Apre gli occhi. È nel letto, infilato sotto le coperte che l’hanno tenuto al caldo tutta la notte. Guarda il soffitto. Bianco, con qualche macchia di muffa qua e là. Prova ad alzare la testa. È pesante. Molto pesante. Le orecchie gli rimbombano. Sembrano piene di ovatta. Gli odori non sono presenti. Nulla gli sembra essere presente, tranne la luce del sole, così arancione e rossa, tenue. Fredda. Scosta le coperte su un lato. Allunga prima i piedi dal lato del letto e poi muove il bacino di conseguenza, portandosi in posizione seduta. La testa. La testa oltre a essere pesante, adesso gira. Dannatamente tanto. Si alza. Va verso l’altra stanza. Barcolla un po’ nei suoi pantaloni di flanella. Ha anche una canotta bianca. Arriva in bagno. Vomita gli ultimi istanti della notte appena passata. Si sciacqua il viso. Si lava i denti. Va in cucina. Caffè. Nero e bollente. Come sempre. Aspettando che l’acqua si riscaldi, Jack si dirige verso il mobile posto sulla parete di fronte. C’è il telefono lì. Un vecchio telefono di casa con la segreteria. Di fianco c’è il suo iPhone. Lo prende, lo guarda. Lo mette giù. Sullo schermo si intravede la foto di una bambina e di una donna. Le stesse figure sono presenti sulla foto che è di fianco al telefono, quello vecchio, con il filo bianco. Il bollitore fischia. Un sussulto, l’acqua è ormai calda. La versa nella mug nera. Pronto. Con la tazza in mano si dirige verso il salotto. Bottiglie di whisky ovunque, cartoni di pizza qua e là, lattine di Red Bull anche sul divano. Jack sposta con il piede il cartoncino di un panino e si siede sulla poltrona della scrivania. Appoggia la sua tazza sul tavolo bianco e apre il pc. Legge qualche articolo. Poi ride ed esclama: «Cristo Santo Alfred, ancora non hai capito che la scrittura non fa per te?». Jack è un giornalista. Lo si capisce dal badge che penzola sulla lampada da salotto posta di fianco alla scrivania. Dai premi che sul caminetto troneggiano e scintillano. Il telefono inizia a squillare. Jack non risponde. Lascia che lo faccia la sua segreteria. «Jack, Jack. Lo so che sei in casa. Rispondi, ti prego. Sono la mamma. Jack. Ti prego. Sono mesi che non ti sento. Ascolta…Ha chiamato il tuo capo. Ha detto che ha bisogno di te. E ha chiamato Ron, mi ha detto che sono mesi che non vai agli incontri. Perché? Perché Jack?» Jack non risponde. Gira la testa verso il telefono, poi ha indossa delle cuffiette. Niente più rumore. La madre continua a parlare nella segreteria. Appare una notifica sul pc: “Roxi e Gabrielle”. Si ferma. Respira. È il giorno dell’anniversario di morte di sua figlia e di sua moglie. Si toglie le cuffie. Si dirige al piano di sopra, salendo i gradini una volta, lentamente. Apre la stanza di Roxie. È esattamente come quattro anni prima. Apre la camera da letto sua e di sua moglie: intatta. Ancora. Sempre. Il cuscino della moglie mostra ancora una lieve fossetta. Jack spruzza il profumo di Gabrielle nella stanza. Si sdraia, e rimane lì dentro per un po’, a ricordare. Poi si sposta nella camera di Roxie. Prende il libro che Roxie amava. Mi leggi una storia Papà? Quando lui iniziava a leggere una storia diversa dalla sera precedente, Roxie lo interrompeva: No, papà. Leggimi quella di Snorkie e di Dixie. Snorkie e Dixie. Due balene. Mamma e figlio che girano per tutto l’oceano cercando Dred, il papà di Dixie, disperso a causa di una tempesta marina. Lo ritrovano e continuano a nuotare insieme per sempre. Si addormentava Roxie quando Jack le leggeva questa storia. La legge anche adesso, e si addormenta. Poi un tonfo lo sveglia. Forse un rumore che viene dall’esterno. Non lo sa. Ma non importa. Mette il libro al suo posto. Scende in salotto. Una cornice con dentro la foto di quando passarono quella giornata fantastica al parco acquatico è caduta. «No!» esclama, correndo verso la foto. Raccoglie i vetri da terra. Prende la foto. Nota un biglietto. Legge il biglietto: “Ovunque la vita ci porterà, staremo sempre insieme”, firmato Jack, Gabrielle e Roxie. Jack inizia a piangere. Dove? Dove siete? A me manca l’aria. Mi sento soffocare da quando non ci siete più! Sono solo. Mi mancano i vostri sguardi, le vostre voci, le vostre carezze. Roxie, amore di papà, dove sei? E proprio in quell’istante, dalla finestra che si affaccia verso il mare, sente uno sbuffo. Un rumore mai sentito prima. Si affaccia dalla finestra. Vede due dorsi di balena e uno schizzo d’acqua che si colora di arancione. Jack stringe il bigliettino a sé. Prende il telefono. «Ciao mamma, sì. Vengo a mangiare da te.»