Susan Sontag ci aveva avvertiti: l’immaginario sociale che si costruisce intorno alla malattia è più forte della malattia stessa, al punto da renderci colpevoli di un delitto contro il nostro corpo. Un delitto che non abbiamo mai commesso in realtà, come ci spiega il filosofo Ruwen Ogien nel suo “Mes milles et une nuits. La maladie comme drame et comme comédie” (Albin Michel): ci ammaliamo di cancro senza sapere il perché, senza averne colpa eppure portiamo addosso questa lettera scarlatta, cercando di camuffarla attraverso il linguaggio stereotipato o la delicatezza semantica. La paura immotivata del contagio spinge ad occultare i segni della patologia, a nascondere le sue debolezze e i suoi segni ostensivi, a volte fino all’estremo opposto. Ci è stata raccontata una storia rassicurante e consolatoria, ci avverte Ogien: che la malattia e il dolore erano in grado di forgiare il carattere, di farci crescere, come un’iniziazione tribale, che avrebbe premiato solo i più forti. E i più deboli? Che fine fanno? Soccombono e soffrono, convinti dell’inevitabilità del destino. Questo è stato il racconto fiabesco e crudele che ci è stato tramandato, degno delle migliori storie delle Mille e una notte. La malattia si dimostra solo cattiva e ci pone in una condizione di subordinazione nei confronti della classe medica: per ottenere dal personale ospedaliero ciò di cui hanno bisogno, i malati sono costretti ad essere compiacenti, docili, buoni, a ricercare un’empatia che forse non arriverà mai a causa di una selezione emotiva basata sulla classe sociale. La malattia nella sua crudele verità, quella raccontata dal filosofo, ma anche la malattia svelata nella sua farsa: d’altronde solo chi si trova a viverla è in grado di vederne i lati più oscuri e Ruwen Ogien ci avverte fin da subito che, il suo, è un viaggio tutto personale, un viaggio che non si lascia intimorire dalla vicinanza con il dolore. Nel filosofo francese non c’è traccia di quell’elitismo intellettuale che ha impedito a molti di raccontare la propria esperienza con il cancro: la malattia può essere osservata solo dall’interno, solo attraverso gli occhi di chi porta addosso i suoi segni più o meno visibili.