“La mia opera è come il mare che raccoglie tutte le acque del fiume. E ci sono le gocce di ogni fiume nel mare ma è impossibile distinguere a quale fiume appartengano le singole gocce”. È l’allegoria con cui la scrittrice settantatreenne Zhang Jie sintetizza l’essenza di Anni di buio, romanzo epico in cui un gruppo di personaggi comuni s’intesse nell’ordito storico della Cina del secolo scorso. Non potendo esaurire in un unico tomo l’evoluzione centenaria del Celeste Impero, la Zhang – vincitrice del premio Internazionale Malaparte e candidata al Nobel per la letteratura – realizza una saga di tre volumi, ognuno dei quali può essere concepito stand-alone.
In seguito al successo di Senza parole – primo tassello di cui Anni di buio costituisce la prosecuzione ideale – ritorna l’odissea delle tre generazioni di protagonisti costretti ad adeguarsi in fretta agli innumerevoli cambiamenti di regime: dal feudalesimo al nazionalismo, dal capitalismo al comunismo, passando per l’invasione giapponese e la Rivoluzione Culturale.
La scissione del libro – che la Zangh porta a compimento dopo dodici anni di stesura corroborata da interviste e indagini scrupolose – riflette due fasi che collimano con le visioni d’insieme maschili e femminili. Gli uomini consacrati alla politica e alla guerra mentre le donne ingaggiano le loro battaglie casalinghe sfamando i figli da sole. Per giungere all’agognata unità nazionale, molti attivisti sono indirizzati verso scelte politiche e amorose dalla dubbia autenticità per poi, magari, dover ribaltare tutto repentinamente. Come un alto funzionario del partito comunista, Hu Bingchen, che per anni combatte contro i nazionalisti, si trova improvvisamente obbligato a prender parte allo schieramento di Chiang Kai Shek per fronteggiare il Giappone. Così il ricco BaoTianjian – ex “Signore della Guerra” alla testa dei latifondisti – dopo la conquista giapponese della Manciuria dovrà conformarsi alla propria condizione di nobile decaduto. Il bottino che gli resta, acquisito dalla precedente usanza feudale, è costituito soltanto dalle tre mogli da mantenere che la Zhang, con arguto sarcasmo, battezza “Prima, Seconda e Terza Signora”. Quella che si eleva e distingue, invece, dal degrado collettivo, è l’esile e raffinata figura dell’eroina positiva impersonata da Ye Lianzi. Abbandonata dal marito Gu Qiushui – che preferisce seguire e arruffianarsi il padrone a scapito della famiglia – si avvale dell’unica arma a diposizione, l’istinto materno, che la supporterà nella sua costante e abietta esistenza di schiava. Ma neanche lo zelo di Ye Lianzi gioverà a risparmiare dalle brutture della vita la figlia Wu Wei, la cui “spina dorsale era già piegata a due anni, per non raddrizzarsi mai più. Da allora chiunque poteva diventare il suo padrone“.
Ingiustizie, crudeltà e tradimenti sono il riflesso di un paese subissato prima dalle tradizioni imperiali e poi dall’intervento di Mao Tse Tung che manda in frantumi anche il progresso culturale raggiunto. Contadini e intellettuali militano ora sulla medesima linea senza distinzioni (la stessa Zhang Jie, laureata in economia, deve espiare per tre anni la colpa della propria erudizione in un campo di ammaestramento). “Anni di buio è un grande processo alla storia – sostiene la scrittrice – davanti al tribunale dell’umanità e della morale”. Ma anche nei picchi più alti di drammaticità non abbandona mai la sua pungente ironia.
Dal punto di vista stilistico, l’opera anela al conseguimento di un equilibrio tra il serrato lirismo poetico e l’indagine introspettiva di fattura novellistica. Sceglie, per raggiungere tale scopo, di astenersi in apparenza da ogni coinvolgimento emotivo, esaminando con estraneità i personaggi da dietro un vetro di protezione. La struttura del romanzo ingloba anche frammenti autonomi in grado di veicolare un’energica accezione metaforica. Come evocare una Cina ormai priva di traguardi e di valori se non con un arido altipiano giallo, con la sabbia che avanza, corrode e s’insinua “nell’opprimente desolazione senza tempo di quella landa sconfinata“?
Il ritmo guadagna rapidità, man a mano siamo sospinti nella spirale degli eventi, in una matassa che si attorciglia su se stessa per poi dispiegarsi di nuovo. Infatti, il tempo della narrazione si sposta continuamente avanti e indietro mentre la trama s’impreziosisce di ulteriori dettagli. Questa elasticità del tempo, che non rispetta un fluire cronologico, potrebbe condurre ad una momentanea perdita della bussola. Sebbene il punto di arrivo sia unico, il racconto si dirama in percorsi alternativi e tortuosi, incede su dislivelli, come tramandato oralmente da qualcuno che annette ogni volta molteplici rimandi e digressioni.
Una storia corale, quella di Anni di buio, frammentata in milioni di tessere ingarbugliate che ricordano quelle del majiang. È compito del lettore, con l’abilità e la concentrazione che il gioco richiede, rimetterle insieme.
Titolo originale: Wu Zi
Autore: Zhang Ji
Genere: Drammatico
Anno: 2010
Lingua originale: cinese
Editore: Salani
Pagine: 366
Traduttore: Maria Gottardo e Monica Morzenti