Il delfino rosa

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L’ultimo turno era sempre stato il suo preferito. Alice era in pozzetto, la cintura di sicurezza agganciata, una tazza di the caldo tra le mani. Un paio di ore prima dormiva in cuccetta, la schiena appoggiata alla murata sottovento, l’orecchio quasi a contatto con la barca, per ascoltare il piacevole rumore dello scafo che scivola sull’onda.

L’ultimo turno era sempre stato il suo preferito. Alice era in pozzetto, la cintura di sicurezza agganciata, una tazza di the caldo tra le mani.

Un paio di ore prima dormiva in cuccetta, la schiena appoggiata alla murata sottovento, l’orecchio quasi a contatto con la barca, per ascoltare il piacevole rumore dello scafo che scivola sull’onda.

Si era svegliata di colpo, chissà che ore erano, Luca non era ancora sceso a chiamarla per il suo turno di guardia.

Ripensava agli annunci ai naviganti che avevano ascoltato la sera prima, la voce fredda con cui l’annunciatore aveva liquidato in due parole la tragedia che probabilmente si stava consumando non lontano da loro. L’ennesimo barcone di migranti partito dalla Libia era in difficoltà. Uomini, donne e bambini, non si sa in quanti fossero stipati a bordo, in balia degli scafisti in mezzo al mare.

Era rimasta ancora qualche minuto nel caldo del sacco a pelo ma era inutile provare a riaddormentarsi. Maglione, cerata, cintura di sicurezza e si era presentata in pozzetto.

Luca era sotto la cappottina, spettinato e con gli occhi arrossati. Le aveva sorriso “Come mai ti sei già svegliata? Manca ancora un’ora al tuo turno”.

“Non riuscivo più a dormire” gli aveva detto lei “ripensavo a quel barcone di migranti che non si sa se si regge a galla”.

“Ho sentito poco fa un nuovo avviso ai naviganti” aveva risposto Luca “pare che una motovedetta della capitaneria di porto di Mazara del Vallo li abbia raggiunti, ormai saranno quasi in salvo. Hanno detto che nella notte c’era il panico a bordo, alcuni sono stati costretti dagli scafisti a buttarsi in acqua, li stanno cercando con l’elicottero.”

“Quindi la maggior parte di loro è salva?” aveva chiesto Alice.

“Sembra di si, ma certamente appena arrivati in Sicilia li rispediranno indietro, hanno sofferto tanto e rischiato la vita per nulla”.

“Penseranno che noi siamo dei matti a metterci in mare per divertimento!” aveva esclamato Alice.

“Beh ma per noi è un’altra cosa, abbiamo la nostra bella barca, sicura e con tutte le comodità e sappiamo quello che facciamo.”

“Se vuoi andare a riposare vai pure, io ormai sono sveglia e posso cominciare il mio turno”

Avevano lasciato Marsala il giorno prima ed erano diretti a Malta, Alice era tanto che sognava di raggiungerla in barca a vela, ed ora scrutava l’orizzonte in attesa di vedere spuntare l’isola dalla superficie rotonda del mare.

Gli piaceva ritrovarsi da sola in pozzetto, il silenzio, la barca da badare, l’impressione di essere l’unico essere al mondo, ma anche la sicurezza di sapere che solo il sottile guscio dello scafo la separava da Luca, in caso di bisogno lui c’era.

Continuava a ripensare ai migranti, stipati sul barcone, e a come quello stesso mare che lei tanto amava potesse essere visto in modo così diverso. Certo anche lei il mare lo temeva, come ogni marinaio sapeva che doveva rispettarlo, ma era li per scelta. Avevano tutti gli strumenti e la tecnologia per navigare in sicurezza, cibo, acqua da bere a volontà, vestiti caldi. Loro invece non hanno nulla, rifletteva, scappano da situazioni terribili e si ritrovano stipati su un barcone in mezzo al mare, in balia delle onde, del sole, della sete e della fame. Magari loro il mare non l’avevano neanche mai visto, prima.

Scese un attimo al tavolo da carteggio per controllare la rotta, diede un’occhiata a Luca, che si era già addormentato e tornò fuori.

La barca filava spedita di bolina, spinta da un filo di vento.

Laggiù a prua il cielo cominciava a tingersi di lilla, un tenue chiarore che preannunciava l’alba.

