È successo ancora.
Che poi quest’anno non eri neppure venuta per scrivere. Volevi solo accompagnare un’amica e, quando poi lei non ha più potuto, hai deciso di venire comunque per beneficiare della piscina, della luce della Toscana, della voce emozionante di Enrico e Paolo, della compagnia di tante persone interessanti, e soprattutto per ritrovare amici che ti sono preziosi e intimi anche se avete passato insieme solo pochi istanti della vita.
Dopo otto ore di viaggio, sabato all’arrivo ti riempi di nuovo incanto per la luce di quella campagna che riflette il mare, e se il bagno odora un po’ di muffa sorridi, anche quello fa parte dei ricordi ritrovati. Ritrovi con gioia persone care, la sera bevi vino rosso, buono (ne berrai molto per tutta la settimana).
Domenica navighi nella beatitudine, ti culli nelle voci di Paolo, Enrico ad Agrin, segui le invenzioni dei compagni con ammirazione.
E poi domenica sera ti prende un sottile senso di angoscia. Se proprio non riesci a scrivere niente, farai una bruttissima figura? Provi a buttar giù qualcosa, sono tre anni che non scrivi, dalla ultima full. Le parole escono con difficoltà. Banalità. Impossibile trovare una storia. Ma chi te l’ha fatto fare.
Lunedì il disagio si accentua. Ma guarda un po’ se ti dovevi mettere in questa situazione. Lasciare la famiglia per una settimana, consumare i tuoi pochi giorni di vacanza per farti torturare.
Martedì mattina la decisione è presa. Signori, l’età degli esami è fi-ni-ta. A te gli esami non piacciono. Hai fatto quelli indispensabili, ed oramai eviti i superflui. Eh no. Tu non scrivi, non sei mica obbligata. Magari te ne vai pure via prima. Invidi i tedeschi che se ne stanno andando al mare.
Martedì sera hai un colpo di genio. Decidi di copiare, da te stessa. Ritrovi nei vecchi appunti un pezzo che avevi scritto per un altro laboratorio. Lo sistemi un po’, e sei a posto. Almeno hai qualcosa da presentare – il compito è fatto, il senso del dovere si è placato, e ti compiaci per la furbizia. La notte dormi profondamente.
E invece mercoledì all’alba ti viene un’idea nuova, ti alzi subito a scriverla. All’improvviso sai cosa vuoi raccontare. Le parole fluiscono, si mettono insieme naturalmente e la storia emerge da sola.
E il resto della giornata, e parte di giovedì, passano poi in un’ estenuante attesa della valutazione. Ci sono i turni, i numeri. A che numero sono arrivati? C’è sotto Claudia, adesso tocca ad Ester. Come è andata? A che numero sono arrivati? Così indietro?? Ricordi di tempi lontani, un po’ sgradevoli.
Tempo perso, anche se al sole di Toscana. Tranne che. Tranne che nell’attesa si parla, si ascolta. Si esercita la sensibilità. Si scoprono persone incredibili, vite affascinanti. Osservi, e vedi che le storie stanno succedendo sotto i tuoi occhi.
E venerdì pomeriggio si ascoltano i racconti, e le inquietudini di ognuno hanno preso forma, e si sono trasformate in musica e emozioni.
Non è quello, però, il miracolo della full.
Il miracolo della full si accenna nel frattempo, quando vai al mare con Maria Giulia.
Il mare non è solo mare, è poesia salata. Tu sei un grosso pesce bianchissimo. Abdul Ciappachì Ciappalà ti appare come un eroe epico, commovente.
E poi il miracolo si manifesta in tutta la sua pienezza quando prendi l’autobus e vai a Piombino, e lì tutto parla, tutto vibra. La realtà diventa simbolo di se stessa.
In cartoleria una signora ti vende un pennarello e ti aiuta a sceglierlo come se fosse l’arma per una grande impresa, esprime un entusiasmo quasi devoto, ecco, ecco, ma certo, ma certo.
Poi, quando lasci cadere il quaderno per correre a recuperare un bambino piccolo che è sfuggito al papà e si sta infilando su una scala pericolosa, il pennarello sparisce, ne rimane solo il cappuccio.
Tutto ciò vorrà dire qualcosa.
C’è una casa in vendita davanti al mare, e la riconosci con certezza – è quella casa sconosciuta che torna ricorrente nei tuoi sogni.
Una rosa di seta, ingrigita dal sole, vola sul marciapiede.Vorrà dire qualcosa.
Dei bambini con la maglia di Ronaldo sono seduti scalzi a cavalcioni di grosse moto, persi in un videogioco.
I due tossici alla stazione hanno il sole in fronte, e un cane bellissimo.
Le maniglie di un portone formano una faccia, occhi obliqui e bocca un po’ triste.
Ogni cosa ti risuona dentro.
La storia c’è dappertutto. Tutto merita di essere ascoltato, tutto può essere raccontato.
Il miracolo della full è un miracolo breve, evanescente. Durerà al massimo fino a lunedì mattina alle nove, quando di ritorno a Bruxelles riaccenderai il computer.
Intanto però sai come ti senti, quando vibri con il mondo. Sai che se è successo ancora, potrà succedere di nuovo – anche se servono la luce della Toscana, la compagnia di persone speciali, la sapienza di grandi maestri, e una certa dose di stress e di vino rosso.