Slam. L’ispettore di pubblica sicurezza Antonio Di Paolo alle 19.30 in punto rientra in casa sbattendo dietro di sé fragorosamente la porta che la moglie gli ha aperto e che come tutte le sere lui non ritiene proprio di dover accompagnare secondo quanto si converrebbe a un padre di famiglia nonché a un marito all’atto del rientro nella propria abitazione seppure dopo una giornata di intenso lavoro conclusasi come di consueto con la lunga passeggiata attorno al caseggiato perché mens sana in corpore sano .
Ehi, ehi. L’Ispettore Di Paolo accenna a un suono gutturale che ha solo lontanamente le sembianze di un umano saluto rivolto non si sa a chi perché nessuno auspica il suo rientro piuttosto tutti lo paventano al pari di quelle sue azioni che ogni sera devono essere compiute come mettere nel cassetto dell’ingresso la pistola di ordinanza appendere il cappello all’attaccapanni togliere le scarpe della divisa per indossare le pantofole.
Gnam. L’Ispettore Di Paolo emette il suo verso per esprimere il bisogno irrefrenabile di cibo dopo esattamente otto minuti e quarantaquattro secondi da che ha messo piede nell’appartamento utilizzati per le solite incombenze e poi per lavare accuratamente le sue mani spazzolando unghia dopo unghia con il potente antibatterico comprato in super offerta allo spaccio convenzionato con il commissariato presso il quale lui presta onorato servizio da quasi quaranta anni.
Uhm, uhm. L’Ispettore Di Paolo stringendo e dilatando le ampie narici come colto da improvvisa frenesia alimentare chiede alla moglie con voce alta e tuonante quale sarà il cibo che troverà sul tavolo quella sera visto che lui è affamato e stanco per aver dovuto lavorare così tanto per mantenere una famiglia di sfaticati parassiti che se la gode tutti i giorni alle sue spalle senza mai dare nulla in cambio né portare rispetto al capofamiglia di una famiglia di cinque componenti non uno di più ma neanche uno di meno a cui lui non fa mai mancare nulla.
Amen. L’Ispettore Di Paolo disgiungendo le umide mani termina rapidamente la consueta preghiera serale a cui l’intera famiglia è tacitamente obbligata nutrendo lui la speranza di assicurarsi quella benedizione che tutti ma proprio tutti gli uomini retti e qualche volta anche le donne devono cercare di raggiungere prima di accostarsi alla tavola dove il cibo presente su di essa non è certo arrivato lì per caso ma è il frutto di anni di sacrificio e di rinunce.
Glub. L’Ispettore Di Paolo si accinge a mangiare la sua minestrina serale a base di brodo vegetale rigorosamente preparato con verdure fresche e non di certo surgelate raccogliendo fino all’ultimo chicco i ditalini rimasti sul bordo del piatto e poi ingoiando senza curarsi del rumore del risucchio ogni goccia galleggiante raccolta nel fondo troppo concavo della scodella.
Comp, comp. L’Ispettore Di Paolo incurante degli altri si appropria del vassoio contenente la seconda portata prendendo la coscia di pollo più carnosa succhiandola golosamente e addentandone con avidità i frammenti di carne rimasti attaccati all’osso senza preoccuparsi del rumore che provocano i suoi denti né tantomeno di quello che compie la lingua che lui fa schioccare sul palato nel tentativo di conservare ancora di più il sapore di un cibo molto gradito.
Glu, glu. L’Ispettore Di Paolo estrae dal mazzo delle chiavi di casa la chiave dorata della credenza dove è custodito il nocino che mischiandosi amarognolo e denso al sapore di pollo residuo nella sua bocca sprigiona un tepore che lo riscalda dentro e lo avvicina sempre più alla sua adorata mamma che alla fin fine è l’unica persona che gli vuole veramente bene a lui che non fa altro che fare del bene a tutti senza essere mai ricambiato da nessuno.
Bla, bla. L’Ispettore Di Paolo masticando il manico della pipa il cui sapore va pian piano a miscelarsi dentro al suo palato a quello del nocino e del pollo attende con impazienza seduto nella poltrona di pelle sulla quale solo lui e nessun altro può sedere di poter dare inizio al consueto interrogatorio serale procedendo con ordine a partire dal più piccolo dei suoi tre figli fino al più grande per sapere quali siano stati i peccati commessi durante la giornata e ricordando loro i doveri di collaborazione, lealtà, partecipazione alla vita della casa e soprattutto sottomissione all’unica indiscutibile autorità di quella famiglia ovvero a lui stesso.
Bop, bop. L’Ispettore Di Paolo dopo avere pubblicamente rimproverato i figli più grandi per i peccati compiuti e ancor di più per quelli non compiuti ma vagheggiati contraendo le sottili labbra in una smorfia rapace colpisce con un risuonante schiaffo il figlio Leonardo di soli 5 anni perché quest’ultimo ha confessato fra le lacrime di non aver mangiato il panino con la mortadella che la mamma gli aveva messo come merenda nello zainetto perché non era di suo gradimento nonostante il padre gli avesse detto di mangiarlo visto che lui non trova certo per terra il cibo che invece costa tanti soldi che tutti i mesi lui deve portare a casa volente o nolente andando a lavorare con il bello e cattivo tempo.
Bum, bum. L’Ispettore Di Paolo dopo aver terminato di passare in rassegna tutti i gravi peccati commessi dai suoi figli rivolge alla moglie con voce melliflua la stessa domanda e mentre si accinge a pregustare il sapore di una risposta sicuramente ricca di colpe si accascia a terra colpito prima all’addome e poi alla testa dal proiettile della pistola di ordinanza che la moglie aveva preso dal cassetto mettendola sotto il grembiule sporco di minestra e riversandosi sul tappeto persiano regalo di matrimonio della sua per sempre adorata mamma e unica donna che lo abbia mai capito veramente nonché unico bene di valore della sua modesta ma dignitosa abitazione macchiandolo di rosso porpora con un alone che va inesorabilmente ad allargarsi come una spirale sotto gli occhi incantati dei tre figli raggiungendo le fino ad allora immacolate frange.