Alice sentì uno sbuffo, e poi un’ombra che si riimmergeva. Si spostò sulla panchetta sottovento per vedere meglio, ed ecco di nuovo un chiarore che emerge e un guizzo rosa.

Pensò subito ad un delfino, ma questo non aveva il caratteristico colore grigio argento, questo era rosa! Guardò di nuovo e stentò a credere ai proprio occhi, quello che li stava affiancando era un grosso delfino rosa.

Alice non osò svegliare Luca, lui la prendeva sempre in giro quando lei interpretava in modo fantasioso i segnali della natura. Guarda quella nuvola, sembra un fumetto, e quella roccia, sembra il profilo di un vecchio con il naso aquilino. Con i colori poi non ne parliamo, lei diceva “oggi il mare è color cobalto”, oppure “è verde acqua” ma lui era un uomo, il mare era blu, il cielo azzurro, i delfini grigi.

Figuriamoci se gli avesse parlato di un delfino rosa!

Mentre è persa in questi pensieri ecco di nuovo il delfino, ora gli taglia la rotta, quasi volesse fargli cambiare direzione. Alice va a prua per osservarlo meglio, il sole sta cominciando a sorgere tingendo il mare di arancione, ma il delfino di Alice continua a essere rosa.

Salta davanti alla prua, poi si immerge sotto la barca, rispunta sottovento, va verso la prua e salta, come volesse spingere Alice a seguirlo.

Alice è come ipnotizzata dallo strano comportamento dell’animale forse sta cercando di comunicarle qualcosa. Eccolo di nuovo, spunta da sotto la barca, salta verso prua e questa volta sfiora quasi con il naso la barca, vuole che lei viri.

Alice torna in pozzetto, disattiva il pilota automatico, si mette al timone e vira, deng, la randa passa dall’altra parte con un colpo secco, il genova sbatte mentre Alice avvolge la scotta sul winch, tric tric tric, gnic, ancora qualche giro di manovella e la vela sarà a segno.

Ma il cambio di rotta e i rumori hanno svegliato Luca, che ora si affaccia in pozzetto, “perché hai virato?” chiede.

Alice è un po’ in imbarazzo: “perché un delfino rosa mi ha detto di seguirlo?” non può di certo rispondergli così. Gli occhi azzurri di Luca la fissano, in attesa di una risposta coerente. “Hummm mi sembrava che il vento stesse girando…., guarda un attimo il gps per favore” Alice prende tempo….

Luca controlla e poi torna su, siamo fuori rotta, conviene rivirare, ti aiuto. Alice si rimette al timone “pronti a virare?” “pronti!” Con l’aiuto di Luca la barca è di nuovo in rotta in un attimo.

“Torna pure a riposare”, dice Alice, “starò più attenta ora”. Luca torna sotto e Alice inserisce di nuovo il pilota automatico.

Deve essere stato un colpo di sonno o una allucinazione, pensa, ma non fa in tempo a finire il pensiero, che ecco di nuovo uno sbuffo più forte, la testa del delfino rosa riemerge dall’acqua, sempre sottovento, salta, si riimmerge e rispunta a prua, taglia bruscamente la strada alla barca e ricomincia il suo giro, eccolo rispuntare sottovento e tornare verso prua come voler dire ad Alice di virare di nuovo.

Anche questa volta Alice ubbidisce al delfino e vira, sempre i soliti rumori e il cambio di rotta svegliano di nuovo Luca.

Luca si affaccia in pozzetto, gli occhi azzurri saettano, “Hai virato di nuovo?” chiede.

Alice comincia a cercare di spiegarsi “c’è un delfino….” “bello!” dice Luca “ma perché hai virato?”, “è un delfino rosa….” “rosa! Ma che hai bevuto? I delfini sono grigi, non rosa, e poi comunque perché hai virato?”. “Questo delfino rosa sta cercando di dirci qualcosa, vuole che lo seguiamo, guarda sta nuotando a prua”. “I delfini lo fanno spesso,si fanno spingere dall’onda generata dalla prua, ma sono grigi. In caso sono loro a seguire noi, non il contrario. Siamo fuori rotta, viriamo di nuovo, poi forse è meglio che tu vada a riposare”.

“No!” insiste Alice “questo è diverso, vai a prua a vederlo, vuole che lo seguiamo, lo riconosci perché è rosa”.

“Non ho alcuna voglia di andare a prua ora, voglio rimettere la barca in rotta”.

