Iniziò tutto nel 1907, quando Jack London decise di costruire una barca e viaggiare: a bordo di una piscina cominciò a fantasticare insieme alla moglie e ad alcuni amici su quanto sarebbe stato bello girare il mondo. E, così, partì. D’altronde London non era tipo da perdersi in chiacchiere: disse “facciamolo” e lo fece. A raccontarcelo è direttamente lui nel suo “La crociera dello Snark” (Mattioli 1885): da questo libro prese vita tutta la mitologia del surf e gran parte della cultura beat. In queste pagine possiamo scorgere Kerouac, Ginsberg e Burroughs, ma anche William Finnegan e la sua analisi sul surf. Affascinato dalle Hawaii, London rimane incantato dai giovani locali che sfidano l’oceano su rudimentali tavole di legno: per lui, lo scrittore avventuriero, viaggiare per il mondo, cavalcare le onde è qualcosa di più che un semplice atto di ribellione. È il senso stesso della vita: cercare, osservare, partire affamati di esperienze e di incontri. Ma ogni decisione fuori dai canoni porta con sé la sua dose di scetticismo sociale. È lo stesso London ad avvertirci: molti dei suoi amici non capiscono il senso di quest’avventura, dell’urgenza di partire. È una pazzia, qualcosa contraria al buon senso: ma il momento è arrivato. Per London è più facile partire che restare impantanato nella terraferma. L’immobilità non fa per lui: e il viaggio diventerà da lì in poi uno stile di vita, un modo per conoscere il mondo e se stessi. Così come la ricerca dell’onda perfetta non sarà più solo un gioco, ma diventerà una metafora della vita: l’attesa, la ricerca del luogo, la capacità di saper aspettare e cogliere il momento giusto, che forse esiste o forse no. London chiama le cose con il proprio nome, non usa giri di parole, ma riesce a condensare in poche frasi tutto quello che il viaggio e il surf rappresentano.