Sono una ladra. Ho rubato, sì. Sono colpevole. Arrestatemi. Ammazzatemi. Ho rubato per fame. Non ho soldi per mangiare e l’altro giorno sono entrata nel negozio di Kumar, l’indiano amico mio che ha il negozio di alimentari sempre aperto dietro al parchetto di Via Casilina a Torre Angela. Kumar è un indiano di cento chili che sembra il genio della lampada, ma molto più bello. Con gli occhi enormi e neri e più grandi dell’India intera. E l’altro giorno sono entrata nel suo negozio e sono uscita con due scatolette di tonno in tasca, e da quel giorno che non mangio più.
Sono entrata nel negozio di Kumar, erano le 4 del pomeriggio e mi si è spezzato il cuore perché io non ero una ladra fino a due giorni fa e Kumar è amico mio, e mi fa sempre credito a fine mese quando non ho i soldi per comprare il pane o la frutta o il cibo per il cane. Mi fa sempre credito Kumar. E poi fa sempre finta di scordarsi che gli devo dei soldi anche se ormai devo dargli più di cento euro tra frutta e pane e cibo per i cani. E invece due giorni fa sono uscita dal suo negozio con due scatolette di tonno in tasca senza pagare e senza prendermi il suo sorriso e avevo il cuore veramente spezzato, mica come il giorno in cui me ne sono andata via di casa. Quel giorno non me n’è fregato nulla, e non ho sentito un pianto quando l’ ambulanza che è a prendermi, e non avevo il cuore spezzato come due giorni fa da Kumar. Ma non sono né una ladra né stronza e non mangio da due giorni e quel tonno ce l’ ho ancora in mano, scatolette di tonno di seconda marca che non mangerò mai. E l’altro ieri invece Kumar non mi ha ammazzato mentre me ne andavo con le scatolette di tonno in mano, non mi ha accoltellata e non mi ha ferito con le parole, ma ho sentito il suo pianto silenzioso mentre uscivo dal negozio e ora ho il cuore frantumato. E non lo so se in questi giorni Kumar mi ha perdonata perché ho rubato mentre lui era girato alla cassa per aiutare una signora anziana che aveva comprato solo due uova e una rosetta per la cena, e Kumar la stava aiutando a mettere la cena nel sacchetto di carta ma la signora non aveva abbastanza soldi e lui si è fatto bastare un euro perché lui dice che è tutto quello che serve per uno scontrino fiscale, perché Kumar aiuta sempre tutti ma poi lui a pranzo finisce per mangiare soltanto pasta e patate, dice che lo fa per risparmiare, però poi fa mangiare la carne di manzo al figlio che fa la terza media ed magro come un chiodo Kumar ma con la pancia, e l’ha iscritto anche palestra e lì gli hanno detto che i carboidrati fanno ingrassare e da quel giorno il figlio di Kumar non mangia più la pasta che gli cucina il padre e che invece è buonissima. Kumar tutti i giorni si mangia mezzo chilo di pasta scotta con le patate condita con due bicchieri della sua salsa speciale, perché Kumar pesa cento chili e senza cibo non può stare tutto il giorno in piedi a badare al negozio e una volta mi ha detto che vorrebbe dimagrire o fare sport ma che non può, Kumar non può andare in palestra, non può andare a correre al parchetto dietro al negozio come fa suo figlio di tredici anni perché Kumar deve badare al negozio di alimentari tutto il giorno, dalle sette del mattino alle undici di sera, e giusto una settimana fa Kumar mi ha fatto assaggiare la sua pasta e patate con la sua ricca salsa speziata delle Indie ed era uno spettacolo e forse c’era un po’ troppo curry, questo è vero, ma è stata comunque la cosa più buona che mi fosse capitata in quella giornata di merda, e infatti Kumar ha visto che mi era piaciuta la pasta e ha preso una ciotola dal suo negozio da un euro e cinquanta, con il suo coperchietto tondo e ha tirato fuori un bel po’ di pasta fumante dalla sua insalatiera indiana e mi ha detto con il suo sorriso largo e con il suo accento romano quasi perfetto ‘’Tie’, te la mangi stasera’’ ma io, invece, la sua pasta l’ho mangiata subito, ed erano solo le cinque di pomeriggio, ma io non aspettavo altro che correre a casa dopo quella giornata di merda per fiondarmi su quella pasta fumante, calma e buona come l’oceano, con rocce di patate ed una salsa ricchissima e senza cipolle, quasi identica a quella che mi preparava mia nonna e infatti, nel brodo della pasta, il sorriso di mia nonna si confondeva con il largo sorriso di Kumar. Ma da quando sono uscita dal negozio di Kumar con le due scatolette di tonno in tasca, continuo a sentire il freddo del metallo e a vedere solo la mia miseria.