Gli uomini di onore non hanno nulla da temere, solo i traditori devono avere paura. Ilich Ramírez Sánchez pronuncia questa fase mentre parla con il dottor Valentín Hernández.
Ilich Ramírez Sánchez è meglio noto come il soprannome di Carlos ed è stato uno dei terroristi più ricercati al mondo. Carlos “lo sciacallo” è oggi protagonista di una miniserie in tre episodi diretta da Olivier Assayas e prodotta dai due canali francesi Canal + e Arte in onda su FX.
Girato con uno stile asciutto e modernissimo, prediligendo una fotografia estremamente luminosa che nella maggior parte dei casi crea un effetto di totale straniamento fisico e temporale dell’azione, Carlos è un’opera storicamente accurata e precisa che racconta l’avventurosa vita di un uomo che si definiva un “rivoluzionario professionista”, ma che di “professionale” non aveva proprio nulla. Agiva spesso in base all’impulso, era violento nella vita privata, insicuro ed instabile. Dal 1974 al 1994 Carlos è stato protagonista o testimone di spettacolari, ma anche inutilmente e vigliaccamente sanguinose, azioni eversive che hanno profondamente caratterizzato l’Europa e il Medio Oriente. La sua “attività” terroristica inizia con l’attentato all’affarista ebreo Joseph Sieff. Seguirono una bomba in una banca di Londra, autobombe davanti alle sedi di tre giornali francesi, una granata lanciata in un ristorante di Parigi, due attacchi falliti a jet di linea nei pressi dell’aeroporto di Orly e soprattutto l’attacco al quartier generale dell’OPEC a Vienna, nel 1975, quando Carlos prese 60 ostaggi, ne portò 42 ad Algeri e poi a Tripoli, dove ottenne asilo politico. Carlos fuggì poi dalla Jugoslavia, intrecciò rapporti con la Stasi della Germania Est, fu assoldato dai servizi segreti della Romania, venne espulso dal FPLP ma tornò poi a lavorare per i palestinesi, attaccò una centrale nucleare e mise bombe su un TGV. Disconosciuto poi da tutte le nazioni compiacenti – dall’Ungheria all’Iraq, dalla Libia a Cuba, si fermò in Siria e venne poi arrestato nel 1994 in Sudan. Processato a Parigi, è stato condannato all’ergastolo.
Non è sicuramente facile raccontare il terrorismo e, soprattutto, affrontare la figura centrale del terrorismo internazionale degli anni Settanta e Ottanta. In tal senso il terrorismo diventa ancora più difficile da trattare.
Carlos viene raccontato come prigioniero del personaggio da lui stesso creato e alimentato, egocentrico e ideologicamente incoerente, oltre che vanitoso e neppure troppo bravo nella progettazione delle azioni e nelle scelte strategiche. Non è un eroe, né un mito. Diventa un mercenario del terrore, per di più fuori forma.
Un racconto biografico che delinea con grande lucidità e obiettività un periodo storico che ha segnato il passaggio dalla guerra fredda alla caduta del Muro di Berlino. Il crollo del Muro fa svanire quella scacchiera internazionale sulla quale il terrorismo giocava. La razionalità di quel sistema, seppure brutale, lascia spazio a un disfacimento senza regole, nel quale prolifera un nuovo terrorismo, irrazionale e irregolare.
Ciò che colpisce nella miniserie è la sua fluida velocità di linguaggio e d’azione. Carlos passa dallo spagnolo al tedesco all’inglese, e così velocemente passa tra servizi segreti, Stasi, nazionalisti arabi, comunisti, islamisti, palestinesi. Una fluidità cui si contrappone l’incrollabile fede nella “causa”. E proprio questo contrasto rende evidente che la causa è solo un lontano pretesto, avulso dallo scacchiere sul quale gioca, corre e uccide.
La miniserie merita di essere vista, in primo luogo, per eliminare quegli sciocchi pregiudizi che ancora separano qualitativamente la serialità televisiva dal cinema.
In secondo luogo deve essere vista per i modi in cui descrive la tenacia di un uomo, la sua testardaggine senza riabilitare o assolvere la figura del terrorista ma dando la possibilità di conoscere meglio un personaggio protagonista delle tensioni e dei conflitti di quegli anni. La cura maniacale per i dettagli e lo stile documentaristico riescono nell’impresa di raccontare gesta sconvolgenti con grande accuratezza e distacco. Il punto di vista di Carlos, che conduce lo spettatore attraverso la storia che lo riguarda, è solo un punto di vista oggettivo.
Non solo una intensa ed avvincente serie d’azione, ma una storia che vuole raccontare il passato, senza cadere in facili equazioni o sottrazioni, ma puntando su una narrazione più storica che celebrativa. Perché sapere e non dimenticare è possibile anche attraverso la consapevolezza storica propria della narrativa televisiva.