La poltrona verde

di

Data

Illustrazione di Agrin Amedì
Anche oggi resti a casa? Sì, non ho voglia di uscire. Sì, ma stai diventando grasso. Dovresti andare a fare una passeggiata, una corsa, non so, qualcosa. Ti sta venendo la pancia.

Anche oggi resti a casa?
Sì, non ho voglia di uscire.
Sì, ma stai diventando grasso. Dovresti andare a fare una passeggiata, una corsa, non so, qualcosa. Ti sta venendo la pancia.
Ti prego, puoi stare zitta? Non ce la faccio a stare seduto qui se mi parli nell’orecchio. Lasciami leggere in pace.
Magari leggessi, se sei ancora alla stessa pagina di un’ora fa. È che fissi la pagina e rimugini su mille altre cose, vuoi che non lo sappia?
La mia poltrona parlava. Era stata mia moglie a volerla verde. L’aveva portata dal tappezziere quattro volte prima di trovare un colore che la soddisfacesse.
Poi quando se n’era andata, l’aveva lasciata a me.

Non ero pazzo, parlava per davvero.
Esattamente da cinque anni, esattamente da quando mia moglie mi aveva lasciato.
Insomma hai trovato un lavoro?
Si, forse ho trovato qualcosa. È un’agenzia di viaggi, pagano bene.
Ottimo, così finalmente la mattina avrai una ragione per alzarti dal letto. Sei insopportabilmente sciatto quando ti aggiri per casa in pigiama. Però insisto, ti sta venendo la pancia. Dovresti smettere di bere birra e alzare le chiappe dalla mia stupenda tappezzeria.
Ma perché mi tormenti?
Non ti tormento, cerco di aiutarti. Stai andando a rotoli, non hai più controllo su nulla. Quella stronza di tua moglie non ti ha lasciato che me, in un certo senso te lo devo.
Non ho voglia di fare nulla. Non ho voglia di uscire, di vedere gente, di bere cocktail o di andare a cena fuori.
La vita è movimento, se sei fermo vuol dire che sei morto.
Poetica questa, dove l’hai sentita?
Bah, non ricordo. Vedi tanta tv, qualcosa imparo anche io.
Mi ero alzato per prendere una birra ed ero tornato in salone.
Quel verde mi disturbava. Mi ricordava il minestrone di verdure, quella brodaglia puzzolente che mia moglie cucinava tutte le sere. E che io ero costretto a mangiare, sorridendo.
Comunque vedremo, comincio domani alle nove.
Ottimo! Fatti una doccia però.
Perché puzzo?
No, non proprio, ma forse è meglio – alzò i braccioli in segno di indifferenza. Continuò a blaterare qualcos’altro, mentre io la osservavo muoversi impercettibilmente. Il grande cuscino centrale si spostava su e giù come fosse il labbro superiore di una bocca.
Verde pisello, ecco com’era. Stonava con tutto quello che c’era intorno.
Il giorno dopo rientrai a casa verso le cinque.
Allora, come è andata?
Magnificamente.
Magnificamente?
Sì, perché? Non può essere andata magnificamente?
Beh sì, ma detto da te…
Perché, non mi si addice?
No, non molto. Insomma sei depresso, sei grasso, non ti lavi, non esci mai di casa e poi, alla prima botta, va tutto magnificamente.
Non capisco, non eri forse tu a volermi vedere di nuovo felice? Ho anche incontrato una donna, si chiama Elisa. Domani sera andiamo a cena insieme.
E le hai chiesto tu di uscire?
Certo che sì.
E come glielo hai chiesto?
Che domanda è? Le ho chiesto se domani sera voleva venire a cena con me, in un posto carino vicino all’ufficio.
E che posto è? Come fai a conoscerlo?
Ho letto una recensione, non ci sono mai stato però.
Non ne dubito. Sono almeno sei anni che non vai a cena fuori. Lei che tipo è?
Mah… si veste sempre di giallo. Perlomeno oggi.
E allora come fai a dire che si veste sempre di giallo?
Non lo so, la sua scrivania è piena di piccoli ninnoli gialli, di pennarelli gialli, di post it gialli…
I post it sono gialli.
Sì lo so, era per dire.
Altro?
Altro che?
C’era altro giallo in giro?
Sì, te l’ho detto, quasi tutto era giallo.
Che colore orribile, il giallo. Lo trovo a dir poco deprimente.
Beh, meglio del verde pisello di sicuro… Comunque sono tutti fantastici a lavoro.
Fantastici?
Sì, mi hanno offerto il pranzo e hanno fatto un brindisi in mio onore. Un brindisi di buon augurio. Poi mi hanno invitato a una partita di tennis.
A vederla?
No, no, a giocare.
Sai giocare a tennis?
No, ma non è questo il punto. Sono fantastici.
Wow, è tutto così fantastico…
Lo disse con il suo solito odioso sarcasmo.
Era una stronza, un’acida stronza proprio come mia moglie.
Per fortuna suonarono alla porta. Andai ad aprire.
Mi ripetei che avevo fatto bene, era una grande idea.
Oh finalmente – dissi, rivolgendomi a due robusti signori in tuta da lavoro.
Ma chi è questa gente? – chiese lei, allarmata.
Parlare con una poltrona non era da persone normali, ma decisi di fregarmene.
Non ti preoccupare, ho chiamato il tappezziere – le risposi, mentre i due la sollevavano e la portavano via, lanciandomi qualche strana occhiata – tra qualche giorno torni qui, nuova di zecca.
Che ci vado a fare dal tappezziere?
Hai bisogno di una rinfrescata e io ho bisogno di togliermi da davanti gli occhi questo orribile verde. Credo che il colore giallo si addica di più alla tua personalità.
Sei impazzito? Non si è mai vista una poltrona gialla! Non è un colore adatto!
Perché dici così? Sono sicuro che a Elisa piacerà moltissimo.

Altri racconti
in archivio

Sfoglia
MagO'