Natalie Lithwick e Roberto Bellatalla: “Raccontiamo Gilgamesh con l’improvvisazione musicale”

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Il contrabassista jazz Roberto Bellatalla ha partecipato per anni a Londra a diversi progetti nell’ambiente della musica improvvisata di matrice anglo-sudafricana. A Roma ha collaborato con Michele Rabbia, Marco Ariano, Michael Thieke,

Il contrabassista jazz Roberto Bellatalla ha partecipato per anni a Londra a diversi progetti nell’ambiente della musica improvvisata di matrice anglo-sudafricana. A Roma ha collaborato con Michele Rabbia, Marco Ariano, Michael Thieke, Aleksandar Caric, Fabrizio Spera, Mike Cooper e tanti altri. Compone delle musiche originali seguendo un suo stile inconfondibile di sentire ed esplorare il suono. Natalie Lithwick ha studiato pianoforte al Royal Conservatory of Toronto, poi si è specializzata nel canto lirico a New York e a Parigi, per approdare in Italia con Maria Gabriella Munari e Laura Niculescu. Negli anni si è esibita nei vari teatri europei e ai festival di musica antica. Quello che li unisce è un libro e l’arte dell’improvvisazione.

 

Roberto e Natalie, autori e protagonisti dello spettacolo “Il diluvio su accordi strani”. Cosa vi siete proposti con questa creazione?

 

R: Raccontare un testo scritto in versi in una lingua antica e tradotto in italiano così come ci riusciva. Cercare di trovare dei passaggi significativi del libro “Epopea di Gilgamesh” e dargli una forma narrata, trasformarli in una canzone o intervenire con delle musiche già esistenti.

 

Perché avete scelto Gilgamesh per il vostro primo progetto?

 

R: E’ una storia che mi intrigava da tanto tempo, perché è precedente alle sacre scritture e parla di un tempo precedente al Diluvio. Una storia fantareale: Gilgamesh è il re sumero della città di Uruk, un guerriero crudele, per due terzi divino e per un terzo mortale, che a un certo punto decide  di intraprendere un viaggio alla ricerca del senso della vita e del segreto dell’immortalità.

 

Ogni spettacolo è diverso con l’improvvisazione. Non si rischia di avere dei spettacoli più ricchi e altri meno intensi?

 

N: E’ sempre diverso. Sopratutto senza spartito. Vengono le onde di paura, poi è vitale fare un salto nell’incognito, dove tante cose possono sorgere.

R: La vita è improvvisata. Viviamo nell’illusione di avere tutto ordinato ma niente lo è. La diversità dipende dal caldo, dal freddo, se sei felice, infelice… se c’è una buona acustica, un ottimo pubblico. Per un quadro o un libro è un lavoro dove ci metti le mani nel tempo, la musica, mentre la fai, nasce e muore. Tu che fai la musica, in realtà, sei uno strumento che ti aiuta a tirare fuori la tua voce. Lo strumento che suoni è l’estensione delle tue mani, delle tue braccia, del tuo corpo. Lo strumento sei tu che ti liberi di un qualcosa che ti possiede: più ti lasci andare più viene fuori qualcosa.

 

C’è la paura prima di suonare?

 

R: Se hai davanti tre persone o mille, c’è un terrore sacro. Per ucciderlo, devi sconfiggere qualcosa dentro di te, un dialogo interno.

 

Natalie, lei ha mai fatto questo tipo di rappresentazione? Come è avvenuto il vostro incontro musicale?

 

N: Era durante un suo concerto. Ero ipnotizzata del suo rapporto speciale con lo strumento, poi mi ha proposto d’improvvisare con lui. Era avvenuto con naturalezza, ha iniziato a suonare Round Midnight, e avevo l’impressione che la mia voce si è lanciata da sola in questo incontro. Da quel momento abbiamo iniziato a sperimentare e crescere reciprocamente. Non ho mai improvvisato prima. All’inizio cercavo la bellezza della melodia e di fare echo ai suoi suoni. Roberto mi incoraggiava ad allontanarmi dai miei schemi, di non avere paura dello strano o del vuoto, mi diceva che l’essenziale è l’ascolto.

