È stato Giampaolo Simi (scrittore, soggettista, sceneggiatore, giornalista) a inaugurare il ciclo di lezioni magistrali di scrittura creativa gratuite organizzato dalla scuola di scrittura Omero con l’intenzione di dare vita a uno spazio suggestivo di contatto e di interazione tra lettori, scrittori e aspiranti tali.
Il tema scelto per questo primo incontro non è stato niente di meno che un interrogativo: “Come non perdere mai la voglia e la gioia di scrivere?”.
La scelta di porre un quesito a uno scrittore che voglia parlarci di letteratura non sembra casuale dal momento che è fatto assodato che non si scriva tanto per fornire risposte quanto per sollevare domande. Giampaolo Simi non si è scostato da questo assioma, astenendosi dall’esprimere pareri diretti. Infatti, a pensarci bene, chi ci trasmette una passione di qualche genere non lo fa mai rivelando cosa lo porti a coltivarla, ma piuttosto parlando direttamente dell’attività stessa, lasciando presumere, a ragione, che è proprio in essa che vada ricercata la sua natura d’essere.
È dunque dell’attività dello scrittore che Giampaolo Simi ha scelto di fornire un quadro limpido e originale proprio perché scevro di quel romanticismo ideale che offusca il ruolo del romanziere collocando il suo lavoro in uno spazio diverso da quello del reale. Al contrario l’obiettivo principale di ogni scrittore, parrebbe suggerirci Simi, è proprio quello di restituire al lettore una dimensione di concretezza: tanto più i suoi personaggi e le sue ambientazioni risulteranno credibili tanto più il romanzo sarà ben scritto. E per giungere a questo traguardo è necessaria una lunga gavetta. Lo scrittore, in quanto creatore e quindi artigiano, deve imparare a maneggiare gli strumenti più semplici, cimentandosi nel racconto di situazioni e personaggi familiari e riconoscibili. Lo scrittore deve, dunque, iniziare con il limitarsi a raccontare una storia mettendosi alla portata del pubblico. È dunque proprio quell’astrattezza impalpabile e ideale che in principio va sacrificata per ottenere una resa efficace della condizione umana e per giungere a ciò di cui si occupa la narrativa. Al fine di ottenere questo risultato, Simi ci sottopone un’idea chiave usata da Georges Simenon ne L’età del romanzo, ovvero le “parole-materia”. Si tratta di parole capaci di evocare l’esperienza dei sensi. In questo saggio Simenon presenta lo scrittore come un vero e proprio operaio delle lettere, raccontando di come egli stesso si sia ampiamente dedicato ad apprendere le strutture narrative più semplici prima di arrivare ad essere in grado di complicarle. Per rendere chiaro questo meccanismo Giampaolo Simi ripensa alla musica, in particolare a come all’origine del jazz (struttura articolata caratterizzata dal virtuosismo strumentale) vi sia stato il blues (struttura semplice contraddistinta da forme fisse): non si può pensare a David Brubeck prescindendo da Buddy Guy.
All’attenzione dell’uditorio sono state poi riportate le parole della grande scrittrice statunitense Flannery O’Connor che nel libro Nel territorio del diavolo mostra chiaramente come la qualità principale di uno scrittore debba essere l’umiltà, intesa come la capacità di non offrire una narrazione viziata dalla propria visione del mondo, ma piuttosto ispirata dalle manifestazioni concrete del reale, e cioè dalle persone, affermando che «la narrativa è più che mai un’arte basata sull’incarnazione».
Per sottolineare questo concetto, Giampaolo Simi ha evidenziato un’esperienza autobiografica di George Saunders trascritta nel suo libro Il megafono spento, ovvero di quando una suora della scuola che frequentava, Suor Lynette, gli fece leggere il libro Johnny Tremain di Esther Forbes. Fu in quel momento che Saunders si rese conto della distanza abissale che separava questo testo dai libri di lettura scolastici. A differenza di quest’ultimi, infatti, le parole di Esther Forbes offrivano immagini dinamiche, sembravano animate di vita propria e risultavano talmente reali da dare l’impressione di poter essere toccate con mano. Così Saunders comprese che «con la giusta attenzione una frase poteva staccarsi dalle altre ed essere non solo opera tua, ma essere te».
Attraverso le parole di questi autori, sembra che Giampaolo Simi ci abbia voluto implicitamente svelare il rapporto dialettico che intercorre tra narrazione e realtà: una narrazione per essere efficace deve attenersi alla vita e quando ciò accade è la vita stessa che si esprime tramite la narrazione.
D’altronde, come ha lucidamente notato il critico letterario Giuseppe Petronio, il romanzo può essere un soggetto solo in senso grammaticale; nella realtà non esiste il romanzo inteso come un’entità viva e autonoma, esistono soltanto i romanzieri, e cioè gli uomini.