Una volta mi è piaciuto il mare

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illustrazione di Agrin Amedì
Una volta mi è piaciuto il mare. Mica era stronzo come al solito, quel giorno. E chi ci pensava, infatti, alle varie menate del mare? Alla luce dappertutto, al caldo opprimente, alla sabbia infuocata, a tutti quei piedi innaturalmente costretti in infradito,

…e donne strette dentro scialli neri
vennero a reclamare scelte chiare
stavano i vecchi accovacciati ai muri
attenti i bimbi attenti i cani attenti

C.S.I., “Inquieto”

Una volta mi è piaciuto il mare. Mica era stronzo come al solito, quel giorno. E chi ci pensava, infatti, alle varie menate del mare? Alla luce dappertutto, al caldo opprimente, alla sabbia infuocata, a tutti quei piedi innaturalmente costretti in infradito, agli asciugamani sempre sporchi, alla gente che parla ad alta voce di calciomercato e di nei asportati in questa e in quella clinica dove «se vuoi conosco qualcuno». E ancora: alle frasi da esperti alla Capitan Findus tipo «oggi però l’acqua non è male», oppure «oh, oggi è proprio una latrina», «eh, alle 5 piove». Ma che cazzo ne sai tu di meteorologia e di bollettini dei naviganti se fino a una settimana fa te ne stavi in ufficio a chiederti se nel caffè avessi messo una o due zollette di zucchero?
Una volta mi è piaciuto il mare. Ma soprattutto perché stavo con Mario. Mica era stronzo come al solito, quel giorno. Nemmeno uno dei suoi soliti capricci che però, in fin dei conti, mi hanno sempre fatto tenerezza. E poi… Dio mio come mi guardava! Come se fossi l’unico uomo che avesse mai visto. Avevo una gran voglia di baciarlo, quel giorno. Dimenticando tutte le sue scappatelle, i suoi comportamenti da matto, i suoi atteggiamenti egocentrici e prevaricatori. Insomma, tutto quell’odioso corredo di pretesti per abbandonarmi al mio consueto «chi me l’ha fatto fare!?»
Una volta mi è piaciuto il mare. Perché quella volta era tutto perfetto, un quadro dipinto da Cupido in persona. Io e il mio Mario vicinissimi, sul telo in spiaggia. Le spalle a sfiorarsi, i corpi al sapore di olio di mandorla. Due bellissime anime innamorate che avrebbero brillato anche al buio, tanto erano belle. Gli schiamazzi dei ragazzini? Canti di usignoli. Il ciabattare dei bagnanti sul pavimento di legno del baretto? Un ritmo charleston. Il caldo martellante? Dolce tepore.
Poi, a un certo punto, il mare non mi è piaciuto più. Mario e io, spalla a spalla, ridendo e guardandoci negli occhi attraverso i Ray-Ban con la montatura colorata, innamorati come mai prima quel giorno, non ci eravamo ancora accorti di ciò che ci capitava attorno. Della nonna che, passandoci davanti, metteva scandalizzata una mano davanti agli occhi del nipotino. Della coppia di culturisti ventennio-tatuati che ci indicavano con la mano a coppa di chi vuol sottolineare qualcosa che merita biasimo. Del gruppetto di amiche intente a ridere della grossa con la mano davanti alla bocca. Del pensionato con il berretto calcato in testa e“Il Messaggero” sotto l’ascella che ci applaudiva sarcasticamente.
«Ma… hanno portato er cinema all’aperto de giorno: “Er vizietto” co’ Tognazzi!», il commento del cinefilo. «Ma quanto sète carucci!», quello del romantico. «Ma dico io… ce stanno pure ‘e creature. Ve sembra giusto?», il progressista. «Ma mica siete a casa vostra qui!», il casalingo. «Ma dove andremo a finire?!», il fatalista. «Ma cosa vi siete messi in testa!?», il tricologo.
«Ma… Ma… Ma… Ma… Ma…» All’ennesimo commento iniziante con “Ma” sbottai, balzai in piedi intenzionato a dare la paga a tutti. Feci però in tempo soltanto a preparare un dito puntato, uno sguardo infuocato sotto i Ray-Ban turchesi e a gonfiare il petto per trasformare l’aria in parole grevi di cui poi mi sarei serenamente vergognato, quando la mia attenzione fu rapita proprio dal mare. Mi voltai allora verso Mario, che lentamente si alzava pure lui in piedi.
«Hai mai visto una cosa simile?», gli chiesi.
«Intendi il mare che si ritira come se le onde arrivassero di traverso? Direi proprio di no», mi disse incredulo pur non perdendo la solita ironia.
Le acque componevano esattamente quel gioco, come la pettinatura impomatata con la riga in mezzo di un banchiere dei film western. Fino all’orizzonte, il mare aveva deciso di tracciare un confine con un canale centrale proprio davanti ai nostri occhi. Mi strinsi angosciato a Mario, trattenendo il fiato. L’angoscia si trasformò in terrore, mi scappò anche un assai poco virile – me ne rendo conto – «Mamma mia! Ma cosa succede?!»
