Un meccanico e una voliera

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Illustrazione di Agrin Amedì
«Buongiorno, avrei un problema con il FAP!» «Il filtro antiparticolato, e che problema?» «La spia è sempre accesa, andrà sostituito il FAP immagino.» «No, che sostituire, il FAP è un sistema che le case automobilistiche installano per far arricchire i meccanici, anche se io i meccanici ricchi non li conosco. Signora, mi guardi a me, le sembro ricco?»… Federico Rizzi, dondolando su una sedia, dà vita a una avventura senza tempo.

«Buongiorno, avrei un problema con il FAP!»
«Il filtro antiparticolato, e che problema?»
«La spia è sempre accesa, andrà sostituito il FAP immagino.»
«No, che sostituire, il FAP è un sistema che le case automobilistiche installano per far arricchire i meccanici, anche se io i meccanici ricchi non li conosco. Signora, mi guardi a me, le sembro ricco?»
«Non lo so, non lo so sinceramente. Ma lei me lo potrebbe sostituire? Quanto costerebbe la riparazione?»
«Sostituire il FAP… mi faccia fare due conti: 575 euro il pezzo, ma scontato glielo metto 425 euro, io ci devo lavorare quattro ore, pure se le faccio la manodopera a 25 euro l’ora, che è più che onesto, se la portava alla Jaguar gliene chiedevano 50 di euro l’ora, sarebbero altri 100 euro. Totale, totale… ma non ci guadagno, le posso fare 500 euro. Io glielo dico però, il FAP non si sostituisce.»
«Ma se lo installano, e se la Jaguar mette una spia che segnala che va sostituito, perché non lo dovrei sostituire? E perché lei non me lo vuole sostituire? Le pago i suoi 500 euro, non è un problema, anche di più, mi dica lei!»
«Va bene signora, se proprio ci tiene, glielo sostituisco!»
«Oh, bene. Quando posso lasciarle la macchina?»
«Adesso, e può tornare a ora di pranzo, per l’una e mezza che poi, qui, si mangia.»
«A ora di pranzo? Ma sono le 9 e mezza; è in grado di sostituirlo in così poco tempo?»
«Signora, lei che lavoro fa?»
«Sono un avvocato, lavoro in uno studio internazionale.»
«Bene, posso venire con lei stamattina?»
«No, non può, non è aperto a tutti!»
«Bene, neanche questa officina, ci vediamo a pranzo, a dopo!»

La signora, anzi l’avvocato, se ne andò, senza proferire parola, evidentemente delusa dall’aver sottostato alle leggi dettate da un meccanico. Inutile dire, però, che la dialettica di un meccanico di periferia con un’officina in un quartiere di lusso di Roma, che – invece delle scarpe antinfortunio, indossava un paio di scarpe stringate – attirava i clienti.
Intanto, io rimanevo sulla mia sedia, come ogni lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e venerdì da 5 anni a questa parte, incastrato fra una carcassa di una vecchia Mini di colore verde dimenticata nel 1995 da un cliente inglese.  O almeno questo narra la leggenda, perché quella Mini, a dire il vero, era di provenienza illecita, e non perché sono un mal pensante ma perché me lo aveva confermato un mio amico delle forze dell’ordine e  una schiera di gabbie di pappagalli colorati che non la finivano di pigolare e che erano stati la novità dell’anno 2020 in officina.
Mi alzai dalla sedia.
«Vado al bar, che ti porto?»
«Per me il solito, ma fai il bravo, prendi pure quattro caffè e quattro cornetti per il carrozziere e i dipendenti suoi… gli devo chiedere un favore, poi ti dico, vengono pure a pranzo.»
Mi alzai dalla sedia, questa volta sul serio, riflettendo sul fatto che il grazie, dentro quell’officina, non fosse contemplato.

«Scusi, un’informazione, mi hanno detto che c’è un meccanico su questa strada. Dove sta?»
«Sempre dritto, sulla destra, quando inizia a sentire il rumore dei pappagalli, rallenti e se lo trova davanti.»
«Ah, sta vicino a un negozio di animali?»
«Sì, più o meno.»

