Un taglio netto

di

Data

– Come lo vuole il naso? – mi ha chiesto il chirurgo estetico. – Qual è il contrario di importante, dottore? – In che senso? – Inutile.

– Come lo vuole il naso? – mi ha chiesto il chirurgo estetico.
– Qual è il contrario di importante, dottore?
– In che senso?
– Inutile. Il contrario di importante è inutile. Ho avuto un naso importante per tutta la vita, ora voglio un naso inutile.

Vorrei essere anche io un chirurgo, giusto il tempo di avere sotto il bisturi il tizio che ha inventato l’espressione “un naso importante”. Sono stata una bambina vivace con “un naso importante”, una ragazza simpatica con “un naso importante”, una donna intelligente con “un naso importante”.

Come si può definire “un naso importante”? “Importante” è la teoria della relatività o la fine della Guerra fredda o la fame nel mondo.

Il mio naso è stato talmente “importante” da prevalere su ogni potenzialità della mia vita, da diventare un’ossessione. A diciott’anni soffrivo già del gomito del tennista pur non avendo mai giocato a tennis, perché ho passato i cinque anni del liceo col gomito poggiato sul banco, per coprirmi il naso con la mano in modo da non offrirne la vista al più bello della classe seduto alla mia destra. Per non parlare delle foto di gruppo, in cui il mio naso imponeva la sua importanza occupando da solo un quarto della foto, col resto di me stessa che cercava di fare capolino dietro di lui.

– Forse intende un naso alla francese? Piccolo e all’in su?
– Non mi sono spiegata. Deve essere inutile. Se fosse possibile le direi di toglierlo del tutto ma se mi rimanessero solo i due buchi per respirare attirerebbero l’attenzione comunque. È lei il chirurgo tanto famoso, quello che opera anche le dive del cinema, no? E si fa pure pagare di conseguenza. Quindi sta a lei risolvere il mio problema. Mi faccia un naso inutile.

Il chirurgo ha alzato le spalle ma mi è sembrato sicuro del fatto suo. Infatti non sono mai stata preoccupata per l’esito dell’operazione, neppure i tre giorni successivi all’intervento, in cui avevo la mascherina di gesso che impediva di immaginare il risultato. Il chirurgo e i miei genitori volevano essere presenti quando il gesso è stato tolto ma ho preteso di essere sola. Così un’infermiera mi ha tolto le bende ed è uscita dalla stanza. Ho tirato via con cautela il becco di gesso davanti allo specchio del bagno e finalmente ho visto Liliana, una donna con i capelli folti, la fronte alta, gli occhi luminosi e la bocca carnosa. I lineamenti giusti con gli aggettivi giusti. E il naso? Già, il naso, me l’hanno appena rifatto e quasi me ne scordavo, eccolo lì, ma proprio se ci fai caso, potrebbe esserci ma anche non esserci.

– La ringrazio di cuore, lei è all’altezza della sua fama, – dico al chirurgo, mentre preparo un assegno da ventimila euro, i soldi in assoluto meglio spesi della mia vita.

Mi ferma con un gesto della mano e tossicchia.

– Senta, Liliana, pensavo di farle uno sconto, vanno bene diecimila euro.
– Perché mai, dottore? Sono molto contenta del risultato.
– Già. Forse l’ho accontentata troppo.

Il luminare ha gli zigomi arrossati, scuoto la testa senza capire.

– C’è stata una piccola complicazione. Dovuta a una imprevedibile conformazione del suo setto. Per farla breve, ha perso il senso dell’olfatto.
Fa un risolino forzato.
– Ora sì che il suo si può definire un naso inutile.

Ci sono stati pochi secondi in cui ho riflettuto se mi dovevo arrabbiare oppure no, lo confesso. Poi mi sono data una sbirciatina nel grande specchio sulla parete dello studio e il mio profilo era talmente impalpabile che ha perso consistenza anche il disappunto. In fondo non ho mai usato profumi, mi facevano venire il mal di testa, e soprattutto il mondo è pieno di odori disgustosi, gas di scarico, escrementi di cane, corpi non lavati. Mentre firmavo un assegno da diecimila euro ho pensato che potrò riprendere a viaggiare in autobus. Avevo smesso di farlo da anni proprio per non sentire la puzza di ascelle sudate.

Può essere utile, un naso inutile.

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