«Guarda, si sta aprendo!», disse Mario indicando il canale che iniziava a dilatarsi. Ma ritrasse subito il dito, forse temendo di essere risucchiato in quell’inquietante solco.
Davanti ai nostri occhi, le acque si aprirono per ospitare un’autostrada a due corsie fino all’orizzonte. Io e il mio lui non avevamo più il coraggio di parlare. Intorno a noi nessuno guardava verso quel clamoroso spettacolo della natura. Tutti i bagnanti erano focalizzati su di noi e notai anche un minaccioso avvicinamento di quei corpi sudati e mezzi nudi.
«Annate a casa vostra a fa’ ‘ste porcherie!», «Che schifo! Datevi un contegno!», «Non avevate nessun altro posto dove andare?», «Mo, vabbè che ve dovemo accetta’, ma state a esagera’», «Cosa mi tocca vedere alla mia età!», «Siete due mostri!» Ecco, in condizioni normali mi sarei – come dire… – risentito a quel «Siete due mostri!» e avrei risposto per le rime con quel sarcasmo che piaceva tanto a Mario.
«Aprite gli occhi! Non vedete cosa sta succedendo?», dissi invece indicando platealmente il mare stendendo le braccia davanti a me.
«E che sta a succede, eh? Te vòi lamenta’ che semo tutti omofobbi, di’ la verità. Ancora co’ ‘sta pippa dell’omofobbia», disse un giovanotto con i capelli a spazzola e un paio di occhiali da sole tipo rapper anni ’80.
«Ma cosa diav… Il mare! Sto parlando del mare! Guardate, s’è aperto il mare!», dissi indicando quella specie di autostrada.
«’o so io che te s’è aperto a te!», replicò una voce poco lontana che scatenò risate sguaiate.
Continuando a fissare l’enorme apertura tra le acque davanti a sé, Mario mi tirò per un braccio.
«La vuoi smettere? Che risposte credi di ottenere parlando con un muro? Guarda lì piuttosto».
A contornare l’autostrada a due corsie due pareti d’acqua, lisce e regolari neanche fosse un acquario senza il vetro.
«Ma che cazz…».
Incurante della platea antropomorfa di stanza a pochi metri dai nostri teli da spiaggia, Mario mi disse «Vieni con me». Ma prima ancora di aver finito la frase era già sul bagnasciuga. Corsi accanto a lui e iniziammo a studiare l’apertura nel mare.
«Ecco, bravi. Scappate!», sentimmo alle nostre spalle.
La prima cosa che mi colpì lì dentro, nel bel mezzo del canale, fu la temperatura, senz’altro più fresca rispetto a quella in spiaggia. E poi il suono: le onde avevano trovato il loro percorso ordinario e così era ripreso anche il rumore che accompagnava il loro infrangersi sul bagnasciuga. Ma, ascoltato da lì, sortiva ben altro effetto. Sotto i nostri piedi, infine, ciò che prima era un fondale marino ora era sabbia asciugata dal sole. Lui tese una mano verso la parete d’acqua alla sua sinistra e mi invitò a fare lo stesso. Era, appunto, come entrare in un acquario dalla parte sbagliata.
Non eravamo più preoccupati. Anzi, era rassicurante l’atmosfera che respiravamo. Mario, soprattutto, era affascinato dall’incredibile seppure a modo suo monotono paesaggio che ci si apriva. E iniziò a ridere e ridendo iniziò a schizzarmi il viso con l’acqua. Io risposi con la stessa moneta, ridendo e guardandolo.
«Ti amo!», mi disse Mario interrompendo il gioco e guardandomi come non mi aveva mai guardato.
«Ma…», cercai di rispondere.
«Ti amo – ripeté – e sono uno stronzo, hai tutte le ragioni del mondo per pensarlo. Mi sono comportato malissimo e mi dispiace. Ma io ti amo».
In pochi secondi avevo ottenuto un “mi dispiace” e ben tre “ti amo”! Ciò che avevo a lungo atteso era arrivato. La pace, la serenità, la sicurezza del mio amore ricambiato. Erano stati i suoi occhi, prima ancora del “mi dispiace” e dei tre “ti amo”.
Ci abbracciammo. Anzi, no. Non è corretto parlare di abbracci. Piuttosto, morii d’amore, felice, tra le sue braccia e ci sciogliemmo in un bacio che non avevamo mai vissuto.
«Froci!», «Ricchioni!», «Mamma mia, che schifo!», «Li mortacci vostra!»
Eh sì, scatenammo un putiferio e nessuno si preoccupò di quell’apertura nelle acque. Nessuno neanche si accorse di quello strano scherzo della natura. Giusto così, eravamo noi i protagonisti della scena. Anche quando il mare decise di richiudersi. Ma non in maniera cruenta, piuttosto fu come sentire due gigantesche mani chiudersi attorno a noi per proteggerci.
Dapprima sentimmo una pioggerellina, l’acqua che cadeva su di noi. Poi un’immensa onda che ci avvolse e ci spinse sempre più lontano, nei luoghi più misteriosi del mare. Lì dove non c’è passaporto né visto che tenga: non si può proprio entrare. Salvo rare eccezioni.

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