Giardini in bianco e nero e a colori

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«Perché i colori fanno parte di un’unica sinfonia. Il verde è profondità. Il rosso energia. Il nero e il bianco sono il mistero. Se metti l´arancione, il disegno comincia...

 «Perché i colori fanno parte di un’unica sinfonia. Il verde è profondità. Il rosso energia. Il nero e il bianco sono il mistero. Se metti l´arancione, il disegno comincia a vibrare. Fino a quando arriva il momento in cui tutti i segni vanno al loro posto e i colori iniziano a cantare»

 

[da un’intervista a Lorenzo Mattotti di Pino Corrias, per la riedizione della sua graphic novel “Chimera” (2011)]

 

 

Delle tante esperienze del giardino la più immediata è visiva. Quella del giardinaggio è infatti un’arte visuale prima ancora che olfattiva e tattile; in ulteriore subordine avviene il coinvolgimento degli altri sensi.

L’arte occidentale e la ‘disciplina’ giapponese dei giardini hanno portato alla loro massima espressione i rispettivi postulati; concetti come il ‘colpo d’occhio’, la visuale privilegiata, la prospettiva e ‘la fuga’, le graduazioni di colore, sono familiari ai cultori della materia.

 

In questo campo il colore – come pure la sua assenza – è un elemento fondamentale.

La percezione dei colori è funzione della luce, e la notte – con la luna o senza – con le sue graduazioni di luminosità, altera tanto i colori cui siamo abituati di giorno, che il nostro stesso giardino ci sembra diverso ed estraneo; scomparsi prima i blu, poi i rossi e le sfumature, si impossessano dei nostri occhi i colori tra il nero e il bianco e i contrasti tra di essi; contemporaneamente siamo più attenti agli odori e ai rumori…

In un certo senso è come stare sott’acqua; anche lì, in un universo sensoriale completamente alterato – sotto i venti metri di profondità, circa -, i colori cambiano, e riprendono vita solo alla luce di una lampada subacquea… [v. su “O”: I fiori del mare
 del 16.11.08]. Come si vede, l’esperienza di una vita aliena, lunare o marziana, non è poi così fuori dalla nostra portata.

 

A tutti gli effetti quindi, “i giardini di notte si vestono di nuovi colori”: in luogo di quelli, esplosivi, che attraggono la nostra attenzione di giorno, se ne rivelano altri, più semplici, quasi rarefatti, dipendenti dalla quantità di luce disponibile [V. su “O”: Le piante e la notte
 del 25.05.08].

Le piante – si può dire – non smettono mai di lavorare, e a fianco di quelle che utilizzano i colori vivaci per attirare gli insetti diurni, ce ne sono altre specializzate in “bianco & profumato”, per gli insetti notturni.

Quattro gardenie

Di giorno alcuni bianchi appaiono tendere al giallo, si avvicinano al caldo guscio d’uovo fino ad arrivare al grigio/azzurro; altri bianchi hanno una tonalità rosa, e giocano intorno con foglie variegate di panna e argento. Di notte questi particolari svaniscono; rimangono solo minime variazioni di luminosità tra di essi, a contrasto con le foglie più scure.

Giardini della Landriana (Ardea – RM). Variazioni di bianco al degradare della luce

In una stagione, si può dire ‘pionieristica’ del giardinaggio occidentale, ai primi del ‘900, grande successo ebbero ‘i giardini all’inglese”. Furono formulate allora le regole basilari di un gusto per il verde che tuttora tiene campo. In questo ambito i giardini cosiddetti “monocromatici’ sono quasi un’esercitazione stilistica, ma per un giardiniere un’occasione sovrana per ‘farsi la mano’ e l’esperienza dei colori, come la tavolozza per un pittore.

Ispiratrici di questa nuova sensibilità al colore, presto diventata una moda, sono state due grandi donne ideatrici e curatrici di giardini, come Gertrude Jekyll e Vita Sackville-West: due ‘romantiche donne inglesi’ che avevano trovato nel giardinaggio il modo – o uno dei modi, almeno per Vita – per sottrarsi alle spire dell’asfissiante società vittoriana al suo epilogo.

 

Munstead Wood, nel Surrey, fu la casa (e il giardino) abitata dalla Jekyll negli anni della maturità, progettata per lei dall’amico architetto Edwin Lutyens.  Qui presero forma – e furono pubblicate sulla rivista Country life Magazine – alcune sue intuizioni sulle associazioni di colore e sulle (poi) famose ‘bordure miste’: “Raggruppate audacemente, con un pensiero a tutte le stagioni e a tutti i colori; formatevi nella mente molti quadri successivi, quadri che siano armoniosi in se stessi e in armonia l’uno con l’altro, e poi realizzateli.

