Cullato dal vento di Levante,
il mare della conoscenza non è mai mosso, non è mai calmo.
Il capitano astuto ne conosce la rotta e le insidie.
Sono nato in questa casa. Ero piccolissimo, e quindi non saprei dirvi da quanto tempo lui viva qua. Gliel’ho chiesto più volte ma non mi hai mai voluto rispondere, forse il tempo per lui non è così importante come per noi, forse non esiste proprio.
Tutto è successo molto tempo fa: la mamma mi aveva proibito di mangiare la cioccolata che teneva nascosta nella dispensa della cucina, ma io sono riuscito a trovarla per poi mangiarmela in bagno.
Me la stavo gustando quando, dopo un paio di morsi, un pezzettino di cioccolata è scivolato giù fin dentro lo scarico della doccia.
Dopo qualche secondo ho sentito una vocina venire dal fondo delle tubature dire: «Che buona! Ti prego dammene ancora un altro pezzo».
«La mamma non ti ha detto che è buona educazione presentarsi? Prima ti presenti e poi, se ne avrò voglia, te ne darò un altro pezzo.»
«Perdonami ma non mi sono presentato prima perché non ho un nome. Ti prego, dammi tu un nome.»
«Senti, facciamo che ti do ugualmente il pezzo di cioccolata.»
«Non lo accetterò se tu prima non avrai scelto il mio nome! Ma mi raccomando, sceglilo molto bene.»
«Scegli tu tra Antonio, Marco o Luca.»
«Ti prego sceglilo tu per me!»
«Che pizza… Allora, per farla breve, io sono Dario e tu ti chiamerai… Ti chiamerai… 23»
23 è stato come un fratello per me. E sebbene non conoscessi la sua l’età né che razza di entità fosse, alla fine la nostra amicizia a me andava bene così.
Quando tornavo da scuola con la scusa di andare in bagno passavo del tempo con 23; lui mi chiedeva com’ era stata la giornata, dei miei problemi, e io gli domandavo se aveva fratelli o sorelle, che cosa mangiasse, se veniva da un altro pianeta. Insomma, domande del genere.
Passammo bellissimi natali insieme, me ne ricordo uno in particolare in cui avevo messo sotto l’albero due piattini di acqua e biscotti per Babbo Natale e le sue renne: uno da parte mia, e uno da parte di 23, con la speranza di ricevere entrambi i regali. A me portò una bicicletta, mentre 23 non ricevette proprio un bel niente.
«Ci ha portato i regali?» disse 23 tutto euforico.
Non ebbi il coraggio di dirgli che Babbo Natale si fosse dimenticato di lui, allora gli raccontai che aveva portato la bicicletta per lui e una barretta di cioccolata per me.
«Chissà, forse non sono stato così buono. Babbo Natale ha portato una cioccolata a me e una bicicletta a te. Senti 23, non ti dispiace se mi farai provare per qualche giorno la nuova bicicletta?»
«Assolutamente no. Anzi tienila tu finché non serve a me.»
«Grazie 23.»
«Di niente, ma ricorda che un giorno dovrai fare una cosa per me.»
«Me ne ricorderò.»
«23 oggi a scuola la maestra ci ha assegnato un compito per domani. È un tema sull’amicizia, ma io non so da dove iniziare.»
«L’amicizia è un sentimento molto bello, come trovare un tesoro nascosto».
Indicami mio caro amico qual è il sentiero che ci ha fatto incontrare, affinché se un giorno io lo perdessi, mi sia facile ritrovarlo.
Un giorno, tornando da scuola, appena entrato in casa ho percepito un odore acre, pungente, che dava alla testa.
«Mamma, cos’è questa puzza?»
«Ah sì, oggi è venuto l’idraulico per sturare le tubature del bagno e avrà usato un po’ di acido. Forse troppo.»
«Acido? Ma siete matti! L’avete ucciso, vigliacchi!»
«Calmati. Abbiamo ucciso chi?»
«23. Avete ucciso 23!»
Corsi piangendo fino in bagno.
«23, amico mio rispondimi. Rispondimi… Vigliacchi! Siete dei vigliacchi!»
Non sentivo nulla, quindi preso dalla disperazione comincia a battere i pugni sul bagno.
«Shhh… Sono qui. Che succede?»
«23! Allora sei vivo!»
«Avrei dovuto essere morto?»
«Penso proprio di sì, sai gli acidi si mangiano tutto.»
«Tranquillo è tutto ok.»
«Grazie 23. Per un attimo ho pensato di perderti. Ti voglio bene.»
«Anche io te ne voglio.»
