Le sfumature di una storia

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Illustrazione di Agrin Amedì
Cammino per strada senza sapere esattamente dove andare. Fa tanto freddo, ma forse sono io. Guardandomi intorno le altre persone non indossano vestiti poi così pesanti. Comunque è una stagione strana questa, soprattutto a Roma.

Cammino per strada senza sapere esattamente dove andare. Fa tanto freddo, ma forse sono io. Guardandomi intorno le altre persone non indossano vestiti poi così pesanti. Comunque è una stagione strana questa, soprattutto a Roma. Gente in maglietta a maniche corte cammina accanto a gente con la giacca imbottita ed entrambi si guardano pensando che l’altro sia un coglione. Ma io il freddo ce l’ho dentro, e quello davvero non passa con un maglione in più.
Lei se ne è andata. Ogni tanto devo ripetermelo. Lei se ne è andata. Una fitta al cuore che, di riflesso, passa veloce allo stomaco. Accelero il passo come se potessi scappare da quel dolore, ma ovviamente non succede. È sempre con me; un amico fidato che non mi lascia mai. Da quanto? Non lo ricordo. Mi sembra una vita.
So solo che erano giorni che non uscivo, ma oggi è diverso: sento il bisogno di fare caso agli altri. Se è vero che tutti almeno una volta hanno provato quello che provo io, allora adesso voglio scoprire come hanno fatto dopo a riprendere a vivere. Cerco un buon punto di osservazione. Forse quel bar, proprio davanti al parco.
Mi siedo a uno dei tanti tavolini fuori e ordino un caffè che arriva praticamente subito. Non è poi tanto male; l’ideale per fare da apripista alla prima sigaretta della giornata. Mentre tiro fuori l’accendino dalla giacca mi cade l’occhio su una formica che tenta di arrampicarsi sulla tazzina vuota. Senza perderla di vista mi accendo la sigaretta, faccio un tiro profondo e poi le sbuffo il fumo addosso. Che stronzo!, penso tra me e me, adesso me la prendo addirittura con le formiche. Ma questa è la vita: la sventurata era andata, speranzosa, alla ricerca di qualche dolcissimo chicco caduto dalla bustina di zucchero e invece si è ritrovata prigioniera in una nuvola tossica, stordita e disorientata. In un certo senso, proprio quello che è successo a me. Probabilmente le avevo appena inflitto la stessa pena che provo io. 

