Paul Schrader e Bret Easton Ellis, rispettivamente regista e sceneggiatore di The Canyons, siedono su ampi divani tra le tende bianche mosse dalla brezza del Lido. Vestiti entrambi di grigio, le capigliature canute, parlano del film con gesti lenti e frasi articolate, le spalle abbandonate sullo schienale. Paul Schrader appare stanco, distratto. I suoi occhi sembrano non accorgersi di nulla, neanche del mare che oggi risplende di una bellezza quasi dolorosa. Lindsay Lohan, protagonista femminile del film, dopo avergli reso la vita impossibile sul set, all’ultimo ha dato forfait e al Lido non è venuta. Inoltre qui al Festival The Canyons non è piaciuto.
Ma non è di Paul Schrader che ci occuperemo, noi siamo qui oggi per tradurre James Deen, il pornodivo, protagonista maschile del film, al suo debutto nel cinema mainstream. Nel film interpreta il ruolo di un giovane e ricco produttore di Hollywood che obbliga la sua ragazza ad avere rapporti con altri ed è ossessionato dal desiderio di controllare la vita di chi lo circonda.
Eccolo laggiù a bordo piscina, gli occhi azzurri luminosi, il sorriso simpatico, minuto, elegantissimo in completo grigio e camicia nera. Una fotografa, giovane e graziosa, lo immortala in mille pose. In attesa che lei finisca ci sediamo sulla sponda di un divano e cogliamo frammenti di conversazione di Bret Easton Ellis.
Ci arriva la sua voce pacata e non finiamo di stupirci, non lo avevamo immaginato così: compassato e grigio l’autore di American Psycho. Sebbene dietro al grigiore, alla normalità, come i film di questa 70a edizione del Festival di Venezia continuano a ripetere, si possa nascondere ben altro. E vice versa: dietro al vizio ci sia tanta normalità. Ma neanche di Bret Easton Ellis ci dobbiamo occupare e quindi ci limitiamo a sentire.
“Chi ha deciso di scegliere un divo del porno come protagonista?” gli chiedono.
“L’ho deciso io” risponde Bret Easton Ellis “mentre scrivevo la sceneggiatura ho sentito parlare di lui. Si diceva in giro che molte adolescenti lo guardano e lo seguono su Internet. E mi sono stupito: è difficile che gli adolescenti seguano i siti porno. Così ho voluto vedere di cosa si trattava. E ho visto del materiale interessante e variegato. Faceva cose molto hard, ma anche molto soft. C’era qualcosa di leggero, di luminoso in lui ed insieme si intravedeva un risvolto buio, oscuro. Perfettamente in linea con il personaggio del film: il bravo ragazzo della porta accanto che nasconde un lato psicopatico. ”
“E Schrader è stato d’accordo?”
“No, all’inizio non gli voleva fare neanche il provino. Ma James ha dato l’interpretazione migliore, gli altri esageravano troppo. E Schrader quando lo ha visto ha detto: è lui…”
Vorremmo continuare ad ascoltare, ma la sessione di foto è terminata e per James Deen è tempo di iniziare le interviste. Lo accostiamo, lo salutiamo, quale lato ci mostrerà: quello del ragazzo della porta accanto, quello dello psicopatico?
Per il momento sembra solo un ragazzino molto contento, molto professionale. Sprizza tutta l’energia e l’ironia che sembra essere stata soffiata via dal corpo degli altri due.
“Paul Schrader si è avvalso dei suoi suggerimenti per girare le scene erotiche del film, quelle di sesso a cui partecipano più persone?”
Sorride, una punta di malizia negli occhi.
“Io di certo non ho dato consigli. Le scene di sesso a cui sono abituato sono molto diverse da quelle di Hollywood, dove servono per sviluppare la storia, per mandarla avanti.”
“E dunque cosa le è piaciuto di più di questa nuova esperienza?”
Ci pensa su un istante. Sarà strategia o smaccata ingenuità?
“Mi è piaciuto per la ragione per cui amo fare l’attore. È stata un’esperienza straordinaria: lavorare con persone del calibro di Schrader, di Bret Easton Ellis – Dio santo l’autore di Less than zero!
Mi è piaciuto prendere un personaggio e creare la sua struttura dal nulla. Accostarlo come una persona nuova, diversa da me, cercare di capire come avrebbe reagito e tanto altro. Nel mio genere c’è molta recitazione, molti dialoghi, ma non c’è modo di entrare così a fondo in un personaggio.”
“Dunque lei è pronto a lasciare il cinema porno per lavorare in altri film come questo?”
È una domanda che gli faranno tutti e che lui si aspetta e per cui ha già pronta la risposta: “Sarei ben felice di accettare nuovi ruoli interessanti nel cinema classico ma non lascerei mai il cinema per adulti”.
James Deen parla di “cinema per adulti” e non di “cinema porno”, e di “cinema classico” e non di “cinema mainstream“. E se qualcuno desidera approfondire la questione spiega che nella sua visione il cinema per adulti è un genere cinematografico alla stregua degli altri. Una forma di intrattenimento al pari dello sport, della musica. Un atleta può diventare cantante rock, i generi hanno confini aperti.