«Sai che ti dico, adesso incido sul muro del bagno DARIO e 23 AMICI X SEMPRE. Ti piace?»
«Sì, mi piace.»
«23, guarda… La pianta grassa che ho piantato da bambino ha fatto il primo fiore.»
«23 oggi al liceo mi è successo una cosa strana. Ti andrebbe di sentirla?»
«Dai su raccontamela.»
«A Elisa, la mia compagna di banco era caduta la penna, al che io mi sono inchinato per riprenderla ma…»
«Ma cosa?»
«Ma si è inchinata anche lei e quindi ci siamo scontrati, chiaramente senza farci male. Sai, non l’avevo mai vista così da vicino. Ho sentito un brivido che mi ha attraversato tutto il corpo. La pancia mi faceva male. A me è parso che anche lei avesse provato qualcosa di simile. È normale?»
«Più che normale, si chiama amore.»
«Non l’avevo mai provato, almeno fino a oggi. È una sensazione bellissima… 23?»
«Dimmi.»
«Se ti chiedessi cos’è esattamente l’amore, tu sapresti definirlo?»
«Sicuramente no. Forse è una formula matematica. Forse è quando tu hai un pezzo della mappa e l’altro ha la parte rimanente. O chissà, forse è mettersi sempre in discussione senza paura di essere giudicati. Insomma tante cose oppure una sola.»
Due rette parallele si incontrano all’infinito.
Noi siamo due rette parallele.
L’infinito è il battito all’unisono dei nostri cuori.
«23, ieri sera mentre stavo guidando la macchina mi sono sentito molto male. Sono andato in ospedale perché avevo paura di morire. Sentivo un forte dolore alla pancia, ma per fortuna era una semplice congestione. 23, che cos’è la morte?»
«La morte forse è come un buco nero che inghiotte tutto, l’anello di congiunzione tra il futuro e il passato.»
«Ciao 23, scusa se non sono passato prima, ma oggi c’è stata una doppia festa: mi sono laureato e per giunta è anche il mio compleanno. Mi merito doppi auguri.»
«Doppi auguri, amico mio. Adesso ti chiameranno dottore?»
«Credo di sì.»
“Sono contento.”
«E poi c’è un’ altra sorpresa: io ed Elisa abbiamo deciso di sposarci la prossima primavera.»
«Che bella notizia.»
«23, hai la voce flebile, stai bene? Vuoi che ti porti un po’ di cioccolata?»
«Non servirebbe. Ti ricordi la promessa che mi hai fatto?»
«Certo che mi ricordo, per te farei qualsiasi cosa.»
«Mi devi uccidere.»
«23, ma che dici? Sei impazzito? Sai bene che non lo farei mai. Sei solo geloso che io mi sposi con Elisa. Ma non cambierà niente tra di noi.»
«Mi devi uccidere. Ti prego fallo per me.»
«Non posso, sei troppo importante per me. Anzi sei parte di me.»
«Quanti anni hai compiuto oggi?»
«Ventitré. Ho paura.»
«Perché mi hai chiamato 23? Quando ti chiesi di scegliere il mio nome e di sceglierlo bene era questo il motivo. Siamo stati fortunati, hai scelto bene. Ci è stato concesso di stare più tempo insieme. Ti prego fai quello che ti ho chiesto.»
«Dovrei versarti un’intera bottiglia di acido? Pensi sia un bello spettacolo sentirti friggere come una patatina?»
«No, devi solo cancellare il mio nome dalla scritta sul muro.»
«Non posso. Ti prego, non chiedermelo ancora.»
«Fallo e basta.»
Presi una gomma e iniziai a cancellare la scritta. La mano cominciò a tremarmi, il respiro era spezzato e le lacrime mi offuscavano la vista. Mi fermai.“
«23, ti supplico, fermami.»
«No.»
Guardai il muro. Avrei voluto non dirti mai addio, mio generoso amico. Ma la gomma, senza che me ne accorgessi, aveva cancellato i nostri nomi.
Di un cammino non ne vedere solo l’arrivo
ma soffermati a pensare alle cose che hai vissuto durante il percorso
e con chi le hai condivise.
In una mattina di molti inverni dopo, il postino mi portò la solita corrispondenza, ma quel giorno fu diverso perché mi consegnò anche un plico che non riportava il mittente.
Lo aprii: era un trattato di fisica.
Il segnalibro marcava una pagina su cui era scritto:
Se due sistemi interagiscono tra di loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo diventano un unico sistema. Ciò che accade a uno di loro continuerà a influenzare l’altro all’infinito.
Non mi fu dato sapere chi mi avesse spedito il libro, né lo chiesi. Ma il mio cuore era sicuro che fosse 23.