Proseguii, pensavo sempre a quei poveri malcapitati che si trovavano dentro quella officina… io la frequentavo tutti i giorni, ma non ci avevo portato mai a riparare nulla.
Anzi, non è vero, ci andavo solo quando sulla mia auto, o la mia moto, dovevano esser fatti dei lavori il cui margine di errore era minimo, o quando il costo della riparazione di quello che avrebbe rotto era minimo.
Non che si offendesse, anzi, gli davo una mano in altro modo, anche se lui non sapeva. Difatti non so come, ma la mia presenza in officina lo tranquillizzava. Io ero quello che aveva studiato medicina, che si era specializzato in psichiatria, e che di lavorare non aveva voglia, perché chi deve lavorare non ha tempo di essere depresso e io – diceva lui – ero diventato depresso perché non avevo voglia di lavorare. E quando gli spiegavo che era il contrario, che avevo smesso di lavorare perché ero diventato depresso, ogni volta, era lapidario: «Le stupidaggini, dentro quest’officina, si raccontano solo ai clienti».
A me tranquillizzava lui.
Avevo studiato 15 anni per diventare psichiatra, ma nei 5 anni in cui ho frequentato l’officina ho imparato di più, e non dai testi ma dalle parole di un illustre meccanico che non trovava mai una soluzione a ogni problema e ti convinceva a credere che il problema non esistesse e, se non esisteva il problema, non esisteva nemmeno la soluzione… e il tempo perduto a trovare la soluzione, invece, lo si sarebbe potuto impiegare per essere felici e, ancor di più, per far felici gli altri: così mi diceva il meccanico, Domenico, in arte Mimmo.

Tornai in officina con cinque caffè nella mano destra e una busta con 5 cornetti alla crema nella mano sinistra.
C’era il signore che mi aveva chiesto dove fosse il meccanico.

«Se mi lascia la macchina adesso, gliela posso ridare all’ora di pranzo.»
«La ringrazio, ma posso avere un preventivo?»
«Certamente, siamo sui 250 euro, consideri solo che il pezzo di ricambio – e può controllare – viene 200 euro.»
«Mi fido, lei è onesto, e lei consideri che un altro meccanico, un truffatore, mi ha chiesto il doppio.»
«Lo so, lo so, non si trovano più persone oneste oggigiorno. La ringrazio, a dopo.»

Tornai a sedermi sulla mia sedia, in silenzio, senza aver ricevuto un grazie per la colazione.
Osservavo Mimmo che iniziava, come tutti i giorni, a trasferire i pappagalli dalle gabbie alla voliera.
«Amori miei, ora vi faccio volare.»
Con una mano apriva la porta della gabbia poggiando su ognuna di essa un tubo ricavato da una marmitta di un autoarticolato che, a sua volta, era incastrato in un foro circolare che aveva fatto nella carrozzeria della Mini, quella dimenticata da un cliente di origini inglesi, che magari era stato lui a rubarla; uno a uno, poi, li spingeva nel tubo.
In un istante, la macchina diventava una voliera: venticinque pappagalli che volavano dentro una macchina… roba da centro di igiene mentale!
«Ma mi dici come ti va ogni mattina e ogni sera di fare questa cosa? Levali e rimettili in gabbia, levali e rimetti in gabbia…»
«Per i bambini, per i figli dei clienti… ti dico la verità, ai clienti ricchi li vendo, ai poveri li regalo. Questi al negozio di animali stanno 50 euro l’uno, non se li possono permettere tutti, non te lo scordare mai.»
A ogni modo, si erano fatte le undici e mezza e finalmente, dentro l’officina, si iniziava a lavorare.
Un’ora e mezza per comprare due pezzi di ricambio e riparare due auto.
«Mimmo, non vorrei dire nulla, ma secondo me sei in ritardo. Vuoi che vada io a comprare i pezzi di ricambio?»
«No, ho tutto, stai sereno.»
«Hai tutto?»
«Tutto no, ma il FAP lo smonto e stacco la spia, tanto non serve a niente, e la signora sarà felice e va bene così. Comunque, fammi lavorare, ci sentiamo per pranzo, a pranzo ci facciamo una carbonara qua in officina, vengono pure il carrozziere e i dipendenti suoi che gli devo chiedere un favore, quello che ti dicevo stamattina. C’è un amico che abita dalle parti mie, ma abita dentro un camper, gli è iniziata a entrare l’acqua dal tetto, devo chiedere al carrozziere se la ripara lui, gli dirò il camper è mio.»
«Comunque, tu vai a fare la spesa e compra le uova, quelle allevate a terra, sennò non le mangio, e il guanciale, quello di Amatrice, sennò non lo mangio, poi alle 12 e 45 accendi il fornello elettrico e metti su l’acqua, poi non toccare niente, ci penso io. Se non ci sei a pranzo, invece, vai a quel paese.»
«La spesa la faccio io ma arrivo alle 13 e 30, aspettatemi per la carbonara, ciao!»
«Ok, ora lasciami lavorare.»

