My Funny Valentine e un cliente che assomiglia a Chet

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Ho appena inserito nella radio un cd di Chet Baker, quando sale. E’ un uomo elegante, ma ha il volto triste e stanco.

 

Ho appena inserito nella radio un cd di Chet Baker, quando sale. E’ un uomo elegante, ma ha il volto triste e stanco. Scavato, proprio come quello di Chet.

– Guidi fino a trenta euro – mi fa, mettendomi tre banconote da dieci sul sedile avanti – vada dove vuole, non importa.

– Dove voglio? – ripeto spiazzato.

– Sì – ribadisce, poggiando la fronte sul finestrino e chiudendo gli occhi – le chiedo solo di spegnere la radio per favore, ho bisogno di un po’ di silenzio.

Prendo i soldi sul sedile, li metto in tasca e attivo il tassametro. Poi sto per congedarmi da Chet e dalla sua “My Funny Valentine” appena iniziata, quando il tipo mi poggia una mano sulla spalla.

– La lasci pure, magari in sottofondo.

– Ok – dico, e ingrano la marcia.

Ogni tanto sbircio dallo specchietto retrovisore: il mio cliente muove appena le labbra, come a seguire strofe e note. Ha proprio il viso di un jazzista geniale e maledetto, uno di quelli che poteva avere il mondo ai suoi piedi ed invece, come tanti, forse non lo voleva neanche guardare di traverso, questo mondo, ed allora si faceva di jazz e stupefacenti.

Il tassametro tocca i trenta euro,e, non chiedetemi se l’ho fatto apposta, ma mi fermo proprio dinanzi un jazz club. Trenta euro, né un centesimo in più né un centesimo in meno, e la porta a meno di cinquanta metri. Il cliente scende, mormora un grazie e si dirige verso il locale.

– Scusi – chiedo abbassando il finestrino.

– Sì?

– Lei ha mai suonato la tromba?

Il mio cliente si tocca le rughe che gli solcano il viso, e sorride con gli occhi.

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