potesse essere interpretata come una sorta di invalidità o malformazione, insomma una debolezza, una incongruenza nel suo impeccabile assetto. A partire dal primo innamoramento adolescenziale aveva avvertito una sorta di fenomeno visivo che riguardava il viso della ragazza che lo affascinava. L’immagine che percepiva era come iperrealista, catturava i minimi particolari del volto ma senza alterarne le proporzioni né accentuarne le imperfezioni. Una sorta di Photoshop personale che non effettuava veri e propri ritocchi ma esaltava al massimo le linee e i volumi del volto, perfettamente inquadrati attraverso le luci più giuste.
Non poteva escludere che quanto accadeva a lui non potesse accadere anche a tutti gli altri innamorati; anzi pensava che ciò fosse molto probabile visto quello stato incantato che gli capitava di cogliere sul viso dei ragazzi intenti a osservare le loro amate. Ma non era altrettanto sicuro che gli stessi vivessero ciò viveva lui nel dopo.
Quando il suo interesse per una donna scemava, di pari passo anche l’esasperata nitidezza con cui percepiva i sublimati particolari del suo volto andava affievolendosi, lentamente scompariva, fino a quando del viso della donna non ne restava che un’ombra sfocata. Questa anomalia visiva si era manifestata in età adulta e, ultimamente, l’interesse per donne appena conosciute e dopo poco destinate al suo disinteresse, si rivelava sempre più frequente. Ciò gli provocava uno spiacevole smarrimento, quasi una vertigine.
Non ricorse al parere di un medico: escludeva problemi alla vista, che era stata sempre efficiente, fatta eccezione per i volti delle donne non più desiderate. D’altronde temeva che specificare le circostanze in cui si manifestava il disturbo visivo potesse indurre i medici, spesso inclini a convogliare talune problematiche nella sfera psichica, a formulare l’ipotesi di un suo disorientamento mentale, cioè quanto di più lontano da quell’armonioso equilibrio che riteneva di possedere.
Adottò però misure difensive: non appena i sintomi della noia e dell’indifferenza comparivano aveva imparato ad utilizzare tecniche di commiato sostitutive a quelle tradizionali prediligendo l’utilizzo di web e telefono, utili a metterlo al riparo da situazioni imbarazzanti.
Poi venne un giorno in cui squillò il cellulare e lui rispose. Dall’apparecchio una voce calda e uterina lo prese in contropiede, folgorandolo all’istante. Un timbro pieno, elegante, persuasivo. Più ascoltava più il fascino sonoro emanato dalla voce si faceva crescente, tanto da confonderlo a tal punto da comprendere a stento il nome della donna con cui parlava. Si presentò come Michela Fattori, una sconosciuta rappresentante di pubblicazioni giuridiche che gli proponeva una nuova collana di manuali tecnici. Italo fece il possibile per prolungare la chiamata interrogando Michela sui contenuti dei volumi, senza alcun reale interesse se non per la sua voce.
Riuscì a fissarle un appuntamento presso il suo studio legale per il martedì successivo.
Terminata la telefonata, rimase ad ascoltare gli echi di quella voce che risuonavano ancora dentro di lui provocandogli una sensazione sconvolgente e per lui decisamente insolita.
Più tardi gli affollarono la mente i tanti aneddoti ascoltati qua e là sulle affascinanti voci sentite telefonicamente che risultavano poi appartenere, fatalmente, a persone non altrettanto avvincenti. Ma i resoconti di tali aneddoti non riuscirono ad attenuare in alcun modo l’emozione appena provata.
Il giorno dell’appuntamento, Italo, seduto alla sua scrivania, giocherellava nervosamente con la penna aspettando Michela Fattori e quando sentì la voce pronunciare le parole “Buongiorno avvocato, posso?”, un’intensa vibrazione si propagò dallo stomaco fino a gli occhi.
Davanti alla sua scrivania una donna smilza e senza età, dai capelli chiari e sottili e un viso affilato, sorrideva, porgendogli una manina esile, incerta «Molto piacere, Michela Fattori».
La fece accomodare, così imbarazzato da riuscirgli difficile imbastire un colloquio decente.
Michela cominciò a parlare dei suoi manuali lasciando, inconsapevole, che la sua voce colonizzasse le orecchie del suo interlocutore con inarrestabili ondate di fascino.
Alla fine, Italo le ordinò l’intera collana di manuali e, prima di congedarsi, trattenne la sua mano per un tempo eccessivo nella sua e l’invitò a cena per la sera seguente.
La frequentazione tra un Italo inghiottito dalla gioia e una Michela incredula e lusingata di suscitare così tanto interesse in un uomo così attraente e prestigioso proseguì.
Ci furono momenti di grande passione ma anche di tormento per Italo, lacerato dalle nuove emozioni provata per la sola voce di Michela.
Una sera, in un rinomato ristorante, Italo, trovandosi a cena con lei, fu improvvisamente travolto da un effluvio femminile sconosciuto, appassionante e intimo e, ancora, struggente e profondo, proveniente da una elegante signora di mezza età passata. Il sentore di quel profumo provocò in Italo lo stesso intenso turbamento che lo aveva sconvolto quando aveva sentito per la prima volta la voce di Michela e capì in un lampo il destino a cui stava andando incontro: restare intrappolato dalle incursioni sensoriali che facevano assomigliare la sua vita sentimentale a una farsa, in cui lui non rappresentava nient’altro che un grottesco fantoccio. Ebbe paura, e chiuse gli occhi. Dimenticò tutto ciò che gli era intorno e desiderò con straziante intensità quanto di più lontano dai suoi desideri potesse esistere: l’assoluta pace dei sensi.

Seduto su un masso, di fronte alla larga vallata incorniciata da monti maestosi, Italo fissa i giochi di ombre e colori creati dal passaggio di grandi nuvole davanti alla palla di fuoco del sole che sta scomparendo dietro le cime. Sta bene ora, lì, tra quelle montagne dalla smagliante bellezza.
Il forte belato delle sue capre gli ricorda che deve prepararsi per la mungitura. Loro, le capre, non sopportano perdite di tempo. Sorride.

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