Jack London, il buio e mille parole al giorno

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Jack London, il creatore di avventure e di luoghi esotici, il figlio di un astrologo ambulante, il ragazzo scapestrato che frequentava ladri e ubriaconi, si alzava ogni mattina, si sedeva ad una scrivania e scriveva mille parole, ogni giorno, tutti i giorni.

Ci sono scrittori le cui vite sono state in parte oscurate da quelle dei loro personaggi: fu il caso di Flaubert, offuscato dalla fama e dal fascino etereo della sua Madame Bovary,  di Alexandre Dumas soffocato dalla tragedia di Margherita Gautier o di Herman Melville, inghiottito dalla sua balena bianca. Ci sono invece scrittori le cui vite sono così avventurose da aver eclissato perfino le loro opere. È il caso di Jack London, lo scrittore, o meglio il simbolo dell’avventura per eccellenza. Impossibile distinguere realtà e fantasia quando si tratta di delineare la sua vita: il mito si confonde con la quotidianità, la leggenda con il realismo. Impossibile riuscire a racchiudere in un’unica definizione, in un unico tempo, in un unico uomo la complessità della sua esistenza: mille mestieri, dal pescatore all’assicuratore, dal pugile al corrispondente di guerra; un pragmatismo tutto americano che a stento si riesce ad affiancare al romanticismo e alla struggente delicatezza di romanzi come Martin Eden. Eppure la forza della sua scrittura è tutta qui. Un luogo non è bello o brutto, ostile o accogliente: un luogo, ci insegna London, può essere crudele e bellissimo allo stesso tempo, sicuro e terrificante; le scelte che facciamo non sono solo giuste o sbagliate, ci avverte, ma sono il frutto di una vita difficile, di un mondo doloroso, di un’ingiustizia che si materializza davanti a noi, sbarrandoci la strada e rendendoci ciechi.

 

Esiste un buon motivo per alzarsi ogni mattina? Esiste qualcosa per cui valga la pena sopportare dolore e ingiustizia? Jack London, il creatore di avventure e di luoghi esotici, il figlio di un astrologo ambulante, il ragazzo scapestrato che frequentava ladri e ubriaconi, si alzava ogni mattina, si sedeva ad una scrivania e scriveva mille parole, ogni giorno, tutti i giorni. La sua scrittura conosceva un rigore e un’abitudine pari a quella di un lavoratore appassionato: perché, scrivere è un lavoro, spiega nel suo manuale “Pronto soccorso per scrittori esordienti” (Minimumfax), un lavoro bellissimo e difficile, che deve coinvolgere ogni senso, ogni momento della vita di un uomo. Occorre avere un metodo, ma anche uscire e vivere, alzarsi e sentirsi affamati di conoscenza, esplorare e poi sedersi davanti ad una pagina bianca e non alzarsi dalla sedia finchè il foglio non si è riempito di quelle mille parole. Sprofondare nel buio, come Martin Eden, sapendo perfettamente di sprofondare nel buio. È  questo il viaggio che tutti coloro che desiderano diventare scrittori devono compiere.

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