Offresi per pulizie straordinarie

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Non sono sempre stata così precisa. Va bene, forse un po’ più di precisa, ostinata. Non su tutto, no, mi accanisco sugli oggetti, sono gli unici sui quali si può sperimentare un vero controllo. Non sfuggono, non cambiano, non deludono. Li pulisco, tutto qui.

Non sono sempre stata così precisa.
Va bene, forse un po’ più di precisa, ostinata.
Non su tutto, no, mi accanisco sugli oggetti, sono gli unici sui quali si può sperimentare un vero controllo.
Non sfuggono, non cambiano, non deludono.
Li pulisco, tutto qui.
Il momento che preferisco è quando tolgo uno strato di polvere da una superficie piana e mi sento una pattinatrice alle Olimpiadi invernali.
Allora il mondo torna lindo, ordinato, prevedibile.

Da bambina, invece, amavo la polvere, la terra, il fango, fu subito dopo la morte dei miei genitori, stavo ore ad osservare i resti del camino in decomposizione, l’odore acre e umido del fuoco spento il mattino dopo, tanto che mi soprannominarono Cenerentola.
Oggi, di cenere, non vi è traccia, dalla soffitta alle cantine, dai battiscopa al montante delle tende, polvere kaput.

Poi venne lui.
Lo chiamavano Il Principe.
Ridicolo.
Un soprannome da club per scambisti, da televisione spazzatura, da tronista, se avete presente il genere.
Principe.
Di cosa poi?
Non puoi essere Principe e basta, per essere principe devi avere un regno.
Principe di Monaco, di Inghilterra, di Danimarca
Ecco, se avesse un regno sarebbe il Principe dei tacchi a spillo.

Ma, rallentiamo, prima devo raccontarvi ancora qualcosa che mi riguarda.
Sono povera, ma non per scelta.
Bella, ma non da fiaba.
E vergine, sì vergine, lo sapete quante malattie si possono trasmettere in un rapporto carnale?
Q-u-a-r-a-t-a-s-e-t-t-e.
Ho avuto dei corteggiatori, certo, non sono mica la piccola fiammiferaia, ma ogni volta, al momento risolutivo, ecco chiedermi: avrà passato il detergente intimo o, orrore, si sarà lavato solo con l’acqua?
Ebbene, questo genere di pensieri, se mi credete, non sono di quelli che aiutano a rilassarsi.
E se ti togli il dubbio e glielo domandi, allora sì, potresti rasserenare la mente e abbandonare il corpo, a condizione, intendo, che la risposta sia affermativa e documentabile, (funziona sempre interrogarlo sulla marca del sapone in questione), ma poi immancabilmente il romanticismo è sciupato, il lui in questione si offende, si riveste velocemente e accompagna la chiusura della porta con un “ma una psicoterapia no?!?”.

All’età di venticinque anni avevo deciso, il mio debutto sessuale doveva avvenire entro l’anno, è come con le pulizie di Primavera, rimandi, rimandi e si fa Giugno e allora non puoi più posticipare.
Mi arrivò l’invito per quella festa, è lì che lo conobbi.
Ero indecisa se accettare, il ricevimento sembrava una farsa, ogni ospite doveva indossare una maschera, assolutamente pacchiano, ma poi trovai un delizioso e non troppo costoso abito celeste stile Maria Antonietta e la commessa, una vera fata, vi abbinò, delle lascive decoltè trasparenti in saldo, così mi convinsi.
Quando arrivai impeccabile, col mio Maggiolone color arancio, ero di buon umore, la villa appariva sufficientemente sontuosa, gli arredi d’epoca erano stati scelti con gusto, gli invitati sembravano interessanti, analizzai il territorio: il mio sguardo si spostò da un D’Artagnan passabile, ad un rischioso Enrico VIII, fino ad un intrigante Conte Dracula, poi lo vidi: alto, atletico, di classe, esordì con una battuta da manuale: “Non lascerò tornare a casa la dama più bella della festa senza un ballo da ricordare”.

Iniziò così.
Tutto era perfetto: le unghie limate, le sopracciglia definite, una retta a piombo la piega del pantalone.
Mi guardava e sorrideva, sembrava che le mie calzature cristalline lo avessero ammaliato, notò perfino la cavigliera in argento, dono della mia povera mamma, io invece affondavo nelle sue iridi blu, oceaniche.
Era l’uomo per me.

