Caro Gesù,
ti prego vieni che non ce la faccio più. Non ti chiedo tanto, solo di fare un salto per dieci minuti, massimo un quarto d’ora. Sto al ristorante Paradiso, quello all’imboccatura del golfo di Cardipoli, ce l’hai presente? Al limite senti tuo padre, tanto lui sa tutto. Sennò puoi chiedere a chiunque a Cardipoli e ti sapranno indicare, è la trappola per turisti più famosa di queste parti. Faccio il cuoco qui da due settimane e ho scoperto che è un inferno, il ristorante Paradiso. All’inizio ero contento di aver finalmente raccattato qualcosa, di questi tempi trovare lavoro è un casino. Ma ti giuro che non ci resisto qui dentro! Ogni sera a cucinare pesce a go go con un caldo allucinante, tutti a bestemmiare. Quel tirchio del proprietario risparmia sul pesce, tanto poi tocca a noi arrangiarci con quegli scarti. Meno male che i clienti sono quasi tutti inglesi e con un po’ di maionese butterebbero giù anche mia nonna.
Gesù, vieni e moltiplica questi cazzo di pesci, così almeno per una sera posso rilassarmi un po’, sedermi anch’io sulla terrazza del ristorante, guardare la luna e magari portarmi a casa qualcuna di quelle turiste bionde. Già che ci sei potresti moltiplicare anche il vino, si sa che aiuta sempre in queste occasioni. Solo per una sera, dài, non ti costa nulla!
A presto,
Gianni
Quando entrai erano tutti un po’ spiazzati, volevano buttarmi fuori, dicevano che gli straccioni in cucina non ce li volevano. Per dimostrargli chi ero mi sono messo subito a moltiplicare due orate che ho trovato sul bancone. Allora finalmente si sono zittiti e mi hanno lasciato lavorare. Pensavo di fare una cosa veloce e poi tornarmene in paradiso, quello vero. Avevo quasi finito, c’era già un bel mucchio di pesci alla mia destra, quando è successo il fattaccio. E’ comparso un tipo che ha detto di essere il capo. A vedere la scena è rimasto allibito, ha esclamato: “Cristo!”
Io ero impegnato con le orate, ho risposto soprappensiero: “Sì?”
E quello è sparito di corsa per poi tornare subito dopo con un foglio. Mi ha detto solo: “Firma qui”. Pensavo volesse un autografo e con le mani ancora tutte unte ho scarabocchiato il mio nome senza pensarci.
Quando ho scoperto di essere stato assunto per la stagione al posto di Gianni era già troppo tardi. Ormai avevo firmato il contratto, avevo dato la mia parola. Adesso devo stare qui altri tre mesi, a passare le serate in una cucina asfissiante con camerieri e lavapiatti che ogni due secondi mi offendono i genitori. Non li posso neanche menare, mi tocca offrire l’altra guancia per non perderci la faccia. Il capo ha proibito a me e agli altri di parlare in giro della mia presenza al ristorante, ha detto che non vuole grane coi preti. Ma purtroppo la notizia sta già trapelando, l’altro giorno è passato il fornaio per sentire se potevo moltiplicargli un po’ di pane. Ah, ma non ci casco più!
A volte per strada incontro quel poveraccio che è stato licenziato per colpa mia e mi guarda storto. Ho provato a offrirgli un po’ di pesce ma non l’ha presa bene. Sto in affitto in una stanza dall’altro lato del golfo, di qua costano troppo. Dopo il lavoro per tornare a casa mi tocca prendere un autobus che a fare il giro della baia ci mette un eternità. Gli altri passeggeri mi guardano male, soprattutto le vecchiette. Pensavo fosse per la puzza di pesce, ma un collega l’altra sera mi ha spiegato che è soprattutto per via dei capelli lunghi, e anche la corona di spine non aiuta. L’altra sera ho provato ad attraversare il golfo a piedi ma è arrivata subito la guardia costiera che mi ha fatto una multa salatissima. A quanto pare passeggiare sull’acqua in mezzo alla notte è proibito. Ci ho rimesso metà dello stipendio, mi è sfuggita una bestemmia. Speriamo che mamma da lassù non mi abbia sentito.