Questo dà da pensare. Continuo a puntare il dito contro i cattivi, anche se in fondo ho appena dimostrato di non essere tanto migliore. Diciamoci la verità, tutti siamo i carnefici di qualcuno. E non ci dispiace nemmeno troppo finché non tocca a noi soffrire.
Un tuono in lontananza. Alzo la testa al cielo. È grigio, proprio come me. Promette pioggia, io prometto lacrime. Non c’è molta differenza, no?
Detesto il grigio, il colore dei furbi. È così facile nascondercisi dentro. Tutto quello che voglio, invece, è una bella vita in bianco e nero. Elementare, definita e, soprattutto, definitiva, per quanto mi riguarda. Io il colore non lo voglio più. So che molti lo considerano la parte più bella della vita, ma come fanno a dimenticare la sensazione di vuoto che ti lascia una volta che sbiadisce? Perché è questo che succede. Sempre, non prendiamoci in giro. A chiunque si innamori bisognerebbe dire sin dall’inizio: «Non preoccuparti, l’hai già persa. Ancora non lo sai, ma è già successo. Tranquillo». Certo, quando tutto comincia sembra impossibile considerare l’eventualità che possa finire. Vedi tutto rosa: quei primi baci interrotti solo dall’esigenza di raccontarti e farti raccontare tutto. Incredibilmente niente di lei ti annoia, nemmeno quando ti parla per ore della sua passione per la letteratura francese o dei suoi tre gatti con quei nomi ridicoli. Senti il cuore che batte più forte e capisci che tu, proprio tu, chissà per quale assurdo motivo, sei l’eccezione per quella che è la tua unica eccezione alla banalità del mondo.  Bello, no? Di più. Fantastico. Meraviglioso. Indefinibile. Ti sembra di esistere sul serio solo quando sei con lei perché nessun altro ti fa sentire allo stesso modo. E quella esigenza di entrarsi dentro poi diventa anche fisica e, beh, lì cambia tutto. Il rosa dell’infatuazione lascia il posto al rosso della passione e il cuore, semplicemente, va per conto suo a una velocità tale da saltarli quasi i battiti. E per un po’ tutto funziona, non dico di no. Anzi, forse per la prima volta ti senti vivo per davvero. Ma poi? Poi bisogna fare i conti con la quotidianità, alla quale attribuirei il colore arancio perché, sì, tutto è ancora bello, caldo e luminoso certo, ma diciamo che ci si fa meno caso. Si vive una vita tranquilla insieme, però adesso bisogna fare posto anche al resto del mondo: il lavoro, lo studio, la famiglia… gli altri. E poi, a volte, succede che gli altri entrano un po’ troppo in quella vita. E magari quegli “altri” poi si chiamano Marco, per esempio. E Marco è solo un amico. Certo, come no? Un amico che però si fa sempre più presente nei discorsi e, guarda caso, manda messaggi a tutte le ore. Tu non lo sai ancora, ma dalla confortevole zona dell’arancio sei già passato al giallo della gelosia, il colore del non ritorno. E non puoi farci proprio niente. I sospetti, i litigi, il rancore. Si fa pace, sì. Forse all’inizio anche abbastanza facilmente. Ma a un certo punto entrambi perdete il controllo e i toni diventano troppo accesi. E, in quanto geloso, tu soffri; e soffri quattro volte perché sei geloso, perché non vorresti esserlo, perché hai paura che la tua gelosia finisca per stufarla e perché ti lasci travolgere da un sentimento così banale. Non hai più il senso delle proporzioni: ti guardi e ti vedi come uno dei tanti; poi guardi lei e, beh!, lei è eccezionale e proprio per questo tanto pericolosa. Ti senti sempre più insicuro. Lei questo lo avverte e ti guarda con occhi diversi. La tua più grande paura sta prendendo forma proprio in quel momento: lei ti vede come ti vedi tu. Le dici che cambierai, che vuoi essere l’uomo di cui ha bisogno e lei, magnanima, decide di concederti un’altra possibilità. Ma niente. Ormai sospetti di tutto. Non fai altro che indagare, a volte anche in maniera poco sottile, e spesso insinui cose che sarebbe meglio non insinuare mai. Diventi paranoico. La vedi mentre parla con le altre persone e ti sembra quasi di sentirli mentre ridono di te e le chiedono: «Ma perché stai con lui?». Non ti fa onore, ed è difficile ammetterlo, ma a quel punto il giallo si tinge anche un po’ di verde: l’invidia. Lei è brillante, chiunque se ne accorge. Talmente brillante che succede esattamente quello che succede con i colori: quando brillano troppo diventano evidenziatori. Infatti lei riesce a mettere in evidenza ogni tuo singolo difetto. Esiste solo lei, mentre tu resti sullo sfondo come le parti poco interessanti dei libri, quelle che non vale la pena sottolineare. Non riesci proprio a trattenerti e fai scoppiare l’ennesima litigata, ma questa volta lei non ce la fa più. Ti dice che eri tutto il suo mondo, che mai avrebbe pensato di tradirti e che il futuro lo immaginava solo con te. Ma ormai le cose sono cambiate e… Marco? Cosa c’entra Marco adesso? Si copre il viso con le mani e quando le alza per passarle sui capelli tirandoli indietro vedi che sta piangendo. A quel punto, evidentemente, pensa che non ci sia più niente da dire perché afferra la borsa, ti dà un bacio sulla guancia e se ne va, lasciando le chiavi di casa sul ripiano vicino alla porta d’ingresso. E tu rimani lì, da solo. Non sai nemmeno cosa provi perché da una parte te lo aspettavi, ma dall’altra ancora non ci credi che sia successo veramente. Forse questa è quella sensazione di tristezza profonda che in inglese viene chiamata “blue”, il colore che ha preceduto la mia attuale apatia grigiastra.
Solo ora mi accorgo veramente di quanto l’amavo; ora che ho iniziato a pensare che sarebbe stato molto meglio non averla mai incontrata.
Sta per piovere e io ho freddo. Lascio i soldi del caffè vicino alla tazzina e mi alzo. Do un’ultima occhiata intorno, ma niente attira veramente la mia attenzione finché non arrivo al tavolino all’angolo del bar: un bambino e una bambina stanno discutendo perché non riescono a decidere in che ordine abbinare i pastelli per colorare l’arcobaleno che hanno appena disegnato. Senza accorgermene mi ritrovo a sorridere per la prima volta da giorni e, con quella immagine nella testa mi incammino verso casa.

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