Lo spettacolo: Prenditi cura di me

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Prenditi cura di me in scena dal 16 al 28 novembre al Piccolo Eliseo di Roma, nell’affermare una giustizia morale scevra da ogni logica politica e di costume

“L’etica, ecco che cosa manca nel nostro paese, una nuova etica!” In questa dichiarazione è riassunta la tenacia di Franco Maggi, protagonista dello spettacolo Prenditi cura di me in scena dal 16 al 28 novembre al Piccolo Eliseo di Roma, nell’affermare una giustizia morale scevra da ogni logica politica e di costume. Un’opera coinvolgente e ricca di colpi di scena, che nel 2007 è valsa al giovane regista, drammaturgo e attore Giampiero Rappa, il premio “Enrico Maria Salerno”.

 

Dopo il successo di Sogno D’amore, Giampiero torna a rappresentare le intricate relazioni fra gli uomini, i conflitti tra identità interna e ruolo-immagine esterna. Franco Maggi rispecchia un certo tipo di uomo contemporaneo: medico di successo, amato da tutti ma al contempo dipendente da tutti. Circondato da una moglie bella ma instabile, da amici-non amici, da un padre malato che ama ma col quale ha un rapporto conflittuale, divenuto assessore alla salute, Franco scopre di non potere gestire al meglio la pressione che la nuova responsabilità comporta. Ha creduto nel giuramento di Ippocrate e decide di importare un’ etica e una giustizia irreprensibile al corrotto mondo della sanità che dapprima lo accoglie cercando di adularlo ma dopo, scontrandosi con l’inflessibilità del medico, trama contro di lui per annichilirne l’identità.

 

Con il tallone d’Achille posizionato sul cuore Franco, provocato e oppresso, vacilla come un palazzo sotto effetto sismico ma avrà il coraggio di ammettere che ha ancora degli affetti nascosti e li riscoprirà al momento opportuno facendo una distinzione fra ruolo e persona e mettendo a nudo la sua essenza.
Giampiero Rappa, come un artigiano burattinaio tesse i movimenti e le emozioni dei suoi validi attori con una naturalezza che li avvicina alla realtà, cadendo a volte in esagerazioni interpretative (i continui scatti nervosi di Franco) e in cliché caratteriali (la bella moglie Olga presentata come depressa appare all’inizio più come un’ isterica-bambina per poi trasformarsi in assistente saggia del marito in crisi), ma riuscendo a comunicare allo spettatore il suo messaggio con un ritmo incalzante, battute comiche, situazioni paradossali e proprio per questo drammaticamente reali.

 

La scenografia è essenziale: due ambienti, casa e ospedale, metafora della scissione interna di Franco fra la sua identità fittizia e professionale e il suo io autentico ricco di emozioni. Melodie liriche della Turandot accompagnano la rinascita di Franco che rimasto solo con se stesso, come un neonato, udirà per la prima volta il suono della vita.

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