Sapevo che prima o poi la riunione del consiglio amministrativo si sarebbe svolta anche con la mia presenza fisica e non più virtuale com’era successo fino a ora, dal momento che mi trovavo per lavoro a Yokohama a seguire la ripresa economica di una filiale della società per cui lavoro. Come amministratore delegato non potevo esimermi dal partecipare, per questo la mia ansia, supportata dalla mia immaginazione, aveva cominciato a perseguitarmi presentandomi scenari disastrosi causati dal mio problema.
E dire che come amministratore delegato di rospi ne avevo mandati giù parecchi, soprattutto nel gestire il team di professionisti che lavoravano con me. Era una mia peculiarità mantenere il controllo dei nervi, anche con i clienti più difficoltosi da gestire, cavillosi e sempre pronti con obiezioni inopportune. Ma ultimamente lo stress cominciava a essere ingestibile. La prima volta che mi era successo mi trovavo proprio nella filiale giapponese con il socio di maggioranza che non aveva fatto che criticare le migliorie che avevo apportato con successo in quella sede. Avevo cominciato a sudare freddo e un gorgoglio nello stomaco stava risalendo l’esofago fino a farmi sentire in gola qualcosa di ingombrante e viscido che premeva, quasi fino a soffocarmi. Con un violento colpo di tosse che non ero riuscito a trattenere mi era saltato fuori non so bene cosa, ma di sicuro continuava a saltare davanti a noi per terra. Il socio fortunatamente non aveva visto da dove era saltato fuori, ma sembrava divertito nel constatare che un rospo smeraldino si fosse palesato ai suoi piedi. Rospo smeraldino? Quell’affare era davvero sfuggito al mio controllo? E poi pure smeraldino? Il manigoldo era pure di razza! Un capogiro mi aveva fatto vacillare, non mi capacitavo di quanto era successo. Fino a quel momento i rospi mi ero limitato ad ingoiarli. Che fosse finito lo spazio a loro disposizione e cominciavano a venir fuori?
L’episodio si era ripetuto altre volte e sempre quando il mio quoziente di sopportazione superava la soglia massima consentita.
Adesso, intorno al tavolo nella sala adibita per le riunioni di rappresentanza, in presenza di tutto il gotha dei soci e company, sono nel panico. Non sono sicuro di uscirne incolpevole se qualche rospetto smeraldino cominciasse a saltare sul tavolo o addirittura finisse spalmato in faccia al presidente; d’altronde è già accaduto, ahimè. Ma quella volta la vittima era stata la mia ex che avevo sorpreso in casa mia con un altro tornando da un viaggio di lavoro. Non saprei dire cosa fosse più surreale: la sua espressione nel vedermi con un colorito facciale che dal rosso incandescente era virata al bianco spettrale, o la mia reazione nel rendermi conto che la disgraziata usava la casa mia per i suoi incontri fedifraghi? E la rabbia aveva provocato prima una dolorosa contrazione dello stomaco e poi un colpo di tosse così violento che il rospo era finito spiaccicato sulla sua faccia. Anche in quel caso nessuno si era accorto della provenienza della bestiolina, ma le urla della vittima, si fa per dire, mi avevano fatto gongolare per la vendetta inaspettata.
Ho appena finito di esporre al presidente e soci i punti da analizzare nella riunione, che prende la parola il texano, e così che lo chiamiamo, si tratta di uno dei soci americani con la passione per gli stivali texani, che sfoggia con disinvoltura sotto completi doppiopetto a righe. Il cowboy se ne esce con un annuncio che gela l’assemblea, ha intenzione di fondare una sua società in America – e fin qui chissenefrega – e ha già preso contatto con un buon numero dei nostri clienti che trasborderebbero nella sua società. Guardo il presidente per capire se per caso ne fosse già informato, ma il suo volto sembra quello di un gargoyle pronto ad animarsi per seminare il terrore. Infatti si alza in tutto il suo metro e novanta e centodieci chili e si gira verso di me, addossandomi la responsabilità di questo tradimento per non essere riuscito a soddisfare le aspettative dei clienti. Ma come? Dopo essermi speso per loro, società e clienti, dovevo fare anche da capro espiatorio? E a questo punto mi sono cominciati i sudori freddi, e non per il timore di un licenziamento. Il mio stomaco ha cominciato a gorgogliare e a contrarsi, avrei voluto uscire di corsa dalla sala per salvare il mio orgoglio dallo spettacolo che avrei dato, ma ero preda di una lotta intestina – in questo caso è più esatto dire gastrica. I miei rospi smeraldini hanno cominciato ad agitarsi in modo incontrollato per le mie condizioni emotive piuttosto alterate. Il primo colpo di tosse scaraventa un rospo enorme sul viso del texano, un silenzio sbigottito scende tra i presenti, guardano tutti l’americano che urla come se lo stessero sgozzando, senza capire da dove sia sbucato il rospo. Ma di rospi ce ne sono per tutti. Così come una raffica di proiettili saltano fuori dalla mia gola ormai fuori controllo. Qualcuno sale inorridito sulla propria sedia perché molti rospetti saltellano in lungo e in largo sul pavimento. Uno finisce nella borsetta firmata di una socia, quella che se la tira di più. Nessuno fa caso a me, ognuno ha il suo rospo da cui difendersi e che in qualche modo hanno contribuito a farmi ingoiare. Esco dalla stanza chiudendomi la porta dietro. Un senso di leggerezza e di benessere mi pervade come non mi capitava ormai da tempo. Alzo lo sguardo, il cielo è di un bellissimo azzurro e sotto il mare, in lontananza, di un meraviglioso verde smeraldo. E sì, mi viene quasi voglia di mettermi a saltellare.