Ma sì certo, è ovvio, anche io ti amo. Solo non capisco perché uno debba dirselo 80 volte al giorno. Ma poi soprattutto non capisco il perché di organizzare queste vacanze iper romantiche in queste isole iperdeserte dove ti danno il bungalow privato con il servizio in camera, non sia mai tu debba andare al ristorante e vedere altre facce, con il letto in mezzo all’acqua e tutto intorno il nulla. Sì certo, anche io ti amo, te l’ho detto, ma a un certo punto una ha anche bisogno di vedere gente, divertirsi, bere in compagnia. Era un regalo speciale per me che sono speciale dici? Ma tesoro io ti ringrazio, ma io sto bene pure se ci mangiamo una pizza con i nostri amici e poi ce ne andiamo tutti quanti a sentire un bel concerto. Ma è ovvio che mi fa piacere passare del tempo sola con te, ci mancherebbe, solo che a stare troppo da soli poi c’è il rischio che uno scapoccia no? Ma sì sì, sono contenta che sta per cominciare la cena tipica sulla spiaggia con le ballerine, i tamburi, i gong e le collane di fiori, certo, è una bellissima sorpresa, grazie, sei molto caro.
Madonna però che umidità che c’è vicino all’acqua, non trovi? Capirai, domani avrò i capelli come Tina Turner. Sì lo so che mi ameresti comunque, lo so. Ma poi queste zanzare, ma che fastidio eh? Ma lo spray lo hai preso? No perché qui già non se ne può più. E poi questi tamburi, ma che chiasso! Ma insomma questo spray? Ma perché lo devi cercare per terra? Ma poi così in ginocchio, ma non vedi che ti sporchi tutto? Non capisco perché rovisti nella tasca? Ce lo hai in tasca? Ma cosa dici che non capisco con questa specie di musica così alta? Sì mi ami, ho capito, anche io ti amo, ma non mi fare urlare che mi viene la raucedine. E poi cos’hai lì? Una scatola? Ma cosa me ne faccio di una scatola, ti pare che lo spray può stare in una scatola così piccola? Ma dimmi te, io voglio solo lo spray e tu te ne stai lì per terra, in ginocchio, con una scatola in mano, circondato da quelli che ballano e suonano. Ma che ti sei rincoglionito? Come dici? Se voglio andare? Sì, ti prego, andiamocene via, ma torniamocene proprio a Roma che qui… Ah, non andare, sposare?
D’un tratto non penso, non sento, non parlo, ma vedo. Vedo i tuoi occhi sgranati e intrisi della paura dell’attesa. E nel vuoto momentaneo della mia scatola cranica si affaccia un ricordo lontano, di 8 anni fa, di quando quegli stessi occhi impauriti e sgranati mi fissarono dopo avermi tagliato la strada su uno scooter scassato una sera di metà giugno. «Era giallo, ho accelerato, mi dispiace» mi dicesti appena ti togliesti il casco. E io volevo essere arrabbiata ma non riuscivo davanti a quegli occhi così sinceramente contriti. In realtà mi era uscito anche del sangue ma non mi importava, anche se il bicchiere di vino per farti perdonare me lo sono fatto offrire lo stesso. Un bicchiere al volo che divennero due, poi tre, e poi quattro con quello del giorno dopo e poi talmente tanti che abbiamo perso presto il conto. E poi le risate. Soprattutto quelle domeniche mattina quando mi preparavi i pancakes per colazione e con il grembiule addosso e le mollette dei panni in testa facevi l’imitazione di tua madre con i bigodini mentre rimproverava tuo padre di stare sempre davanti alla Tv, e poi dal sorriso passavi alla tristezza e mi imploravi di non ridurci mai e poi mai così e io ti dicevo che no, era impossibile, perché io avrei passato tutte le nostre future giornate a dirti che ti amavo così tante volte che non avresti avuto il tempo di vederla la Tv.
E ora invece mi sto sforzando per ricordare quand’è che ho smesso di dirtelo. Deve essere stata quella volta che abbiamo litigato perché ti rifiutasti di venire al terzo matrimonio di mia sorella. Oppure quella volta che mi arrabbiai perché ti beccai a prendere un caffè con una tua “amica d’infanzia” senza che mi avessi detto niente. Ma no, non c’era un perché. Però c’era stato un quando. Ed è stato quando ho cominciato a preferire i pancakes del bar all’angolo ai tuoi e subito dopo a preferire tua madre con i bigodini a te e poi alla fine me a noi. Tu però non hai mai rinunciato e, anzi, ti sei fatto carico anche dei miei ti amo non detti e hai portato avanti anche i miei gesti d’amore non fatti e hai sostenuto anche i miei pensieri speciali non considerati. Per questo hai cominciato a sembrarmi ridondante in tutto. Perché amavi anche per me. Io però adesso ne sono certa, non ho mai smesso di farlo. Ho solo evitato di esprimerlo. Che forse però, a volte, è quasi la stessa cosa.
Ricomincio a sentire in lontananza i tamburi ma non sono ancora pronta, non ho ancora capito… Sei un pazzo se hai resistito fino a oggi oppure sai guardarmi tanto nel profondo, dove vedi che esiste e resiste il mio amore seppur sopito? Ma sopito di uno di quei sonni in cui basta un piccolo cambio d’aria per saltare giù dal letto carichi e pronti, oppure uno di quei torpori profondi in cui continui a post porre la sveglia finché ormai non è già troppo tardi?
Adesso il gong mi fa proprio sobbalzare. Non c’è più tempo ma c’è il muoversi delle onde e i rumori delle danze e ci sei tu in ginocchio e ci sono io con i capelli crespi e c’è l’eco di una domanda e c’è l’attesa di una risposta e sì, nell’aria c’è pure una gran voglia di pancakes.