Il documentario: Louder than a bomb

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Nova, metà afro-americana e metà indiana, è una brillante studentessa della Oak Park/River Forest High School: è abituata a trascorrere le giornate tra libri, volontariato e aiuto in casa.

Nova, metà afro-americana e metà indiana, è una brillante studentessa della Oak Park/River Forest High School: è abituata a trascorrere le giornate tra libri, volontariato e aiuto in casa. Vive insieme alla madre e al fratello di 12 anni, Cody, gravemente malato. Per lei essere una delle migliori studentesse in quella che fu la scuola di Ernest Hemingway, rappresenta il riscatto sociale che la sua famiglia ha sempre cercato, la motivazione per svegliarsi ogni mattina e andare avanti. Ma per Nova l’unico mezzo per gridare al mondo la rabbia che ha dentro è solo uno: la poesia. Nate invece, sarebbe potuto finire male: cresciuto nella periferia di Chicago, figlio di due tossicodipendenti, avrebbe visitato la prigione prima di diventare maggiorenne se non fosse diventato uno studente eccellente, capace di cambiare le carte che il destino gli aveva messo in mano. Per Nova e Nate la poesia è l’unica arma che hanno per gridare le emozioni che provano ogni giorno, per far capire a tutti quanto sia difficile crescere e quanta paura possa fare la vita. Quella vera che non regala niente a nessuno.

Nova e Nate sono solo due degli oltre 600 studenti che ogni anno partecipano alla gara di poesia chiamata Louder than a bomb: da ogni parte di Chicago squadre di adolescenti collaborano per esprimere attraverso la poesia le loro emozioni. Nella patria dell’hip hop, nella città dove i rapper combattono con versi duri e taglienti, i poeti teenager si armano di passione, emozione e creatività. Greg Jacobs e Jon Siskel hanno raccolto le loro vite, le loro paure, il loro talento: il documentario Louder Than a Bomb racconta la storia di Nate, Nova, Adam e del gruppo The Steinmenauts. Ragazzi normali che urlano la loro rabbia solo attraverso la forza delle parole. Una forza più potente di qualunque diversità e di qualunque somma di denaro: su quel palco, davanti a centinaia di persone non contano né la razza, né i soldi, né le raccomandazioni. Bianchi, afro americani, indiani, ispanici, figli di detenuti, ricchi e poveri, belli e brutti, popolari e timidi: quando i riflettori si accendono c’è posto solo per le parole. Parole che riempiono l’aria e vengono divorate dagli sguardi di un pubblico affamato di poesia.

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