Era l’applicazione della teoria tonale dei colori a ondate informali di piante; il compimento, in forma di giardino, del suo percorso intellettuale, educato alla pittura di Turner e Monet e riportato alla materia vivente; come scrive lei stessa: “la creazione di quadri con piante vive”.

Manor House’s garden, creato da Gertrude Jekyll

Gertrude Jekyll impostò, nel 1907 il giardino di 4,5 acri della Manor House (ad Upton Gray nell’Hampshire). È tra i suoi giardini più famosi, dove  si può ritrovare applicato il suo modo di intendere i giardini, ma in scala più piccola rispetto alle realizzazioni maggiori.

In questo libro – titolo originale ‘Garden book’ (1968) – sono state raccolte le note settimanali di giardinaggio di Vita Sackville-West sull’Observer. L’edizione italiana è del 1975, per la collana L’Ornitorinco (Rizzoli) curata da Ippolito Pizzetti

Negli anni tra le due guerre, e poi nel dopoguerra, Vita Sackville West – singolare figura di intellettuale, scrittrice e curatrice di giardini, amica di Virginia Woolf e con lei animatrice del circolo Bloomsbury – con il marito, il diplomatico Harold Nicolson, acquistò e poi mise mano alla sistemazione della tenuta di Sissinghurst nel Kent [v. su “O”: Passeggiate per i giardini del mondo del 13.05.07].

Numerose intuizioni sull’arte topiaria e sui giardini vi sono applicate – alcune influenzate dal pensiero della Jekyll, ma ulteriormente elaborate – tra cui il giardino ‘a stanze’: spazi tematici isolati da alte siepi e la disposizione delle fioriture secondo il colore, la grana e le stagioni.

Tre vedute del giardino e del castello di Sissinghurst

La tenuta di Sissinghurst è oggi proprietà del National Trust. È il giardino più visitato d’Inghilterra, con circa 200.000 visitatori all’anno, nonostante la chiusura invernale.

Alcune delle caratteristiche di questo giardino si ritrovano, in un luogo a noi più vicino, ai Giardini della Landriana (Ardea – RM), progettato negli anni del dopoguerra dall’architetto inglese di giardini Russel Page, sito su un terreno che dovette essere bonificato dalle mine prima di cominciare a piantare.

Giardino monocromatico alla Landriana

Il colore dei giardini e il Cinema. Parlare di ‘colore’ e ‘bianco e nero’ inevitabilmente riporta al cinema e al suo modo di affrontare il tema della Natura: [V. su “O”: Giardini e natura. Lo sguardo del cinema (seconda parte)
 del 06.05.08]. Al riguardo, almeno due film sono una citazione d’obbligo:


Un inquietante giardino di piante mostruose e carnivore è presentato in Improvvisamente l’estate scorsa (Suddenly, last summer), film in bianco e nero del 1959, diretto da Joseph L. Mankiewicz
…e il giardino coloratissimo, il sogno di un giardino, in Neverland – Un sogno per la vita (Finding Neverland), di Marc Forster (2004). Alcune scene del film sono state girate ai Kensington Gardens di Londra

Il colore dei fiori in rete. Se si cerca sul web la spiegazione per il colore dei petali dei fiori, le risposte sono varie: alcune più scientifiche, altre fantasiose.

Allora… “Perché i fiori sono colorati?

– perché all’interno della cellula del fiore vi sono i cromoplasti, che contengono pigmenti gialli, arancioni e rossi; essi insieme al nettare, servono per attirare gli insetti, che trasferiscono da fiore a fiore anche il polline con i gameti per la riproduzione.

– per regalarli alle persone colorate

– Colorati? …Se l’erba o l’LSD sono buoni sono coloratissimi! …di più!

– per prenderne materiale per i sogni…

Materiale per sogni a colori
Un sogno in bianco e nero, dalla graphic novel “Chimera” di Lorenzo Mattotti

“Muovendo dalla ‘linea fragile’ iniziale, il tratto di Mattotti via via s’infittisce, diventa vorticoso e graffiato, scivola dal bianco della luce al buio di un bosco intricato e nero come quello di Hansel e Gretel, dove si aggira un misterioso viandante…” (P. Corrias)

 

E a proposito di sogni: sono colorati o in ‘bianco e nero’, i sogni? Qualcuno certo giurerà di averne fatti di quest’ultimo tipo, notturni o in forma di incubo, ma in generale propenderei ad attribuire loro un colore, in quanto riproducono un’esperienza vissuta. Però qualche dubbio mi restava, fino a che… non ho fatto un sogno anch’io, tempo fa… Ero seduto ad una poltrona di cinema, e mentre scorrevano i titoli di coda è comparsa sullo schermo la scritta: “Colore della TECHNICOLOR” a lettere staccate, ciascuna di un diverso colore. Una prova inconfutabile, mi sembra…