“Sono sicura che è importante seguire il delfino” dice Alice, “ti prego solo per un po’, per vedere dove ci vuole portare”. “Ma sei impazzita? La tappa che abbiamo programmato è già lunga senza bisogno di fare bordi inutili per correre dietro un delfino, rosa, giallo o verde che sia!”

Alice però non lo ascolta, ormai è giorno, si sfila la cintura di sicurezza e corre verso prua.

Il delfino è sempre li, ogni tanto sembra voltarsi indietro per controllare che loro lo seguano.

“Alice! torna in pozzetto, viriamo, avanti non posso farlo se tu stai piantata li davanti al genova, potresti farti male”. Ma Alice non si muove, non lo ascolta neanche, guarda avanti, “dove vorrà portarci il delfino rosa?” pensa.

Luca la raggiunge a prua, “avanti dove sarebbe questo delfino rosa?” Alice si volta un attimo a guardalo, e quando rivolge lo sguardo a prua, il delfino naturalmente non c’è più.

“Lo hai spaventato” dice Alice “non devi gridare”. “Spaventato? vorrei solo rimettere la barca in rotta e non posso farlo finché tu non torni a poppa con me”. “Shhhhhh” Alice ora si sporge a prua, c’è qualcosa che galleggia diverse centinaia di metri più avanti. “presto, prendi in binocolo, vedo qualcosa”. Ora anche Luca intravede qualcosa che galleggia, “sarà una rete di qualche pescatore o una cassetta di polistirolo persa da qualche peschereccio” dice; comunque va giù, recupera il binocolo e torna da Alice. Intanto si avvicinano, guardano nel binocolo, “c’è qualcosa che si muove, là sopra”. Alice cerca di mettere a fuoco ma si è alzata un po’ di onda e non è facile.

“Vai al timone, cerca di stringere un po’ il vento per avvicinarci” dice Alice, “siamo troppo lontani”.

“Non posso stringere più di così, dobbiamo virare”.

Alice torna in pozzetto, cercando di non perdere di vista quel puntino bianco che si allontana sempre di più”. Virano e lei torna a prua.

Scruta con il binocolo, ma non vede nulla, ha una stretta allo stomaco, sente che deve ritrovare quel puntino bianco ma davanti a lei ci sono solo milioni di onde, una uguale all’altra.

“Dai rimettiamoci in rotta” dice Luca, “Abbiamo perso già abbastanza tempo”

“Eccola!” grida Alice “a sinistra, sottovento, avvicinati”.

“Ma dai, è solo una stupida cassetta di polistirolo, vai a controllare la carta e ridammi la rotta”.

“No avviciniamoci” Alice si sente come una bambina che fa i capricci, ma vuole assolutamente raggiungere quel quadratino in mezzo al mare che appare e scompare tra le onde.

Luca è combattuto, fosse per lui rimetterebbe subito la prua su Malta, ma Alice sembra così convinta che lui non ha il cuore di contraddirla.

Alice continua a guardare nel binocolo “Si è una cassetta di polistirolo, ma c’è qualcosa sopra, qualcosa che si muove”. Sono sempre più vicini e si sente come un lontano miagolio. “Sarà un gabbiano” pensa Luca, ma Alice ora ha messo a fuoco “E’ un fagotto, un fagotto che scalcia e piange come un neonato”. Luca mette in moto il motore, rolla il genova e manovra in modo che la poppa si trovi vicino alla cassetta. Alice corre sulla piattaforma di poppa, si sporge in fuori e accoglie tra le sue braccia questo fagottino scuro, vede solo una grande bocca sdentata, poi per un attimo il visino si distende e due occhi scuri e spalancati la guardano stupiti, poi di nuovo solo quella bocca da cui esce un grido disperato di paura e di fame. Alice lo avvolge in un asciugamano, “corri a prendere un po’ di latte” dice a Luca che la guarda imbambolato, lui torna su con il cartone del latte in mano, “dai, versane un po’ in una ciotola, sbrigati”.

Con il dito gli da un po’ di latte, il bimbo si calma subito. Luca la guarda, ora nei suoi occhi c’è solo stupore. “come facevi a sapere che era li?” gli chiede, “istinto femminile” dice Alice, alza un attimo lo sguardo dal fagottino che tiene in braccio e laggiù a prua intravede una piccola coda rosa che si immerge tra le onde.

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