Prima di andare al supermercato mi fermai all’ufficio postale. Dovevo pagare una sanzione amministrativa che l’Agenzia Regionale per la protezione ambientale aveva inflitto all’officina per il non corretto smaltimento degli oli esausti. Quando l’avevano consegnata, in officina c’ero solo io e, come sempre, senza dire nulla a Mimmo, ero andato a pagarla io, 3500 euro. E non era mica la prima volta, ogni volta che arrivavano delle lettere venivano date a me che ero considerato quello “colto”, l’unico che avrebbe potuto capire che cosa ci fosse scritto. Tutte le volte che c’era da pagare, dicevo che c’era un errore, anche quando un errore non c’era, e le andavo a pagare io! Solo quest’anno, con i 3500 euro, ero arrivato a 7000 euro.
Ma questo era l’unico modo per far sopravvivere l’officina. Anzi, per farla sopravvivere come voleva Mimmo. E per far sopravvivere me.
Dopo l’ufficio postale, andai a fare la spesa, uova allevate a terra e guanciale di Amatrice.
Tornai e le due macchine non c’erano più, al posto della auto avevano messo il tavolo, anzi, due barili di olio esausto, quello che non smaltivano e che buttavano nel tombino davanti l’officina, e sopra questi, con un cofano di una station wagon, il tavolo era allestito. A destra, sopra il ponte per le moto, il fornello a gas con l’acqua a bollire.
«Mimmo, già hai consegnato le auto?»
«No, le ha fatte sparire un mago!»
«Sempre simpatico, comunque stamattina è andata bene, hai incassato 750 euro, segno allora.»
«Sì, anzi, aiutami a fare il bonifico va, quanto mi tengo io secondo te?»
«Quanto hai lavorato?»
«Due ore, un’ora e mezza? Che dici, 50 euro per me sono troppi?»
«No, vanno bene.»
«Mi aiuti a fare il bonifico?, facciamolo prima di pranzo così mi levo il pensiero.»
«Va bene.»

Andammo al computer, dentro l’ufficio, 5 mq, una sedia, una scrivania, un computer e una parete tappezzate di calendari di signore nude, ma nude nude nude, alternati a calendari di enti benefici. Roba da centro di igiene mentale.
«Importo?»
«700 euro»
«IBAN?»
«22446688001133557799»
«Causale?»
«Nessuna, il bene si fa ma non si dice.»
«Ma ti posso chiedere per chi sono?»
«Non so se hai presente, qui viene una famiglia di stranieri con 5 figli, gli ho pure regalato 5 pappagalli, non abitano in zona, ci vengono perchè non gli faccio pagare niente, ma lo sai che ho scoperto?»
«Che hai scoperto?»
«Che ‘sti 5 bambini, il più piccolo ha 5 anni e il più grande 15 anni, non sono mai andati al mare, a malapena arrivano a fine mese, stanno proprio rovinati!»
«Allora sai che ho fatto?, sono andato qua dietro, all’agenzia di viaggi, e gli ho preso casa per una settimana, l’ultima settimana di luglio, al mare, così lo vedono. E sai a quello dell’agenzia di viaggi che gli ho detto?, gli ho detto di dire loro che avevano vinto un premio, una settimana al mare, e ho pagato io 700 euro. Ci pensa Mimmo, gli ho detto a quello dell’agenzia di viaggi. Anzi, più che detto, gliel’ho urlato.»
«Hai fatto bene. Certo, io sono cinque anni che ti conosco, ancora devo capire come ragioni… Stamattina hai truffato due persone e il guadagno lo regali?»
«Eh, truffato, esageri sempre te!»
«Truffato, truffato… per un’ora e mezzo di lavoro gli hai sfilato 750 euro.»
«Eh, sfilato, esageri sempre te!»
«Sfilato, sfilato… di quei 750 euro te ne tieni solo 50 e gli altri 700 li regali a una famiglia per andare in vacanza… ma ti pare normale?»
«E sarai normale te che passi le giornate su una sedia dentro un’officina? Se non avessi dovuto lavorare, sai dove stavo io, di certo non qua dentro! Ma senti un attimo, mi fai un conto, a quanto sto quest’anno?»
«Di persone truffate o soldi dati in beneficienza?»
«Per fortuna che ero io quello sempre simpatico.»

Andai a prendere l’agenda dove segnavo tutto, entrate e uscite.

«Allora, quest’anno, con questi due clienti, siamo a 95 persone truffate e 17500 euro dati in beneficienza.»
«E io quanto ho messo da parte invece?»
«No, da parte nulla, però ogni mese ti sei preso 1000 euro.»
«Perfetto, pure troppi per me! Vedi come si fa, tu che sei benestante e parli tanto? Invece, quando è l’ultima volta che tu hai aiutato qualcuno?»
«Stamattina…»
«E chi avresti aiutato?»
«Te… Quest’anno stiamo a 7000 euro! Senza di me avresti chiuso cinque anni fa» dissi a bassa voce, così bassa da poter vedere solo il movimento delle labbra.
«Che cosa hai detto? Alza la voce! Te? Ma se hai comprato cinque caffè, cinque cornetti, un pacco di uova e mezzo kg di guanciale… mangi pure qui… ma stai zitto, e inizia ad aiutare la gente anche tu! Te la faccio io vedere la depressione di quelli che non hanno nulla a te, ma va va!»
«Mimmo, io ho fame, mi fai una carbonara come si deve?»
«Agli ordini, siediti e non toccare nulla.»

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