L’amore, anche quando è corrisposto, purtroppo non sempre è dolce come il miele: ad avvelenarlo, come ci insegna la favola di Amore e Psiche, è l’occhio altrui che giudica e condanna.
L’interessante e complessa opera prima di Francesco Henderson Pepe, presentata e ben accolta quest’estate proprio sull’isola dove il lungometraggio è stato girato, è la storia di formazione e di crescita di tre ragazzi provenienti da mondi diversi che si incontrano nel paradiso incantato e mitologico delle Eolie.
Due fratelli francesi, Andrè (Malik Zidi) e Camille (Aylin Prandi), sbarcano sull’isola di Salina. Conoscono molta gente e da questi incontri vengono anche trasformati, ma soprattutto sono loro a rappresentare la leva del cambiamento all’interno di una comunità che, per ragioni geografiche e culturali, è rinchiusa in se stessa. La più profonda rivoluzione la vive infatti Santino (Francesco Casisa), un giovane isolano loro coetaneo.
Per lui la scoperta del mondo, attraverso l’incontro con i due ragazzi francesi, è anche la scoperta del vero se stesso, una rivelazione difficile e imprevista che lo porterà a superare pregiudizi di cui anche lui è intriso.
Pregiudizi che colpiscono ogni relazione amorosa che vive in questa pellicola: l’amore libertino della turista di passaggio, quello della vedova divenuta consolabile, la passione fra un uomo anziano e una ragazza che potrebbe esserne la figlia, l’omosessualità e addirittura il possibile involontario incesto. Ogni rapporto non perfettamente convenzionale è smascherato, giudicato e maledetto dalla comunità; gli amanti colpevoli sono di volta in volta segnati a dito fino a che non subentra uno scandalo più grande da poter condannare.
Andrè, Camille e Santino capiscono così che crescere significa incontrare e realizzare se stessi, affrontando con coraggio ipocrisie e falsità con cui i benpensanti giudicano e condannano tutto ciò che è diverso e che per questo altera quella che si rivela essere una tranquillità solo apparente.
Ma il percorso verso una maturità che dia il coraggio di vivere la propria natura è duro perché i protagonisti dovranno faticosamente superare le loro stesse inibizioni e paure, vittime anch’essi, ognuno a suo modo, di tabù ancestrali e inalienabili. In quell’isola magica, i cui paesaggi sono amorevolmente mostrati dal regista che del posto è affezionato ospite, il destino sembra tuttavia godere di sorti imprevedibili e neppure l’amore, di fronte a certi ostacoli, può più nulla se non sparire.