Puoi parlare della guerra se non hai mai vissuto esplosioni intorno a te? Puoi raccontare l’amore di una madre verso un figlio autistico se non hai mai avuto figli? Puoi descrivere il freddo del Polo Nord se hai vissuto sempre al mare? Sì. Sì che puoi farlo, in base al sacrificio che sei disposto a offrire per entrare nel corpo di qualcuno che è lontano anni luce da te. Puoi andare al poligono di tiro senza cuffie, chiudere gli occhi e vedere la terra su cui vorresti camminare, prima di rimanere paralizzato da quel suono di lama lungo e tagliente. Puoi fare volontariato con i bambini autistici e osservare la cautela con cui una madre rimette la giacca al figlio, per poi allontanarsi con le mani in tasca dopo una lunga attesa. O puoi svestirti e buttarti nel mare d’inverno, senza muoverti, senza scaldarti, senza respiro e osservare la neve e il silenzio che ti circondano.
Immedesimarsi è il solo modo di vivere di più, di vivere con pienezza, respirando insieme al mondo.
Questa settimana i nostri allievi si immergono in storie appassionanti…
L’aria mi passa attraverso, e tutto il mio essere si disperde fino a riunirsi sui tasti di un pianoforte. Valentina Rosati si smaterializza in una splendida sinfonia.
L’acqua mi entra nelle scarpe. Io mi sciolgo, mi lascio lentamente trasportare, e seguo la corrente. Giuseppe Terzano si abbandona al flusso naturale delle cose.
Ho perso l’uso dell’olfatto, ed è stato un po’ come perdere me stessa e il mondo che mi circondava. Ma poi quel giglio, e il borotalco. Giulia Sabella tocca con mano nuove emozioni.
Guardo il mio riflesso allo specchio e l’immagine che vedo comincia gradualmente a mutare, mutando anche me. Tia Portelli, alle prese con uno specchio indipendente.
Le luci del pub pulsano nel mio boccale. Bevo una birra. E nell’aria, immobile, solo il ricordo di lei. Paolo Barborini si siede al bancone delle memorie.