“Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!” E rise ancora. “E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere… E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo. Allora tu dirai: “Sì, le stelle mi fanno sempre ridere!” e ti crederanno pazzo. “T’avrò fatto un brutto scherzo…” E rise ancora. “Sarà come se t’avessi dato, invece delle stelle, mucchi di sonagli che sanno ridere…” – Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe.
Curioso, come alla fine di luglio del 1944, esattamente 70 anni fa, l’aereo di Antoine de Saint-Exupéry s’inabissasse al largo delle coste marsigliesi. A soli 44 anni, l’autore de Il Piccolo Principe spariva a bordo del suo Lightning P38, lasciando ai suoi lettori pagine dolcissime e cariche di sentimenti.
Oggi il ricordo e la terribile coincidenza sono più forti e intensi del solito, almeno per me.
Tristemente curioso, infatti, come, proprio qualche giorno fa, a luglio, 80 bambini scompaiano insieme a quel volo MH17 della Malaysia Airlines, abbattuto sui cieli dell’Ucraina sconvolta dalla guerra ma anche da questa immane tragedia, come 80 stelle brillino oggi nel cielo in lutto.
Come il Piccolo Principe invita i lettori a cercarlo tra le stelle, la sera, anche Saint-Exupéry continua il volo, tra le pagine e nei cuori capaci di accoglierlo e quei bambini rimangono nei nostri pensieri e nelle nuvole del cielo. Di un cielo che, se solitamente fa sognare e ci ricorda le stelle, la luce, il sole e la bellezza del mondo, adesso, invece, fa paura. Per chi come me, vivendo e lavorando a Mosca, viaggia spesso sulle rotte verso la Russia, il cielo è nero. Davvero tanto nero.
Poco importano, in questo momento, le ragioni di un errore (questo vogliamo davvero sperare), ovvero se le rivendicazioni del popolo ucraino o dei separatisti filo-russi siano o meno giuste. Non ci interessa per nulla, ora, riflettere su questo.
Colpisce che questa guerra sia arrivata a oltre 10.000 metri d’altezza a toccare le vite di 298 ignari passeggeri e delle loro famiglie. Così in alto ma così vicina a tutti noi.
Intorno alla cittadina di Shaktarsk, a una quarantina di chilometri a est di Donetsk e a una cinquantina dal confine russo, nel cuore dei combattimenti fra milizie filo-russe ed esercito regolare ucraino, vi sono miniere di carbone e distese di campi di girasoli, fiori che solitamente sono simbolo di gioia e allegria, di rispetto della natura e dell’uomo che ne fa parte. Fiori indignati che oggi girano il capo dalla parte opposta al sole, verso quel cielo che ha restituito vite e anime perse.
Per anni continueranno le domande sul perché di quel sorvolo ad altezza non adeguata, in un’area che doveva essere no-fly zone, mentre a terra fervevano combattimenti. Le inchieste internazionali dureranno a lungo, ci si chiederà chi poteva avere un missile in grado di colpire un aereo a quell’altezza (missili S-300 o Buk), se si volesse colpire l’aereo presidenziale russo o un cargo ucraino. Ognuno respinge la propria responsabilità, le accuse e le provocazioni sono reciproche.
Ma noi, viaggiatori in quell’area (e non solo), non siamo tranquilli. Oltre alla tristezza per quei morti, ci ritroviamo a controllare le rotte dei nostri aerei e di quelli dei nostri amici e cari. Scopriamo dai giornali che i cieli ad alto rischio del pianeta oggi non sono certo pochi: Israele-Palestina, Siria, Iraq, Iran, Egitto, Libia, Mali, Nigeria, Sudan, Somalia, Pakistan, Yemen, Afghanistan, Isole Senkaku. Quello che stupisce è che la sicurezza dei cieli dell’Ucraina non fosse messa in discussione fino a pochi giorni fa, che l’8 luglio Kiev avesse bloccato i voli sotto level320 (9.000 metri) ma non a quella ci viaggiava l’MH17. L’ICAO (l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile, agenzia delle Nazioni Unite) aveva invitato le compagnie aeree alla prudenza, nulla di più; l’unico spazio aereo chiuso totalmente era quello della Crimea. Perché ad inquietarci, come viaggiatori e cittadini del mondo, è il fatto che il business condizioni le rotte (diritti di sorvolo, rotte più brevi per risparmiare carburante, costi elevatissimi per dispositivi che mandino in tilt i sistemi di puntamento dei missili, oggi in dotazione solo all’israeliana El Al). Perché, sempre come viaggiatori, speriamo, ora, che si comprenda l’importanza di a volte piccole ma decisive deviazioni dalla rotte calde del pianeta.
Dovremo poi riflettere tutti sul fatto che siamo al centro di una guerra come quella dell’Ucraina, in una sorta di trincea europea, che un risiko internazionale complesso e articolato si gioca ogni giorno intorno a noi. Il 18 luglio scorso, lo spazio aereo sopra l’est dell’Ucraina è stato chiuso da Eurocontrol, l’organizzazione per la sicurezza aerea che riunisce 40 stati fra cui l’Ucraina, comportando un aumento dei voli sulla Polonia, la Bulgaria e, in parte, la Turchia. Dopo Lufthansa, altre compagnie come Airfrance, Turkish Airlines, Aeroflot e Transaero (le ultime due, russe) hanno ordinato ai propri voli di evitare lo spazio aereo sulle regioni orientali ucraine.
Cercheremo di viaggiare ugualmente, dobbiamo farlo per lavoro o per piacere (anche se per le vacanze, ammetto preferirò il treno, come, d’altronde ho sempre fatto…), ma lo faremo con il cuore molto meno leggero.
Chi ci viene a trovare in Russia, forse rimanderà il viaggio di qualche mese, magari accampando qualche scusa. Chi vorrà venire ugualmente lo farà perché, pur se triste e preoccupato, vorrà comunque venire a salutarci. Qualcuno s’informerà sui tragitti aerei, qualcun altro non ci penserà.
Per un attimo forse faremo più attenzione a rotte e controlli aeroportuali, poi magari ci perderemo ancora nella routine dei nostri viaggi e dei nostri spostamenti. Una lacrima sarà comunque sempre con noi, nascosta, custodita in memoria di ignari passeggeri, turisti, vacanzieri e uomini d’affari.
Certo è che quel cielo che tanto ci aveva ispirato nei suoi colori tenui e nelle sue nuvole di bianca e soffice panna, oggi è scuro e non ci rassicura più così tanto come quando, da bambini, lo guardavamo rapiti e sognanti, persi nella sua dolce e intensa immensità.
Speriamo che una stella ci accompagni.