 

Uno spettacolo accompagnato da un solo strumento. Quale è la forza e quale è il limite di un contrabasso?

 

R: In verità sono due: la voce e il contrabasso. La forza è immensa perché lo strumento è tutto e ha un mondo suo. Cercare tutte le possibilità che uno strumento può avere è una sfida per me. La stessa cosa per la voce. Non ci sono dei limiti nella fantasia e nell’ispirazione.

 

Come si può definire il vostro genere?

 

R. Tante influenze derivano dai musicisti dell’ambiente dove ho vissuto, che provenivano da culture con delle musiche differenti, classica, jazz. Nell’improvvisazione ognuno usa degli strumenti alla disposizione: il bagaglio musicale, l’esperienza, lo studio. E’ uno stimolo trovare un territorio comune dove esprimersi insieme. Sperimentare significa prendere una musica in particolare e vedere dove si riesce a portarla.

 

Natalie, lei si identifica con dei personaggi del testo?

 

N: Identificarsi con i personaggi era una chiave per esplorare diversi registri. Gilgamesh, in questo caso, è l’ascoltatore. Il Diluvio è raccontato da Utnapishtim, uno dei due sopravissuti diventato Immortale. Poi c’è Enlil che, irritato dal rumore che fanno gli umani, vuole distruggerli. C’è  Ea, il dio che salva Utnapishtim in segreto, poi Istar con le sue passioni e nevrosi. Giocare con i suoni ci ha permesso di trasmettere questi personaggi inoltre le parole, immaginando quello che non era detto. Di seguire quello che il testo generava. Cercavamo delle fessure nel testo per dare una direzione all’improvvisazione. Ogni personaggio suscitava una particolare intensità.

 

L’aggiunta di una scenografia, che al momento manca, potrebbe cambiare il senso dello spettacolo?

 

N: E’ un lavoro che vogliamo fare in futuro, implicare anche degli attori. Qui abbiamo voluto rendere semplice la storia di Gilgamesh: solo voce e contrabasso.

R: Diventa una cosa teatrale e noi siamo dei musicisti. Occorre essere una compagnia per fare di più.

 

Questo spettacolo è sufficiente per fare capire al pubblico la storia di Gilgamesh o è un invito a leggere il libro?

 

N: Lo spettacolo è molto evocativo. Lo scopo non era di invitare alla lettura. Era di svegliare un sentimento profondo di un’esperienza inedita.

R: E’ un invito a porsi delle domande. Le emozioni che suscita lo spettacolo dipende da chi li riceve. Ho conosciuto gente alla quale li è cambiata la vita dopo un concerto.

 

Quanta importanza hanno i vostri spettacoli basati sui libri per una società che legge poco?

 

R: Nella storia c’è stato sempre questo intreccio scrittore – musicista. Se uno passa del tempo leggendo cose varie le assimila anche non volendo e si comporta di conseguenza. C’è poi una musicalità nella parola. Un bravo scrittore è riconosciuto anche da quello. Sarebbe bello leggere tutti i libri nell’originale, perché ogni lingua ha una sua musicalità.

 

Quali sono i vostri progetti futuri?

 

N: Uno spettacolo basato sul libro “Proverbi e Controverbi” di Carlo Boschi, un musicista e scrittore che ha lavorato al conservatorio dell’L’Aquila e crede nell’improvvisazione, parteciperà con noi nella musica, giocheremo a tre fra parole e suoni. Vogliamo fare uno spettacolo interattivo dove il pubblico crea dei proverbi e controverbi con la nostra musica.

R: Il 25 aprile, suonerò in uno spettacolo dedicato a Pasolini, all’Auditorium Parco della Musica, con Cosimo Cinieri: “Pier Paolo, poeta delle ceneri”.

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