L’estate stenta ancora a presentarsi a Londra, mentre la primavera balla il suo consueto valzer di pioggia, freddo e fango. L’Inghilterra sembra il maggior produttore di fango sulla faccia della terra. Soprattutto sui campi di calcio sparsi per il paese. Tonnellate di fango che impediscono di far girare la palla in modo preciso, veloce, efficace. Un delitto per gli schemi di gioco di Sandor Ferezy, l’allenatore ungherese che in Inghilterra chiamano “L’italiano”. Ha passato moltissimi anni ad allenare nel nostro Paese, senza vincere alcun titolo. Nessuno scudetto, né Coppa Italia, né tantomeno coppe internazionali. Sandor Ferezy è l’allenatore meno titolato al mondo, eppure le sue squadre sono state amate, ammirate, studiate dai tanti appassionati. L’unico incoveniente è che non riescono a conquistare la vittoria finale. Ci arrivano vicino, ma perdono sempre la partita decisiva. In questo Sandor assomiglia al suo maestro, il serbo Bruno Paletic, che con il suo fantasmatico schema di gioco, un solo difensore in compagnia del portiere più nove attaccanti, aveva illuso tanti tifosi in giro per il mondo. Senza poi vincere niente. Famosa la finale di Coppa dei Campioni giocata al Bernabeu di Madrid il 27 maggio del 1980, quando la squadra allenata da Paletic, la Stella Rossa di Belgrado, concluse il primo tempo in vantaggio per tre a zero sull’Amburgo guidato da Franz Krakauer, chiamato il “cecchino di Lubecca” (qualcuno, nei giorni precedenti il big match, aveva tirato fuori delle vecchie storie risalenti alla Seconda Guerra Mondiale). Paletic alla ripresa del gioco, malgrado il presidente della Stella Rossa gli chiedesse di modificare il suo leggendario 1-0-9 mandando in campo qualche centrocampista per difendere il risultato e vincere la coppa, scelse di presentare la stessa formazione. Anzi, con quegli inconfondibili occhi rosso acceso, ammonì i suoi giocatori di non arretrare, nemmeno di un centimetro, il loro raggio d’azione.
– Io voglio ancora fare gol!!! – gli urlò dietro il grande Bruno, mentre salivano le scalette dello spogliatoio per iniziare il secondo tempo, che si rivelò fatale per l’allenatore serbo. La Jugoslavia era ancora sconvolta dalla morte del suo Condottiero, il Maresciallo Tito e una vittoria calcistica le avrebbe per qualche momento risollevato l’anima. Ma i giocatori jugoslavi vennero trafitti dai contropiedi dei tedeschi che trovarono delle praterie in mezzo al campo, soprattutto il grande Kevin Keegan che con la sua chioma riccia volava indisturbato nella metà campo avversaria, offrendo assist e dispensando gol. Il portiere serbo per la disperazione prese a pugni l’attaccante dell’Amburgo, Horst Hrubesch, una specie di panzer tedesco con la pancia piena di birra, il quale nel frattempo aveva avuto il tempo di segnare due goal. La ripresa si chiuse cinque a quattro in favore dell’Amburgo. Le telecamere dell’Eurovisione, dopo la fine della partita, inquadrarono a lungo il viso vitreo di Paletic, immobile dentro la panchina dello stadio, con il presidente della Stella Rossa che tentava di avventarglisi contro, disperato all’idea di non aver potuto dedicare la vittoria di Coppa al Maresciallo Tito (e quindi, di conseguenza, di non poter diventare un eroe della Patria). Dovette intervenire addirittura la Guardia Civil per portarlo via. Fu allora che l’allenatore serbo chiese asilo politico, dato che a Belgrado lo aspettavano i famosi ultras della Stella Rossa per appenderlo a testa in giù da uno dei lampioni di Piazza della Repubblica. Nel corso degli anni Paletic è stato anche accusato di aver favorito con quella sconfitta la dissoluzione della Jugoslavia. Il povero allenatore serbo è stato costretto a darsi alla clandestinità. Qualcuno, ma la notizia non è stata confermata, l’ha visto allenare dei ragazzi alla periferia di Helsinki, alcuni anni fa, con un modulo di gioco addirittura più offensivo del suo 1-0-9. Lo 0-0-10. Uno schema che al mondo ha praticato soltanto l’allenatore brasiliano Valdos Marana, il “pazzo di Rio de Janeiro”, all’inizio degli anni settanta. Anche Marana non ebbe fortuna e venne cacciato da tutte le squadre che aveva allenato. Lo 0-0-10 rimane comunque un incredibile sfida di gioco che neanche Sandor Ferezy ha avuto il coraggio di tentare. Almeno per il momento. Significherebbe che tutti i giocatori dovrebbero stazionare per tutto il tempo della partita nell’area avversaria, lasciando il portiere a sbrigarsela da solo. Non è un caso che proprio il portiere del Botafogo allenato a quel tempo da Marana, Cesar Dos Grandos de Nenè de Vasco de Amado detto “Pino”, venne colpito da infarto da stress, quando vide improvvisamente sbucargli addosso l’intera squadra avversaria. I suoi compagni, nell’occasione, erano quasi tutti a terra con i crampi alle gambe. Marana venne accusato di aver provocato, con il suo gioco dissennato, l’infarto del povero “Pino”, che trascorse più di un mese in ospedale sotto stretta osservazione. Il portiere del Botafogo, in quei giorni, era preda di incubi feroci durante i quali urlava a squarciagola:
– La difesa… dov’è la difesa? – passò il resto della vita in un manicomio di San Paolo a chiedersi dov’erano finiti i suoi compagni di squadra. Valdos Marana, che alcuni già chiamavano “assassino”, venne esonerato dalla società. Non allenò più. Morì poverissimo in una favela vicino Rio, scrivendo a mano su un quaderno alcuni nuovi schemi di gioco. La leggenda tramanda che l’allenatore brasiliano avesse perfino previsto la totale assenza in squadra del portiere. (…)