Ballammo fino a perdere il tempo, i nostri passi ondeggiavano lievi, eravamo sospesi.
Poi, la suoneria del suo telefono partì di colpo e cambiò ogni cosa.
I Village People no!
Un motivetto disgustoso, da villaggio vacanza ruppe ogni magia, io gli dissi che dovevo andare, un po’ nevrotico lo so, ma ero infastidita, turbata, lui, che certamente aspirava ad altra conclusione, prima mi fissò con uno sguardo porcino poi protestò, ma ormai io mi ero già slacciata dal suo abbraccio e me ne andai spedita.
Mi rincorse, nella fuga tolsi i tacchi alti, li stringevo in mano, ne persi uno sulle scale. Non riuscì a raggiungermi.

Giunta a casa però si insinuò il dubbio: era lui l’uomo perfetto, quello con il quale bere il caffelatte ogni mattina e me l’ero fatto sfuggire o quella suoneria volgare avrebbe compromesso ogni possibile sviluppo di una serata fino a quel momento da favola? Insomma, sarebbe stato lui il primo a infilare il piede nella mia scarpetta?
Il timore di restare pura ancora per molto rese più duttile la mia spiccata selettività, sì, dovevo concedermelo, in fondo il Principe Azzurro non esiste davvero, un ragazza può solo avvicinarsi al modello. E se fosse stato lui il mio 95%? Quel pensiero diede una sferzata all’urgenza di trovarlo, ma non avevo il suo numero, né il suo nome. Passai una settimana di pura angoscia, la casa era a prova di sala operatoria, ma nemmeno quella asetticità mi dava gioia, infine, suonò il campanello, era lui.
Mi aveva cercata capite, il primo uomo che non scappa davanti alla mia originalità, oltretutto aveva riportato la scarpetta, che attenzione, che delicatezza, quando me la infilò provai un brivido, il suo sguardo si fece torbido.
Propose di festeggiare il nostro riavvicinamento con un’uscita inaspettata e fu lì che mi portò in quel postaccio, “Il castello”: velluti fucsia e tappezzeria nera, sadici, sodomiti, feticisti, transessuali, travestiti, lesbiche.
E noi.
Lui si china su di me. Mi bacia la mano e dice:
“Cenerentola, l’ho capito appena ti ho vista che eri la donna per me: quelle decoltè raffinate numero 36, il collo del piede alto e slanciato, l’anulare più lungo dell’alluce, sei perfetta, vuoi lasciarti condurre in questa avventura? Ho le chiavi del castello bambina.”
Solo lì compresi chi era davvero. “Ma tu sei un depravato” gli risposi “io non posso stare con un marchese de Sade dei piedi, un principe dei tacchi, un leccapiedi osservante”.
“Perché no?”
Mi bloccai. In fondo aveva ragione, ognuno di noi ha la propria deviazione, il difficile è ammetterlo e poi un po’ di perversione è per una relazione quello che la candeggina è per i fiori recisi, troppa li ucciderebbe, ma in piccole dosi ne prolunga la vita; inoltre, lo devo confessare, la curiosità mi punse, così, decisi di provare.
Un’esperienza sublime. Delicata, profumata, umida.
Scoprii che i feticisti sono estremamente puliti e meticolosi.
Le sue labbra sfioravano le mie scarpette dal tacco alla punta e la sua lingua passava ogni incavo delle mie dita, solo dopo aver minuziosamente sterilizzato la parte.
Inoltre sono fedeli, non mi lasciò mai per una caviglia più fine.

Mi trasferii da lui dopo qualche mese, viviamo felici e contenti da 15 anni.
È un rapporto solido fatto di complicità, comprensione, divertimento.
Vi è un solo problema: sono ancora vergine.
Non è mai salito oltre il ginocchio.

Oggi, ho finalmente trovato il coraggio di pubblicare un annuncio sul sito aspiroditutto.com: “Ottima colf offresi per pulizie straordinarie, garantita discrezione e accuratezza”
Il Principe Azzurro l’ho trovato, ma cosa ci volete fare, ci sono pruriti che non si possono eliminare, neppure con le pulizie più scrupolose.

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