Questo racconto è stato scritto durante la full immersione di Baratti 2018
Anche a Cologno Monzese il sole può brillare sulle ringhiere e nei giorni di vento la luce può essere perfetta. In quei giorni, da lontano si vedono le montagne. In quei giorni, si fa intenso il desiderio di essere altrove.
Stai sprecando la vita, se la passi desiderando di essere altrove?
Camminando da casa alla metropolitana per Milano stai attenta a non pestare le linee del selciato. Se ci riesci il desiderio si avvera. Se il piede cade sul punto sbagliato scacci il pensiero, ci proverai la volta dopo, c’è sempre un’altra occasione. A vent’anni ci sono quasi sempre altre occasioni.
Stai sprecando le occasioni, se ne aspetti sempre un’altra?
Camminando da casa alla metropolitana di solito sogni. Pensi a come sarai, a come potresti essere. Pensi a come sei. Ti rifletti nelle vetrine dei negozi. Non sei proprio una bellezza, ma forse ogni tanto anche tu puoi brillare al sole, come le ringhiere di Cologno.
Prendendo la metropolitana, come ogni mattina per andare al lavoro, speri di incontrare qualcuno. Qualcuno con cui forse andare lontano. Lo sai che non è facile, incontrare l’amore in metropolitana. Ma dove lo potresti trovare altrimenti? Non in ufficio, che siete in due. Le amiche, compagne di scuola, al massimo le vedi per una pizza ogni tanto.
Prendendo la metropolitana, quindi, stai sempre attenta a tenerti dritta, ti lisci i capelli, tiri la pancia in dentro, perché così hai migliore aspetto, e anche se non sei una bellezza forse aumenti le possibilità.
In metropolitana, se c’è posto (e capita, perché sali quasi al capolinea) ti siedi sempre dal lato opposto all’entrata, dalla parte sinistra guardando la locomotiva, per così dire. È importante perché se ti siedi dall’altra parte ti possono succedere delle disgrazie, come quando l’avvocato ti ha sgridata per degli errori di battitura (che poi si possono spiegare perché era una svista), o come quando ti sei rovesciata il caffè sul vestito bianco, che era quasi nuovo.
Stai sprecando l’anima, se hai sempre paura?
In metropolitana, qualche giorno fa hai notato un ragazzo. È salito a Udine, che non è la città ma il nome della fermata, che è già a Milano. È alto e abbronzato, capelli ricci, occhi chiari, un orecchino. Ha l’aria di uno che potrebbe andare lontano
Noti bene l’orario, il vagone in cui è entrato, per cercare di incontrarlo ancora.
E così lo rivedi spesso, e ogni volta lo guardi con più interesse, lo osservi di nascosto. Entra nel vagone affollato con aria leggera e spavalda, non si scompone se c’è gente e non ci si può muovere, tira fuori un libricino e legge, dall’alto. Lo guardi e vorresti farti notare, ma non sai come fare perché lui legge e tu, tu non sei proprio una gran bellezza.
Così cerchi di far qualcosa. Aumenti il trucco, cerchi al mercato dei vestiti nuovi, più corti, che ti facciano apparire. Quando la metropolitana arriva a Udine ti ricordi sempre di raddrizzare la schiena e tirare in dentro la pancia più che puoi, per essere al meglio.
E un giorno accade il fatto miracoloso, convergenza degli astri. Hai trovato posto a sedere dalla parte giusta del vagone. La signora vicino a te si è alzata a Udine e così quando lui è entrato si è seduto, accanto a te. Hai sentito il suo profumo – note esotiche, speziate, un fondo avvolgente. Aveva un libro in tasca, lo tira fuori e comincia a leggere. Non riesci a vedere il titolo, tiene la copertina girata nella mano. Ha mani grandi.
Devi cogliere l’occasione, e adesso che è il momento non sai bene come fare. Eppure il trucco è a posto, il vestito di oggi non è male, sei seduta dritta, al meglio.
Prima che sia troppo tardi. Prendi coraggio. Lo tocchi gentilmente sulla spalla. Alza gli occhi dal libro, ti guarda. Vedi allora che i suoi occhi sono veramente verdi, e ti perdi per un attimo in quella visione di praterie lontane. Poi guardi ancora, sono in realtà verdi e gialli, occhi di felino esotico.