 

Il discorso sul colore si può allargare ancora…

Michel Pastoureau è uno storico francese, medioevalista e cultore di araldica. Recentemente ha rivolto i suoi interessi agli aspetti antropologici e alle implicazioni del colore…

Michael Pastoureau: “I colori del nostro tempo”; Ponte alle Grazie Ed. (2010)

Le tesi di Pastoureau sul colore sono molto interessanti; egli postula – e dimostra, dati e statistiche alla mano – che la percezione dei colori è ‘culturale’; il loro uso e la loro simbologia cambiano in funzione dei luoghi, dei tempi, delle società.

Si scopre così che molti testi medievali, ad esempio quelli dei monaci cistercensi, condannavano il colore perché occultava la verità delle cose. E in generale i colori sgargianti, il rosso e il giallo, erano considerati ‘peccaminosi’ indosso alle donne.

Anche per i protestanti, “un buon cristiano doveva vestirsi con colori ‘onesti’, come il nero, il grigio o il blu. La condanna del rosso, del giallo e del verde ha avuto importanti conseguenze nella vita quotidiana dell´Occidente, dato che, a partire dal sedicesimo secolo, un uomo vestito di giallo o di rosso è considerato un individuo stravagante. Il grande successo contemporaneo del blu si spiega anche così!”.

Infatti il mondo occidentale, nella sua globalità – quasi il 50% delle persone intervistate –  preferisce tra i colori il blu, seguito nell’ordine dal verde (20%) e dal rosso (10%).

Una gamma diversa si può rilevare in Oriente, dove è il Giappone a fare scuola, con la sua classifica di preferenze sui colori che vede al primo posto il rosso (40%), poi il nero (20%) e il bianco (10%). E una grossa importanza vi hanno le caratteristiche accessorie di ‘brillante’ e ‘opaco’.

In Africa le informazioni raccolte sono alquanto inconsuete per l’uomo occidentale; esse infatti non registrano le preferenze per uno specifico colore, mentre enfatizzano altri aspetti, non propriamente visivi, quali “…sapere se è secco o umido, tenero o duro, liscio o rugoso, sordo o sonoro, allegro o triste”!

…Un colore liscio e allegro …umido e triste! Certo ha più legami con la poesia che con la teoria dei colori!

Curiosa anche – sempre riportata da Pastoureau – l’evoluzione della parola per indicare il blu, che gli antichi romani aborrivano (forse per il colore degli occhi dei popoli nemici? – ipotizza l’Autore), tanto che le lingue romanze hanno dovuto prendere in prestito termini derivati dall’antico germanico ‘blau’ e dall’arabo ‘lazurd’ per indicarlo.

 

Date queste premesse, in questo libro peraltro molto interessante – organizzato come un dizionario in ordine alfabetico – siamo andati avidamente a ricercare alla voce “Fiori”, immaginando di trovarvi chissà quali informazioni sull’evoluzione del gusto, attraverso i colori preferiti in varie epoche e paesi, ma… Delusione! Il lemma non è neanche contemplato e sarà quindi un compito addizionale per noi, da svolgere!

Vita Sackville-West: Un giardino per tutte le stagioni; Muzzio Editore (2009)

Nell’attesa ritempriamoci con un’immagine dal libro di Vita Sackville West, nella parte di cui parla del progetto di un giardino ‘monocromatico’, dai fiori bianchi e dalle foglie chiare o argentate; una cornice ideale per una passeggiata notturna…

 

Ne scrive all’ultimo capitolo del libro, di questo suo progetto dell’inverno 1949-’50: “…il giardino chiaro che ora sto piantando, sotto i primi fiocchi di neve”.

Harold Nicolson l’aveva proposto, ma non si trattava di un’idea nuova nella mente di Vita. Lei stessa vi aveva già pensato nel 1939. Agli inizi degli anni ’30 ne troviamo un’anti­cipazione in una sua poesia, intitolata The Dream.

Aveva sognato di creare un giardino in una notte invernale, circonda­ta da candele accese e da un daino con le corna fiammeggianti. Anche allora, mentre lavorava, scendeva la neve…

And she knew that she neared the end of the garden path / And the deer and the buried candles travelled with her / But still she knew that she would not make an end / Of setting her plants before the shroud came round her…

E lei sapeva di avvicinarsi al termine del sentiero / e il daino e le cande­le accese si muovevano con lei / ma sapeva di non poter finire / la sua pian­tagione, prima che il manto l’avvolgesse…

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