Ho sentito la velocità! Nonostante il ventre gonfio che mi appesantisce e una rotondità che sa di vita, ho sentito la velocità.
Dopo una breve cabrata con il muso ben puntato al cielo, ho approfittato dello stallo per sperimentare lo sprofondamento in caduta piatta, poi una veloce picchiata puntando su quel punto marrone lì in basso. Una raffica di vento mi ha scomposta e mi ha costretta a virare, rollando vorticosamente, per poi scendere in una spanciata più dolce. Ho sentito l’aria fischiare sulle ali, un sibilo acuto… ronZZZante. Due giri, un passaggio a volo radente e, infine, un atterraggio morbido, preciso, su quella crema marrone e soffice. È stata una bella sensaZZZione: le mie ZZZampette esili sono affondate un po’, sotto il peso del mio ventre gonfio, nel calore di quella polpa tiepida, appena fumante. I peli si sono impregnati rapidamente e il mio cervello ha potuto godere a pieno dell’estasi di quel momento. Ho fatto qualche passo verso una piccola poZZZa verdastra che spiccava sul marrone compatto, sentendo piccoli schiZZZi solleticarmi i peli sul ventre. Ho pensato fosse una giornata fortunata, e che fossi stata astuta a seguire a distanZZZa quel cane. Mi sentivo che prima o poi mi avrebbe resa felice, e avevo avuto ragione.
Mi sono immersa con le ZZZampette in quell’acquitrino, placido e i miei peli hanno percepito il gusto grasso del burro fuso.
Sì, ho detto i peli, perché noi assaggiamo con i peli.
Con questo non voglio dire che siamo perfette. Siamo minute, nere, con degli occhi troppo grandi per il nostro viso irsuto. Abbiamo anche un difetto nella pronuncia della zeta. Quando la troviamo in una parola, non riusciamo a trattenerci, dobbiamo soffermarci. Come se fosse un ostacolo insormontabile la ripetiamo finché qualcosa nella nostra testa non si sblocca; sentiamo come un click e andiamo avanti. Alcune volte dura un attimo, più spesso dobbiamo fermarci e respirare.
Ma sulla questione del gusto non siamo seconde a nessuno. La Grande Madre RonZZZante con noi è stata magnanima. Aveva visto in noi grosse potenZZZialità e penso dovesse amarci profondamente quando ci ha donato la capacità di percepire i sapori attraverso i peli. Capite il vantaggio che ne deriva? Per sapere se un alimento è commestibile, noi non abbiamo la necessità di doverlo passare sulla lingua, con il rischio di ingerire qualcosa di disgustoso. A noi basta camminarci su!
Questo stavo facendo in quel momento: assaporavo quel nettare verdastro e oleoso, sentendo il mio cervello ungersi nell’impaZZZienZZZa. Mi sono guardata intorno, non c’era nessuno, potevo finalmente prendere ciò che mi spettava. Ho fatto un profondo respiro, strofinato l’una contro l’altra le mie ZZZampette, per poi immergere la punta del mio labello in quel liquido, che i miei movimenti avevano reso appena schiumoso. Ho atteso ancora un attimo prima di aspirare, poi ho lasciato che la mia pseudotrachea si riempisse come una cannuccia.
Sì, era proprio una splendida giornata! Avrei voluto ringraziare quel cane, i chili di crocchette e i barattoli di manZZZo in umido che aveva mangiato.
Me ne stavo lì, con il ventre gonfio, immersa in quella poZZZa che progressivamente si riduceva, quando qualcosa ha oscurato il cielo. Normalmente avrei spiccato il volo, ma stavolta non me l’ero sentita; ero appesantita dal mio addome teso e quasi apatica in quel gel tiepido e vischioso. Ho fatto appena in tempo a spostarmi un po’ che un’enorme suola di gomma si è stampata come una pressa su quel ben di Dio, sfilando a pochi centimetri da me. È stata un’onda che ha scosso il mio pasto sin dalle fondamenta, sembrava di essere nel mescolatore della cioccolata del pasticcere all’angolo e mi sono ritrovata con la testa immersa in un mondo dolce, cremoso e denso. Ho pensato che il Paradiso delle mosche dovesse essere proprio così… poi, le urla del proprietario della scarpa mi hanno spinto a riemergere.
L’ho visto allontanarsi strusciando il piede e svoltare l’angolo. Ho strofinato le mie ZZZampette, scosso le ali e fatto qualche passo su quel terreno che adesso sembrava una frittella scivolosa, vernice marrone, spatolata su un marciapiede poroso.
Sono rimasta lì, per qualche secondo, scossa. Poi, un ronZZZio familiare mi ha risvegliato: un maschio agile e scattante è sfrecciato esibendosi in un Tonneau perfetto, seguito da una virata a coltello portata a poca distanza dal muro; infine, con una virata di Immelmann, si è portato sopra di me, picchiando e spanciando prima di atterrare. Erano dieci giorni che non lo vedevo e l’ultima volta mi aveva sorpreso in volo, agganciandomi con forZZZa tra le ali e spingendoci a terra in una spirale amorosa di pochi secondi. Poi era fuggito, senZZZa nemmeno un ronZZZio.
Anche questa volta non mi ha detto niente, si è buttato a capo chino nella polpa marrone, senZZZa nemmeno vedermi. Io ho abbassato la testa e ho continuato ad aspirare quel poco che rimaneva della poZZZa, fingendo indifferenZZZa. Quando mi sono voltata, lui non c’era più, anche questa volta, era andato via senZZZa un ronZZZio… lasciandomi sola, con il ventre gonfio che iniZZZiava a tirare.
Ho pensato che in fondo non fosse importante la sua presenZZZa e che fosse comunque una bella giornata.
Ho fatto qualche passo, ho sentito una forte nausea e un rigurgito è schiZZZato attraverso il mio labello, depositandosi in una nuova poZZZa fumante. Ho visto la crema liquefarsi un po’, ci ho spinto dentro la mia ZZZampetta percependo il sapore corposo della carne di manzo. Stavo per bere, ma il mio addome gonfio si è contratto, fermandomi. Ho pensato fosse giunto il momento, sono sprofondata con il corpo nella poZZZa e ho atteso che uscissero centinaia di palline bianche. Erano tante, più di quattrocento e spiccavano lucide su quella crema gustosa. Le ho ricoperte solo un po’ così che non si raffreddassero. Ho bevuto un ultimo sorso e, con un sentore di carne affumicata e l’addome spianato, sono volata via con una cabrata stretta pensando che fosse veramente una bella giornata.