
Foto di guerra per non dimenticare
Quello che mi chiedo, entrando negli spazi espositivi della mostra di Capa,
è l’utilità di trovarmi qui. Vent’anni di guerra (dagli anni ’30 ai ’50) immortalati
dal padre del fotogiornalismo e fondatore insieme a Bresson della più grande
agenzia del mondo, la Magnum. A distanza di cinquant’anni e nel nuovo
millennio l’interesse che può suscitare Robert Capa è solo quello strettamente
storico-documentaristico? Oppure c’è qualcosa di sinistramente attuale nelle
foto emblema che ritraggono l’uomo e le sue guerre?

Le foto di Capa non solo hanno fatto scuola ai fotografi dei giorni nostri,
ma anche ai grandi registi. Capa ha sposato lo stile del connubio compositivo/
soggettistico, non trascurando la luce. Dove la composizione chiarisce luoghi
e fatti in una sorta di scena da set cinematografico, i soggetti ne diventano
protagonisti, inconsapevoli attori per un pubblico a venire.

I soggetti di Capa difficilmente guardano nell’obbiettivo, il fotografo li
sorprende e ne ritrae gli stati d’animo, congelando paure e noia, rabbia
e sofferenza.

Robert Capa è il testimone dei giusti e degli oppressi e nelle battaglie,
il nemico si cala nell’essere umano di pari sofferenza, infatti il
soldato di qualsiasi divisa, si spoglia di essa.

L’obbiettivo di Capa immortala la natura umana e le sue angosce
e ci ricorda che alla fine, nelle guerre dell’odio dettate dai potenti (tra l’altro
quasi mai fotografati dall’autore), l’unico indiscusso vincitore è Thanatos
– La Morte.

Capa come un vero attore e grande artista, alla fine diventerà vittima
sacrificale dei suoi stessi soggetti fotografici. Nel ’54 dopo aver rincorso
la guerra in lungo e in largo per il pianeta, firma il suo ultimo racconto,
sarà infatti dilaniato da una mina in Indocina.

Ecco così riaffiorare da queste immagini e in modo sempre più nitido
il senso che hanno oggi per noi le foto di questo grande autore: non dimenticare.

La mostra di Capa è a Roma nel museo di Roma fino al 6 Gennaio 2014