Esiti. E infine, con la voce più dolce che trovi, una voce che esce tremando ma che speri sia languida, gli chiedi
Scusa, scendi alla prossima?
(Non avresti potuto chiedergli l’ora perché hai l’orologio, così hai scelto quella domanda)
Lui sembra leggermente stupito ma risponde, con una bella voce, un po’ rauca.
No
E riprende a leggere.
Scossa dall’adrenalina, non sai bene cosa aggiungere. Mormori grazie e gli fai un bel sorriso, ma lui probabilmente non lo vede perché sta leggendo. Ti pare anche nel tornare al libro abbia scosso la testa e sorriso tra se’, ma non potresti dirlo con certezza.
Adesso non sai cosa fare. Perché la tua domanda presupponeva forse che saresti scesa tu alla prossima, anche se non aveva senso perché lui era seduto accanto a te e quindi non ti ostacolava il passaggio. Quindi per coerenza, per non fare brutte figure, sarebbe meglio scendere. Ma mancano ancora diverse fermate alla tua, e ci tieni ad arrivare in ufficio in tempo.
Stai sprecando il tempo, se continui a rincorrerlo?
E allora forse la cosa migliore è rimanere lì, a respirare il suo profumo, fino in fondo. Ma adesso ti imbarazzi, sei inquieta nel sedile, potrebbe accorgersene. Così, facendo finta di niente, ti alzi e ti sposti più in fondo al vagone, sperando che lui non lo noti perché allora sì che sarebbe una brutta figura. Ma lui è immerso nella lettura e quando ti alzi e gli sussurri un saluto gentile non ti sente neanche.
Ci pensi tutto il giorno. Almeno hai stabilito un contatto, pensi. Adesso forse hai un pretesto per intavolare in futuro una conversazione diversa, più interessante e profonda.
Nei giorni successivi ci provi. Ogni volta che lo incontri lo guardi direttamente e gli fai un piccolo sorriso, ma non sembra accorgersene.
Un giorno finalmente ti vede. I tuoi occhi castani si incontrano con la sua sinfonia verde gialla. Gli fai un sorriso più diretto, lo saluti sottovoce, ciao.
E lui ti risponde!
Ti saluta di rimando, cortesemente, anche se ti pare che sia un po’ perplesso, che non ti abbia riconosciuta.
Ma insomma ti sembra che la tua strategia stia funzionando. Adesso avete stabilito quasi un legame, una connessione, magari tra qualche giorno potrai presentarti, spiegargli chi sei, e poi da cosa nasce cosa, come dicono sempre la mamma e la nonna.
E poi però succede.
Succede che ti sei seduta dal lato sbagliato del vagone. È il viaggio di ritorno e il ritorno è meno importante dell’andata, perché è sera e pensi che oramai non possono più capitare grossi disastri. E l’avvocato ti ha tenuta oltre l’orario, e sei stanca e non vuoi fare il viaggio in piedi.
A una fermata strana, niente a che vedere con le solite, lo vedi salire. È con una ragazza, alta, capelli scuri e occhi azzurri che si vedono anche da lontano. Una ragazza elegante, una bellezza milanese. Ridono e si baciano. Sembrano felici.
Senti le pareti del vagone che ti si stringono intorno, pulsando. Poi subito sai che non devi farti vedere. Ti alzi e scappi in fondo al vagone. Appena il treno si ferma, corri nel vagone successivo.
Non riesci a pensare a niente, neanche a piangere. Scendi alla tua fermata e cammini rabbiosamente verso casa, come in trance. Non badi neanche a dove metti i piedi, alle linee del selciato. Ma come hai fatto, ti chiedi, ma come hai fatto a non vedere che non c’era storia, che il sogno non aveva sostanza?
Stai sprecando i sogni, se continui a illuderti?
Poi però alzi gli occhi. È una sera di maggio, il tramonto è rosso liquido. Le macchine parcheggiate, i condomini, i cartelli stradali e le vecchie pubblicità si sciolgono nella luce calda. Pensi che è bellissimo.
Sì, è bello anche qui, ti dici.
Il dolore si attutisce, quella visione ti consola.
Dopotutto ti rimangono la bellezza di Cologno Monzese, ed altre occasioni.