Questo racconto è stato scritto nell’ambito di un laboratorio di scrittura creativa Progetto scuola-lavoro 2019, tenuto presso il Liceo Scientifico Tullio Levi Civita di Roma
dalla Scuola Omero
LEI: «Era una fresca mattina di settembre.»
LUI: «Fresca mica tanto, fuori faceva 28°.»
LEI: «Era una mattina di settembre e c’era il sole, si stava bene.»
LUI: «Ancora? Faceva caldissimo quella mattina!»
LEI: «Ok, allora era una calda mattina di settembre e c’era il sole. Va bene?»
LUI: «Perfetto.»
LEI: «Più precisamente era il 22 settembre, ed era il primo giorno di scuola.»
LUI: «Quel dannato 22 settembre sarebbe riconciata la scuola. E se avessi saputo ciò che sarebbe successo in futuro non mi sarei mai presentato.»
LEI: «Ah, grazie.»
LUI: «Di nulla, tesoro.»
LEI: «La mattina mi alzai prestissimo, ansiosa di arrivare. Con largo anticipo e sistemata alla perfezione!»
LUI: «Mi alzai cinque minuti prima di uscire.»
LEI: «Indossai dei jeans chiari e una camicetta con dei ricami floreali sopra, un paio di ballerine e mi truccai leggermente, tanto per dimostrare che non era affatto sciatta.»
LUI: «Mi buttai addosso le prime cose che trovai; era pur sempre una scuola e non volevo che si facessero un’idea sbagliata.»
LEI: «Che idea avrebbero potuto farsi?»
LUI: «Beh, per esempio avrebbero potuto pensare che sono uno con la puzza sotto al naso, il solito ‘so tutto io’.»
LEI: «Cosa staresti insinuando?»
LUI: «Nulla nulla, prosegui…»
LEI: «Andai in macchina, feci la strada con i miei tra una risata e l’altra; i Queen di sottofondo…»
LUI: «Andai in metro con mio fratello e condividemmo un paio di cuffiette bluethoot. Cantava Ozuna.»
LEI: «Arrivai in anticipo e il preside mi fece accomodare in aula.»
LUI: «Arrivai in ritardo e il preside mi trascinò in classe.»
LEI: «Lo vidi.»
LUI: «La vidi» lui.
LEI: «Alto, moro, occhi scuri, look trasandato e la pelle diafana riempita d’inchiostro.»
LUI: «Vestita come una ragazza arrivata dai Parioli, cosa che contrastava con gli occhi limpidi e il suo sorriso dolce.»
LEI: «Mi guardò.»
LUI: «La guardai. A un tratto le chiesi “posso?”, indicandole la sedia.»
LEI: «”Certamente”, risposi.»
LUI: «Mi sedetti al suo fianco, sentii il suo profumo. “Alien” ipotizzai.»
LEI: «Chanel n.5.»
LUI: «Iniziai a parlarle, col mio solito tono sarcastico.»
LEI: «Rozzo.»
LUI: «Sarcastico. Dopo un paio di battute le chiesi “dopo questo inferno vieni a pranzo con me?”.»
LEI: «”Perché no?” risposi, accennando una risata.»
LUI: «Rise, e io mi innamorai. Sorrisi anch’io.»
LEI: «Sorrise, e mi innamorai.»
LUI: «Entrò una professoressa. Una strega, pensai.»
LEI: «Entrò una docente e iniziò la lezione.»
LUI: «Purtroppo.»
LEI: «Eh, purtroppo.»
LA PROFESSORESSA: «Entrai in classe e notai immediatamente quei due, così diversi eppure così uguali. Ero sicura che ne avremmo viste delle belle…»
LEI: «Passarono precisamente quattro ore.»
LUI: «Sicura che fossero solo quattro?»
LEI: «Sicura.»
LUI: «Beh, passarono queste quattro ore di lezione.»
LEI: «Più che di lezione, di verifica delle conoscenze».
LUI: «Un vero e proprio esame.»
LEI: «Una semplice chiacchierata.»
LUI: «Scendemmo le scale e lei era andata avanti con un’altra ragazza.»
LEI: «Scendemmo le scale e lui era rimasto indietro, con quello avevo scoperto poi essere suo fratello.»
IL FRATELLO: «Mi ero accorto dello sguardo perso di mio fratello. La guardava come si guardano le stelle. Beh, lei era una bella ragazza, dovevo ammetterlo.»
LUI: «Arrivammo giù, lei scherzava con altri studenti, io mi accesi una sigaretta.»
LEI: «Arrivammo giù e lui mi ignorava, mentre si fumava una sigaretta.»
LUI: «Mi stancai di sentirla ridere con qualcun altro, la raggiunsi.»
LEI: «Smise di ignorarmi e mi raggiunse, finalmente.»
LUI: «Avrei dovuto restare dov’ero.»
LEI: «Saremmo comunque finiti in questa situazione.»
LUI. «Probabilmente hai ragione.»
LEI: «Sicuramente ho ragione.»
LUI: «Le chiesi: “vogliamo andare?”. Cercai di nascondere la gelosia, che non aveva motivo di esistere.»
LEI: « Quell’ “andiamo” tradiva un certo fastidio dalla sua voce. Cos’aveva fatto?»
LUI: «La vidi cambiare espressione, ma accettò. Così mi incamminai.»
LEI: «Lo seguii in silenzio.»
LUI: «Uscimmo finalmente dal giardino della scuola e rallentai il passo.»
LEI: «Uscimmo dal plesso scolastico e lui rallentò, io lo raggiunsi.»
LUI: «”Perché hai accettato?” chiesi. Nessuna incertezza nel tono riuscì a tradire le mie emozioni.» LEI: «”Perché mi hai invitata?” risposi, volutamente con una domanda; le mani mi tremavano.»
LUI: «”Sono fidanzato” dissi, ma lei restò impassibile.»
LEI: «”Anche io” risposi, cominciando a riacquisire contatto con la realtà.»
LUI: «Svoltai l’angolo, ma mi bloccai sentendo la sua frase.»
LEI: «Si bloccò e mi guardò.»
LUI: «Non dissi nulla e raggiunsi quella piadineria che avevo pensato per me e per lei.»
LEI: «Continuò poi a camminare e alla fine raggiungemmo una piadineria.»
LUI: «Mi sedetti tranquillamente e ordinai.»
LEI: «Ci sedemmo, lui ordinò e io dissi al cameriere ” lo stesso per me”.»
LUI: «La guardai: era bellissima.»
LEI: «Lo guardai: arrossii.»
LUI: «Quella camicetta bianca con i fiori mi faceva impazzire.»
LEI: «Era un cardigan.»
LUI: «No, era una camicetta.»
LEI: «Forse hai ragione.»
LUI: «Arrivarono le piadine.»
LEI: «Arrivarono le ordinazioni.»
LUI: «Mi alzai, feci il giro del tavolo e mi sedetti accanto a lei; il mio bracciò si posò…»
LEI: «Sulle mie spalle. Sentivo le farfalle…»
LUI: «Nello stomaco.»
LEI: «Anche tu?»
LUI: «Le ricordo come se fosse successo ieri.»
LEI: «Mi sporsi in avanti, le mie labbra sulle sue.»
LUI: «Mi baciò. Rimasi interdetto, ma sentii la morbidezza delle sue labbra e mi affrettai a ricambiare.»
UNA VECCHIETTA AL TAVOLO ACCANTO: «Il primo amore è il più bello in assoluto.»
LEI: «Buona la piadina!»
LUI: «Ottima, direi.»
LEI: «Forse solo un po’ sciapa.»
LUI: «Sì, forse un po’.»