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Illustrazione di Agrin Amedì
Una vita decisamente normale. Non anonima, normale. Qualche buona amicizia, qualche collega tutto sommato divertente, qualche ragazza disponibile. Mai più di due alla volta.

Una vita decisamente normale. Non anonima, normale. Qualche buona amicizia, qualche collega tutto sommato divertente, qualche ragazza disponibile. Mai più di due alla volta. Una donna è uno stress, due rappresentano un grande stress ma sopportabile – storie da inventare, immagini da non sovrapporre, due fili da tenere ben stretti ma anche assolutamente separati. Più di due contemporaneamente una missione eroica.
Rapporti con la famiglia d’origine normali come il resto. A trent’anni si trovava a vivere tutto sommato serenamente. Un fidanzamento vero, che dopo tre anni poteva considerarsi persino storico. Cinque anni di lavoro da impiegato del catasto che gli erano da poco valsi la prima promozione con conseguente aumento di stipendio. Sfiorava i 1300 euro netti al mese, tanto per un impiegato pubblico così giovane, poco per un laureato in astrofisica col massimo dei voti come lui.
Certo, per uno che vive coi genitori, cioè vitto e alloggio assicurato e soprattutto gratis, una bella sommetta da scialacquare mensilmente in uscite serali, partite a calcetto con gli amici, successivo pub e disco notturna, una vacanza ogni tanto in un tre stelle con la sua ormai storica.
Aveva raggiunto un suo equilibrio. Gli piaceva. Si sentiva moderatamente appagato. Lei gli parlava di possibili scenari matrimoniali e lui sorrideva. Sì, perché no, opzione nel novero del possibile. Una Golf da 110 cavalli, diciamo da fichetto, che teneva tirata a lucido e una passione ardente per la Roma, di cui vantava un tesseramento in curva più che decennale. Degna chiusura di quel quadro di moderato idillio in cui consisteva la sua realtà quotidiana, bovinamente appagante, altro che sposarsi e tirar su marmocchi, notti insonni e tutto il resto.
Ma un giorno, proprio un giorno di settembre, il tabaccaio all’angolo che non si trovava 10 Euro per il resto gli propose un gratta e vinci, il milionario. Vabbè, lo prese al limite del contrariato, me lo porto a casa. Grattare con calma, magari di sera, prima di coricarsi o al mattino durante la colazione. Anche un bel centone, perché no, un paio di jeans nuovi.
Quella notte sprofondò in un sonno grasso, denso di sogni. Anche bei sogni. Aveva in mano la moneta porta fortuna, una sterlina paffuta trovata per terra a Londra. Stava facendo saltare, lento come un giocatore di pocker, la patina argentata del grattino. Due jocker. 10 Euro.
Sorrise soddisfatto.
Poi una pallina minuscola e sì, il cappello del terzo jocker. Voltò freneticamente il cartoncino. 100 Euro. I pantaloni ci stanno.
Prese fiato.
Stavolta comincio da sotto. Piano piano. Sembra proprio… il quarto jocker. Mio Dio, altri due zeri, mio Dio! Sono dieci cucuzze. Lo scooterone, nuovo e col casco fico. Una goccia di sudore gli si staccò dall’attaccatura dei capelli. Scansò il biglietto, non sia mai!
Il cuore pulsava freneticamente… grattata lentissima. Trattenne il fiato. Fuori il quinto jocker, avvampò come un pischello al primo whisky con gli amici buttato giù one in down. Un testone, ho svoltato!
Via da casa dei genitori, bilocalino in centro con parquet e vasca idromassaggio. Anzi trilocale e affanculo l’ufficio del catasto, mi compro un bel telescopio professionale e mi perdo nella contemplazione degli astri. Affanculo genitori, colleghi e fidanzata di tre anni. Ma come? Mi dispiace ragazzi, ho fatto i soldi. Sono in gamba. Non rompete il cazzo con le questue tanto non divido niente con nessuno.
Un pusher, ecco che mi serve. Il mio primo grammo di bianca di quella buona, c’ho i soldi che vi credete. Facciamo due grammi. Tavolo del salottino, di marmo nero, quello da cinque al metro quadro, cinquemila eh, con le piste che risaltano belle allineate e una escort che ride, ride come una pazza. Di quelle da mille a notte, senza risparmiare sulla qualità. C’ho i soldi, tanti. Sono bravo, me li sono meritati. Centodieci e lode in astrofisica, le stelle sono tutte mie adesso.
Dopo il sesso di qualità ti addormenti appagato e ti risvegli sul letto di seta, col materasso morbido, di quelli che se ci tiri un centesimo rimbalza cinque minuti per quanto è morbido. Ti ritrovi a quattro di spade, caviglie e polsi legati. Ma legati bene, con foulard di Gucci. Imbavagliato con la bandana di Fendi. Lei seria e rivestita che guarda qualcuno. Ma chi c’è in casa? E poi perché sto così, le avevo chiesto un sadomaso? Non mi sembra.
Entrano due in stanza, brutti ceffi. E adesso? Non riesco a muovermi, non riesco a respirare. Colpa di queste grandi marche. Mi minacciano con un coltello seghettato.
Dacci tutto in cambio della vita. Hanno l’accento straniero, come la escort moldava. Da mille a notte. Indico con la testa il comodino, lo aprono. Un Rolex Daytona. Rapido se lo infila al polso. Lo guarda e ride compiaciuto, gli dona.
L’altro brandisce la lama vicino alla gola, ancora o sei morto.
Non capisco neanche se è giorno o notte, nessuno suona, nessuno mi cerca, non ho più nessuno. Se schiatto mi ritrovano dopo un mese. Per la puzza. Loro lo sanno, sanno tutto i figli di puttana, guardo lei che sorride. Puttana, ma è il suo lavoro.
Cominciano a sfasciar tutto con rabbia. Soqquadro. Trovano la mia collezione di monete, il portafogli l’hanno già svuotato. Cosa ho ancora?
Mi guardano in cagnesco, tutti e tre. Ho le chiavi della Jaguar nuova, prendetele. Ammicco disperatamente. Stanno a volto scoperto e mi guardano troppo. Oh no, a volto scoperto, brutto segno. Mi uccideranno. Già. Le lacrime iniziano a sgorgare senza pudore. E poi quale pudore, nudo come un lombrico su questo letto di seta. A quattro di spade.
Forse non mi uccideranno. Non con un coltello a sega. Ridevano, si stavano divertendo a guardarmi ridotto così. Ma io ho i soldi, tanti soldi. Sono bravo, perché mi trattano in questo modo?
Ecco, tirano fuori un pugnale. Quello grosso si fa serio, un’espressione disgustata, come se tenesse in bocca uno scolopendro vivo; mi sale a cavalcioni e solleva il pugnale con la mano sinistra. E’ un mancino, maledetto, non ho speranza! Almeno finirà di colpo. Mi lancia un ultimo sguardo schifato e giù, dritto al cuore.
No! Grido e mi ritrovo con gli occhi sbarrati seduto sul mio storico giaciglio familiare. La camera sfigata in casa dei miei. Che bello!

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