I giornalisti lo guardano incuriositi, c’è qualcosa di enigmatico in questo ragazzo così arguto e all’apparenza così dolce, che nel tempo libero ama guardare i cartoni animati.
È nato a Pasadena il 7 marzo 1986, è sempre vissuto a Los Angeles, ha sempre coltivato il sogno di fare il pornodivo e ha iniziato girando anche tre o quattro scene di sesso al giorno.
“Ho al mio attivo 1400 film” dice “ma nel nostro genere per film si intendono anche solo scene o blocchi di scene per Internet. Ho sempre considerato il sesso come una delle forme più pure di autoespressione. Qualcosa che le persone possono sentire realmente e di cui possono essere parte. Un piacere che è per tutti”
Si vorrebbe capire qualcosa di più, ma nessuna domanda sembra trovare il varco. James Deen risponde con garbo, con arguzia, non nasconde nulla eppure sembra impossibile afferrarlo. Forse semplicemente il varco non c’è e questo è tutto quello che c’è da capire.
“Come è entrato nel mondo del cinema per adulti?”
“È sempre stato il mio sogno. Alla fine a 17 anni ho pensato che fosse arrivato il momento di darmi da fare. Ho cercato di contattare qualcuno che conoscesse qualcuno nell’ambiente. Il primo film è andato bene e così hanno continuato a chiamarmi. E quando si è trattato di trovare un nome d’arte, al posto del mio Bryan Matthew Sevilla, ho ripescato il nome che mi davano da bambino: James Deen. È un nome che fa presa, che si ricorda bene, all’epoca non potevo immaginare che sarei passato al cinema classico. E adesso può suonare un po’ ridicolo” – Ride – “ma ormai cosa ci posso fare? Mica mi posso cambiare il nome E comunque I am a rebel without a clue” Dice, si dichiara un ribelle inconsapevole parafrasando il titolo originale di Gioventù bruciata (A rebel without a cause). “C’è una vena di trasgressione che mi si confa, non sono uno noto per rispettare le regole. Quindi mi calza a pennello”.
“E di Hollywood che idea si è fatto? Questo film ne mostra un quadro impietoso”
“Ne so poco, ma mi sembra che sia un posto dove si fanno un sacco di giochetti, si dicono tante bugie, si manipola la gente, non è certo il posto migliore per stare. Il mondo del cinema per adulti sinceramente è molto più professionale, più onesto, ci si sta molto meglio”.
Non scherza e forse è solo una strategia, ma la sua voce è piena di orgoglio e di entusiasmo. Lo stesso con cui parla di Rocco Siffredi, un’icona, un mito. Non solo ha avuto il piacere di incontrarlo ma anche l’onore di lavorare con lui su un set. Tinto Brass lo conosce solo di nome.
Gli chiedono com’è stato il suo rapporto con Lindsay Lohan l’attrice protagonista.
“È così bella. Si è sentito attratto da lei fisicamente?” Glielo chiedono in tanti e uno un po’ si stupisce perché una cosa del genere non la chiedono mai. Non sono affari del giornalista, né di nessuno. Perché un pornodivo dovrebbe sentirsi più attratto fisicamente dalla propria partner di un attore normale?
Ma lui finge di non capire.
“Non ci sono stati problemi sul set. Mi sono trovato bene con lei: è una grande attrice. Con la sua interpretazione ha aggiunto degli strati ulteriori al suo personaggio che non erano presenti in sceneggiatura. Nello script doveva essere una donna timida e sottomessa, lei invece (che ha lottato per avere questa parte) l’ha resa più forte, più aggressiva e questo alla fine rende ancora più intensa la sua sconfitta. Credo che abbia aggiunto realismo alla storia. Ed io ho dovuto reagire ai suoi cambiamenti. E questo è stato l’aspetto più interessante per me del film: vedere come ognuno aveva il suo personaggio e lo costruiva, ma a seconda dei cambiamenti di un personaggio anche gli altri cambiavano. Non so se mi spiego: ma se io immagino di dire qualcosa in risposta alla battuta dell’altro e l’altro mi cambia la battuta anche io dovrò cambiare. Quindi i personaggi nascono dall’interazione con gli altri. Penso che un film sia proprio questo. Gli attori creano strati che prima non c’erano”.
Forse questa risposta, data con immenso candore, rivela molto di James Deen, delle sue aspirazioni, contiene una chiave della sua persona.
Ma non c’è tempo di indagare. Inizia un’altra intervista.
E la domanda con cui si cerca di trovare un varco riguarda la sua famiglia.
“Come hanno reagito i suoi?”
“All’inizio avevano paura per la mia salute e perché non pensavano che fosse davvero un progetto lavorativo. Poi hanno visto che c’è la massima sicurezza, si fanno controlli regolari, da 10 anni ormai non ci sono più infezioni da HIV; hanno capito che vedevo la questione in modo professionale e si sono rassicurati”
“E sorelle, fratelli ne ha?”
“Ho una sorella”
“E cosa fa?”
“Ora sinceramente non lo so cosa faccia. Ma un tempo ha girato dei piccoli film sulla cultura ebraica. Noi siamo ebrei. Ora credo che si dedichi ad altro. La reazione peggiore è stata a scuola. Mi hanno rimandato a casa per due giorni”
In una pausa si scusa con noi: per le risposte che si ripetono. E noi diciamo che succede sempre, anche le domande si ripetono ma ne approfittiamo per chiedergli della scuola ebraica a cui ha accennato.
“La mattina si studiavano le materie che studiavano tutti, ma al doppio della velocità, il pomeriggio c’erano solo studi ebraici. Un tempo masticavo l’ebraico, ora lo parlo malissimo mi si confonde con il poco spagnolo che ho imparato. Alla scuola ebraica un giorno la maestra, seduti in cerchio, ha chiesto cosa volessimo fare da grandi. Tutti a dire lo scienziato ed il medico, quando ho detto qual era il mio progetto mi hanno spedito dal preside che ha cercato di capire meglio, di spiegarmi che così non si poteva. Ma io ho insistito e mi hanno mandato a casa”
Non c’è sbruffoneria, né orgoglio particolare. Solo una punta di malizia mentre sorride alla ragazza che si è affacciata alla porta.
Ogni tanto nella saletta delle interviste fa capolino una creatura celestiale, discreta: una ragazza alta, magra, capelli scuri mossi che le arrivano al collo, occhi azzurri, la carnagione bianca, un abito nero con la gonna svasata e stretto in vita, scarpe dal tacco basso. Bellissima, sorride, un sorriso appena accennato e poi scompare. Qui di persone che si affacciano non mancano mai: trucco, parrucco, agenti, tecnici. Vallo a sapere chi è. Ma lei sorride, con un piccolo gesto della sua mano bianca dalle dita affusolate.
E ora che le interviste volgono alla fine la ragazza bellissima entra e si siede in disparte.
“Lo sa che lei è l’idolo della ragazzine? Come spiega questo fatto?” Chiede la giornalista.
James Deen arrossisce. Getta un’occhiata alla ragazza seduta nell’angolo che lo ignora.
“Non lo so, mi fa sentire un po’ imbarazzato. Non so cosa c’è di me che possa piacere. Ma se c’è e non lo capisco va bene, vuol dire che posso continuare a fare quello che faccio”.
Adesso le domande sono frontali.
“Il sesso è importante per lei? Cosa la fa innamorare di una donna?”
“Ho bisogno di conoscere una donna, di comunicare con lei, prima di accorgermi del suo corpo. Io credo che il sesso tra due persone migliori se c’è un buon rapporto personale, e non piuttosto il contrario. È importante che in una relazione ci sia compatibilità sessuale, ma questa non potrà mai compensare la mancanza di compatibilità in altri campi.”
“E lei ha avuto molte relazioni?”
“No comment. Non so. So che l’amore è uno”
E di nuovo guarda la ragazza, la fissa insistente, la giornalista non l’ha vista entrare, e continua con le sue domande sessuali e amorose.
E le risposte che lui dà sono tutte rivolte a lei, alla ragazza bellissima seduta nell’ombra che ascolta e abbassa gli occhi mentre lui le parla del suo amore.
“Non pensa che questa società sia troppo erotizzata?”
“Questo non lo so. Ma perché il sesso sia buono, per avere una buona vita sessuale prima di tutto devi avere un buon rapporto con te stesso. E un grande rispetto per l’altro. Non bisogna dimenticare che il sesso è un lavoro di squadra. Spero tanto che il mondo evolva, che si capisca davvero qual è il senso del sesso nella vita di una persona”
Ora, prima che inizi la prossima intervista, la ragazza gli si avvicina, con dolcezza, velocemente prende accordi con lui per sapere se va bene l’abito che gli è stato preparato, e cosa desidera mangiare prima della sfilata sul tappetto rosso.
Poi si dilegua. Si scusa per l’intromissione con qualcuno che è fuori della stanza, arrossisce e dice “Volevo essere sicura che fosse tutto a posto che non gli mancasse niente”.
Ora inizia una nuova sessione di foto e noi lo salutiamo. Un saluto caloroso.
È un ragazzo simpatico questo vicino di casa, per fortuna non c’è stato tempo di vedere il suo lato oscuro, forse quello lo hanno visto solo il regista e lo sceneggiatore che ora sono scomparsi, i divani bianchi sono vuoti tra le tende mosse dal vento.
L’autodistruzione dei personaggi che regista e sceneggiatore hanno voluto creare sembra sia rimasta sul set.
Se distruzione deve esserci i protagonisti vogliono viverla con passione, con indipendenza: Lindsay Lohan al Lido non è mai arrivata e James Deen assapora il suo momento di gloria e di amore a bordo piscina.